giovedì 22 agosto 2019

povera Amazzonia


Amazzonia in fiamme, Leonardo DiCaprio: “Brucia da 16 giorni, perché i media non ne parlano?” - Andrea Parrella

L’attore, da sempre impegnato nella causa ambientalista, si sfoga sui social contestando il silenzio dei media sui fatti che stanno caratterizzando la foresta Amazzonica da giorni: il polmone del mondo è falcidiato da incendi e deforestazione in aumento, con presunte responsabilità del nuovo governo brasiliano.

Quelle delle fiamme che divorano la foresta Amazzonica sono immagini che stanno facendo il giro del mondo in queste ore. Il polmone verde del mondo continua ad essere falcidiato da una piaga ben nota, ma i dati resi noti dall'Istituto Nazionale per la ricerca spaziale, che ha rilevato un aumento dell'83% dei roghi rispetto allo scorso anno, hanno allarmato più che mai attivisti, uomini delle istituzioni, semplici cittadini e personaggi del mondo dello spettacolo.

Su tutti Leonardo DiCaprio, notoriamente sensibile alla causa ambientale, tra i personaggi più esposti e ingaggiati sul tema. L'attore, che due anni fa ha prodotto e sostenuto con gran vigore il documentario "Before the flood", incentrato proprio sui problemi ambientali provocati dall'uomo e il surriscaldamento globale, ha commentato quanto sta accadendo in Amazzonia con sdegno e paura, contestando attraverso il suo profilo Instagram un certo silenzio da parte dei media su un fatto, gli incendi appunto, di rilevanza planetaria:
Terrorizzato nel pensare che l'Amazzonia, la più grande foresta pluviale del pianeta, capace di produrre il 20% dell'ossigeno sulla Terra, praticamente il polmone del mondo, stia bruciando da 16 giorni senza che i media abbiano coperto la notizia. Perché?

Cosa accade in Amazzonia
La foresta pluviale dell'Amazzonia è avvolta da un numero di roghi senza precedenti. Dall'inizio dell'anno ad agosto, i rilievi satellitari effettuati dall'INPE (Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais, Istituto nazionale per la ricerca spaziale) hanno conteggiato circa 73mila incendi, l'83 percento in più rispetto ai 39.759 rilevati dall'ente nello stesso periodo del 2018. Solo negli ultimi giorni sono stati più di 6.000. Si tratta del numero di roghi più alto da quando nel 2013 è stato avviato il monitoraggio. Svariati i problemi generati dalle colonne di fumo, capaci di mettere praticamente in ginocchio alcune città vicine.

Le accuse al presidente brasiliano Bolsonaro
I dati relativi al disboscamento, pure quelli in aumento, hanno portato molti a ritenere il presidente brasiliano Bolsonaro il principale responsabile di questi numeri clamorosi. Molti ambientalisti e studiosi contestano proprio le politiche di Bolsonaro, che hanno favorito le attività industriali e agroalimentari allentando la morsa delle sanzioni per i reati ambientali. Il nuovo presidente, a sua volta, ha definito i dati dell'Inpe come “fake news”.



Brasile, lo scienziato silurato da Bolsonaro per i dati sulla deforestazione: "Non staremo zitti"

Ricardo Galvao, rimosso dall'Inpe, l'Istituto nazionale di ricerche spaziali, dopo aver criticato il presidente Jair Bolsonaro, oggi ha lanciato un appello agli scienziati perché non accettino di essere zittiti. "Gli scienziati non possono restare in silenzio! Dobbiamo esprimerci con forza. Non possiamo abbassare la guardia", ha dichiarato il fisico e ingegnere 71enne, nel corso di una riunione all'Università di San Paolo in cui ha ricevuto un'ovazione da parte di studenti e docenti.

Galvao era direttore dell'Istituto, incaricato di osservare e monitorare l'evoluzione della deforestazione. Dopo la pubblicazione a luglio di dati che hanno mostrato un drammatico aumento del disboscamento in Amazzonia nei mesi precedenti, lo scienziato è stato accusato dal presidente d'estrema destra di mentire e nuocere all'immagine nazionale.
Galvao difese la correttezza dei dati rifiutandosi di dimettersi, ma è stato destituito a inizio agosto, nonostante avesse dovuto rimanere in carica fino al 2020. "Le autorità si arrabbiano sempre quando i dati dicono che le cose sono in un modo che loro non hanno voglia di capire", ha dichiarato Galvao.

L'arrivo al Planalto di Bolsonaro, scettico sul cambiamento climatico, ha suscitato molte preoccupazioni per il futuro della foresta amazzonica, considerata "il polmone del pianeta". La Norvegia, principale elargitrice di fondi per la protezione della zona, ha annunciato giovedì il blocco di circa 30 milioni di euro in fondi destinati al Brasile, accusando il Paese di non voler agire in quest'ambito. "Ciò che il Brasile ha mostrato è che non vuole più fermare la deforestazione", ha dichiarato il ministro norvegese dell'Ambiente e del Clima, Ola Elvestuen.

Dopo la Norvegia, anche la Germania ha sospeso parte delle sovvenzioni al Brasile: 35 milioni di euro, sino a quando i dati sulla deforestazione torneranno incoraggianti.

Bolsonaro ha reagito con violenza alla decisione di Oslo: "La Norvegia, non è quel Paese che uccide le balene là in alto, al Polo Nord? Che sfrutta anche il petrolio? Non è per nulla un esempio per noi. Si tengano il loro denaro e aiutino la cancelliera Merkel a rimboschire la Germania". L'ex militare aveva già accolto con disinvoltura il passo indietro di Berlino: "Possono usare questo denaro come desiderano, il Brasile non ne ha bisogno", aveva detto.

Jair Bolsonaro sta mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale, e cioè che avrebbe ammorbidito i vincoli che limitano la deforestazione dell'Amazzonia.


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