Anche noi esseri umani siamo parte della natura. Ce lo
dimentichiamo spesso – del resto alcuni definiscono quest’epoca “Antropocene”,
l’epoca geologica che caratterizza la Terra modellata dall’uomo – ma è
così.
Nonostante il ruolo fondamentale della biodiversità nella
conservazione della vita sul Pianeta, il prevalere degli interessi economici ha
portato a uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, con
conseguenze molto più complesse, e serie, di quelle che potremmo immaginare.
Decenni di deforestazione, e di commercio legale e illegale
di animali selvatici, stanno provocando un’allarmante
perdita di habitat e di specie. Ciò incrementa
le zoonosi, cioè malattie che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo
attraverso prodotti animali contaminati o particelle disperse nell’aria.
Le zoonosi potenzialmente si diffondono ovunque gli
animali selvatici entrano in contatto con l’uomo e gli animali domestici.
Pertanto, le aree in cui si verifica deforestazione e in cui varie specie di
animali selvatici – che agiscono come reservoirs –
vengono a contatto con la specie umana sono un potenziale hotspot di diffusione
di virus e malattie.
Insomma, la distruzione di habitat e di biodiversità provocata
dalle attività umane, i cambiamenti di uso del suolo e la
creazione di habitat artificiali poveri di natura ma con
un’alta densità umana, rompono gli equilibri ecologici e
facilitano la diffusione di patogeni.
Quindi, sebbene le cause della pandemia di COVID–19,
determinata dal coronavirus (o SARS-CoV-2), non
siano ancora chiare, possiamo dire con certezza che in passato la diffusione di
altre zoonosi è stata legata – almeno in parte – al nostro
impatto sugli ecosistemi naturali. Si pensi ad esempio a malattie come il
Nipah, la rabbia, la SARS, la MERS, la febbre gialla, la dengue, Ebola,
Chikungunya… ma anche all’insorgenza di possibili nuovi patogeni nel
futuro.
Cosa fare quindi? Senza dimenticare i doveri e le responsabilità di governi
e multinazionali, anche noi nel nostro piccolo dobbiamo agire con urgenza e
determinazione per proteggere le foreste. Possiamo farlo iniziando
ad apportare dei cambiamenti nelle nostre abitudini, compresa la nostra dieta.
Sì, anche quel che mangiamo gioca un ruolo fondamentale in questo caso. Mi
riferisco soprattutto al fatto che circa l’80% della deforestazione globale è
causata dalla produzione agricola. L’agricoltura industriale,
infatti, si è espansa in tutto il Pianeta a un ritmo serratissimo, divorando
le foreste e altre aree naturali per lasciare
spazio alla produzione indiscriminata di materie prime agricole (soia, olio
di palma, cacao) e carne a basso costo.
Il senso di frustrazione che stiamo provando in questi giorni, chiusi nelle
nostre case, ci può far sentire impotenti. Eppure, possiamo già iniziare a fare
qualcosa: consumare meno carne e preferire pasti ricchi di verdure e di
proteine di origine vegetale.
Qualche giorno fa, lo scrittore Gianrico Carofiglio, riflettendo su ciò che
il ritiro forzato di questo periodo ci sta insegnando, ha detto che “la
paura è la maestra che ci insegna a cambiare le cose” e che “imparare è
il rimedio per tutti noi”. Proviamo allora a imparare ad amare di più il
nostro Pianeta e noi stessi, partendo dalle nostre abitudini quotidiane, perché
mantenere la nostra casa in salute aiuta a mantenerci in salute.
Proteggiamo le foreste e – ora più che mai – impariamo dalla
loro pazienza “ostinata, instancabile, continua, come la vita stessa” (Il
richiamo della foresta, Jack London).
P.s.: Alcuni colossi delle energie fossili vorrebbero farci credere che ci
si può prendere cura delle foreste e del clima creando piantagioni a uso
commerciale. Ovviamente non è così. Vuoi saperne di più? Leggi qui.
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