lunedì 6 aprile 2020

Covid-19 arriva in Amazzonia: rischio strage delle comunità indigene - Claudia Faverio



Conseguenze pari a malattie infettive del passato
La forte preoccupazione si è tramutata in realtà: come confermato anche dal Sesai, il servizio sanitario indigeno del ministero della Sanità, il governo brasiliano ha annunciato il primo caso di contagio da Coronavirus in una delle comunità indigene dell’Amazzonia.
Oggi, 2 aprile 2020 ore 13.00, secondo i calcoli della John Hopkins University, si registrano nel mondo più di 900mila i casi di Coronavirus con 47.208 decessi totali e 193.700 persone guarite (gli Usa sono il Paese più colpito con più di 200mila casi, seguito da Italia 110.574 e Spagna  104.118. Nel Brasile sono 6.931 i casi di contagio con 244 i morti). E così, insieme ai contagi, cresce anche la paura che le popolazioni indigene brasiliane possano essere decimate dalla pandemia.
Il primo caso tra gli indigeni dell’Amazzonia sembrerebbe essere una giovane operatrice sanitaria di 20 anni appartenente al gruppo indigeno di Kokama che vive un villaggio del distretto di Santo Antônio do Içá, non lontano dal confine con la Colombia. La donna è entrata in contatto con un medico risultato positivo a Covid-19, impegnato sul territorio a trattare altri casi di Coronavirus precedentemente accertati. Nello stesso distretto erano già stati accertati quattro casi e, secondo le previsioni degli esperti, il virus potrebbe decimare la popolazione indigena del Brasile, che attualmente conta 850mila persone.
Dopo una prima fase in cui il Presidente Jair Bolsonaro cercava di sminuire l’emergenza affermando che la pandemia fosse una “fantasia dei media (per approfondire Bolsonaro: «la stampa sul coronavirus è isterica») si è ricreduto, dichiarando che il Coronavirus è«la più grande sfida della nostra generazione» e ha detto che per affrontarla sono necessari «unione e collaborazione» per «salvare vite, senza perdere posti di lavoro». Rimane però un’innegabile difficoltà di collaborazione tra le comunità indigene e il governo brasiliano, un difficile rapporto iniziato appena dopo l’elezione dell’attuale Presidente, nel 2019, quando lo stesso acconsentì all’apertura dei territori indigeni per l’esplorazione di minerali e/o petrolio. (per approfondire Jair Bolsonaro vince in Brasile: i polmoni del pianeta rischiano )
Si rafforza quindi il timore per queste popolazioni che vivono in zone remote con limitata  possibilità di accesso alle cure fornite dal sistema sanitario nazionale, disponendo di scarsissime risorse per fronteggiare e prevenire i contagi. Inoltre, come ha evidenziato Sofia Mendonça, ricercatrice dell’Università Federale di San Paolo (Unifesp) e coordinatrice del progetto Xingu a promozione della salute delle popolazioni indigene nel bacino del fiume Xingu, gli effetti dell’epidemia potrebbero essere paragonabili a quelli di altre malattie infettive (come il morbillo), introdotte in passato nelle zone della foresta pluviale, che ebbero conseguenze devastanti su una grande fetta della popolazione locale.
E pensare che, solo pochi giorni fa,  i gruppi indigeni in tutto il Sud America avevano iniziato a ritirarsi nella loro foresta pluviale, nel tentativo di sfuggire alla minaccia Coronavirus.

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