Conseguenze
pari a malattie infettive del passato
La forte
preoccupazione si è tramutata in realtà: come confermato anche dal Sesai, il
servizio sanitario indigeno del ministero della Sanità, il governo brasiliano
ha annunciato il primo caso di contagio da Coronavirus in
una delle comunità indigene dell’Amazzonia.
Oggi, 2
aprile 2020 ore 13.00, secondo i calcoli della John Hopkins
University, si
registrano nel mondo più di 900mila i casi di Coronavirus con 47.208 decessi
totali e 193.700 persone guarite (gli Usa sono il Paese più colpito con più di
200mila casi, seguito da Italia 110.574 e Spagna 104.118. Nel Brasile
sono 6.931 i casi di contagio con 244 i morti). E così, insieme
ai contagi, cresce anche la paura che le popolazioni indigene brasiliane
possano essere decimate dalla pandemia.
Il primo
caso tra gli indigeni dell’Amazzonia sembrerebbe essere una giovane
operatrice sanitaria di 20 anni appartenente al gruppo indigeno di
Kokama che vive un villaggio del distretto di Santo Antônio do Içá, non lontano
dal confine con la Colombia. La donna è entrata in contatto con un medico
risultato positivo a Covid-19, impegnato sul territorio a trattare altri casi
di Coronavirus precedentemente accertati. Nello stesso distretto erano già
stati accertati quattro casi e, secondo le previsioni degli esperti, il virus
potrebbe decimare la popolazione indigena del Brasile, che
attualmente conta 850mila persone.
Dopo una
prima fase in cui il Presidente Jair Bolsonaro cercava di
sminuire l’emergenza affermando che la pandemia fosse una “fantasia” dei
media (per approfondire Bolsonaro: «la stampa sul coronavirus è isterica»)
si è ricreduto, dichiarando che il Coronavirus è«la più grande sfida
della nostra generazione» e ha detto che per affrontarla sono necessari «unione
e collaborazione» per «salvare vite, senza perdere posti di lavoro».
Rimane però un’innegabile difficoltà di collaborazione tra
le comunità indigene e il governo brasiliano, un difficile rapporto
iniziato appena dopo l’elezione dell’attuale Presidente, nel 2019, quando lo
stesso acconsentì all’apertura dei territori indigeni per l’esplorazione
di minerali e/o petrolio. (per approfondire Jair Bolsonaro vince in Brasile: i polmoni del pianeta
rischiano )
Si rafforza
quindi il timore per queste popolazioni che vivono in zone remote con limitata
possibilità di accesso alle cure fornite dal sistema sanitario nazionale,
disponendo di scarsissime risorse per fronteggiare e prevenire i contagi.
Inoltre, come ha evidenziato Sofia Mendonça, ricercatrice
dell’Università Federale di San Paolo (Unifesp) e coordinatrice del progetto
Xingu a promozione della salute delle popolazioni indigene nel bacino
del fiume Xingu, gli effetti dell’epidemia potrebbero
essere paragonabili a quelli di altre malattie
infettive (come il morbillo), introdotte in passato nelle
zone della foresta pluviale, che ebbero conseguenze devastanti su una grande
fetta della popolazione locale.
E pensare
che, solo pochi giorni fa, i gruppi indigeni in tutto il Sud America
avevano iniziato a ritirarsi nella loro foresta pluviale, nel tentativo di
sfuggire alla minaccia Coronavirus.
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