Sigmund Freud, già agli albori della
psicanalisi, ha affermato che il trauma più profondo può diventare
l’opportunità per una ripartenza, per un nuovo inizio. A questo deve servire la
pandemia da Covid-19. Questa vita sospesa, questa vita senza tempo, deve
diventare l’occasione per una nuova consapevolezza. Ed allora iniziamo a
guardare al dopo.
Tutto questo non per fare professione di
uno sciocco ottimismo, ma perché il nostro sguardo deve andare oltre l’angoscia
del presente e proiettarsi verso un futuro che noi tutti ci auguriamo quanto
mai prossimo. La prima nuova consapevolezza. La pandemia da coronavirus non è
dovuta ad un destino cinico e baro e neanche ad una maledizione divina: è il
frutto della stupidità dell’uomo, del suo rapporto malato con la natura e
l’ambiente.
Sono i nostri comportamenti che rendono
possibile l’insorgenza delle pandemie, che creano le condizioni perché virus
normalmente silenti si virulentino diventando aggressivi per l’uomo. La
violenza perpetrata nei confronti della natura, gli insulti che quotidianamente
vengono inferti all’ambiente sono la causa prima dei nostri mali. Per usare le
parole di Erri De Luca, la natura è “lo spazio della nostra assenza”,
l’ambiente è “lo spazio della nostra presenza”, è il “luogo del nostro insediamento”.
La conseguenza della pandemia è quello di “interrompere l’effetto dell’attività
umana”. L’effetto pausa rianima l’ambiente. Per la terra, il cielo, l’acqua, è
una tregua. La natura prima o poi si vendica.
Quei corpi inerti attaccati ad un respiratore,
quei corpi allineati dentro bare di un colore solo, a cui sono stati rubati la
storia e persino il nome, interpellano la nostra coscienza per le scelte
scellerate che abbiamo fatto in questi anni spensierati. Ricordiamocelo, quando
tutto questo sarà finito.
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