Le affascinanti fioriture primaverili di Zagabria hanno un’aria un po’ malinconica.
In fondo stanno vivendo la prima primavera senza il loro pubblico abituale, il
genere umano. In realtà forse ricorderemo la primavera del 2020 come il primo
momento in cui la natura è appartenuta unicamente a se stessa. Solo alcuni
passanti hanno notato i ciliegi in fiore nel giardino botanico chiuso al
pubblico. Sfortunatamente siamo tutti troppo impegnati a trasformare
radicalmente le nostre abitudini di vita nel tentativo di sopravvivere alla
pandemia globale: facendo deviazioni quando passiamo vicino ad altre persone,
mettendoci a un metro dall’altro quando aspettiamo al semaforo e chiedendoci
nel frattempo se sopravvivremo a questo caos planetario.
Ogni volta che vedo persone che si baciano o che si toccano in un film
sento un brivido lungo la schiena. Ogni volta che vedo un contatto umano
affettuoso, che normalmente mi scalderebbe il cuore, mi sembra di vedere
persone già morte. Il nostro cervello è sorprendentemente efficace nel
riorganizzare le proprie abitudini, quando abbiamo paura. Il cervello è una
materia plasmabile. Ma non ha un’elasticità illimitata, e quindi non è in grado
di reinventarsi costantemente.
Se e quando arriverà il giorno in cui tutto questo sarà finito,
probabilmente non sarà il momento del ritorno alla normalità. A quanto pare
avremo una normalità nuova di zecca. E visto che siamo tutti a casa e abbiamo
meno cose da fare, invece di ossessionarci con il conteggio dei morti o
guardare video musicali fatti in casa, possiamo cominciare a immaginare il
mondo che verrà.
Nuovi problemi, nuove soluzioni
Viviamo in tempi segnati da un immenso cinismo, e dare voce a riflessioni simili è rischioso. Quasi ci preoccupiamo di suggerire soluzioni, perché sappiamo bene che qualsiasi idea rischia di venire subito soffocata con feroce sarcasmo. Tuttavia penso che le ultime settimane ci abbiano insegnato che, in quanto esseri umani, non possiamo più permetterci di comportarci come adolescenti volubili. È arrivato il momento di trovare una soluzione ai problemi che oggi ci riguardano, a costo di passare per degli ingenui idealisti.
Viviamo in tempi segnati da un immenso cinismo, e dare voce a riflessioni simili è rischioso. Quasi ci preoccupiamo di suggerire soluzioni, perché sappiamo bene che qualsiasi idea rischia di venire subito soffocata con feroce sarcasmo. Tuttavia penso che le ultime settimane ci abbiano insegnato che, in quanto esseri umani, non possiamo più permetterci di comportarci come adolescenti volubili. È arrivato il momento di trovare una soluzione ai problemi che oggi ci riguardano, a costo di passare per degli ingenui idealisti.
È ormai qualche tempo che la storia ha avuto un’accelerazione. Il
capitalismo si è praticamente disgregato, a causa di leader incapaci o
autoritari, e la crisi climatica ci ha già fatto intravedere la tragica fine
della storia del genere umano. La crisi dei rifugiati, con il suo epico
fallimento morale globale, ci ha messo di fronte al fatto che la fine
dell’umanità non ha bisogno di drammatiche apocalissi, ma può avvenire nella
maniera più banale, come un reality show trasmesso in televisione. Stiamo tutti
cercando di tenerci al passo con i caotici sviluppi politici e naturali, come
se fossimo attori scaraventati in un film dell’orrore che vagano senza avere
idea della sceneggiatura. Grazie al nuovo coronavirus quest’accelerazione ha
raggiunto la sua velocità massima.
Due cambiamenti importanti stanno prendendo forma: la giustizia sociale è
percepita come una cosa necessaria (semplicemente non vogliamo morire come
vittime di un sistema sanitario pubblico senza risorse) e la scienza ha
ritrovato il suo onore (non vogliamo morire in un mondo dominato dall’idiozia).
Il genere umano sta finalmente accettando il fatto che, per sopravvivere, deve
abbandonare l’avidità istituzionalizzata e seguire i fatti, la verità e la morale.
Dopo aver rifiutato la scienza e marginalizzato gli esperti con l’aiuto dei
leader della destra populista di tutto il mondo, oggi il pianeta pende
disperatamente dalle labbra di studiosi e medici. E tutta la battaglia, durata
una generazione, per spiegare al genere umano che la disuguaglianza è una cosa
idiota e, a lungo termine, insostenibile sta finalmente dando i suoi frutti.
Alla fine gli abitanti della Terra si sono convinti che le cose non possono
andare avanti così. Mio padre e mia madre sono entrambi socialdemocratici.
L’altro giorno, prendendoli in giro, gli ho detto: “E quindi, alla fine, non
sarà la lotta di classe, ma uno stupido virus a mettere fine al capitalismo”.
Mio padre mi ha risposto con una battuta leninista: “Siamo ancora qui, no?
Aspettavamo solo che i tempi fossero maturi”.
In questo momento le condizioni del mondo sono propizie: possono prevalere
la razionalità, l’umanità e la salute mentale. La domanda è: in che modo
dovremmo reinventare la solidarietà per ottenere il potere politico necessario
a cambiare il pianeta? Come potremo restare in contatto l’uno con l’altro e con
la realtà circostante mentre cerchiamo di dare una forma a questo mondo in cui
il contatto fisico è vietato? Immagino che, grazie al distanziamento sociale,
per la prima volta da generazioni, disponiamo del tempo sufficiente per pensare
a delle soluzioni.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Nessun commento:
Posta un commento