Uno dei migliori spunti per spiegare le ragioni del cosiddetto
“trionfo dell’antipolitica” l’ha fornito in questi giorni la giunta
regionale, con un atto tanto semplice nella forma quanto dirompente nella
sostanza: la nomina di un condannato per reati ambientali alla
guida del Corpo forestale. Non
occorre scomodare Giovanni Sartori per
immaginare le reazioni degli elettori che quattro anni fa portarono in Regione
una compagine, di centrosinistra, che aveva fatto della trasparenza e della
meritocrazia il leit motiv della campagna elettorale.
Fatto sta che ora la Sardegna si trova al comando del Corpo
forestale Antonio Casula, già direttore
generale di Forestas, condannato pochi mesi fa per i
tagli abusivi nel complesso forestale del Marganai – 35 ettari di lecceta tagliata a
raso senza la vincolante autorizzazione paesaggistica – e tuttora a processo per frode nelle pubbliche forniture e turbativa d’asta, vale
a dire reati contro la pubblica amministrazione. La prossima udienza è prevista
a settembre e la prescrizione, alla quale si può sempre rinunciare, è dietro
l’angolo. Fatta salva la presunzione di non colpevolezza, una nomina del genere
non pare proprio ispirata ai principi enunciati quattro anni fa, tralasciando
un ulteriore aspetto che si chiama opportunità politica. Anche
perché nel medesimo giorno in cui la giunta procedeva con la nomina, si sono
accesi i riflettori sul concorso dirigenti indetto
dalla Dg di Forestas, tuttora in corso. In particolare, sono
emersi rapporti molto stretti tra la commissione esaminatrice e i candidati.
Una vicenda sulla quale il consigliere regionale di maggioranza Francesco Agus ha preannunciato
un’interrogazione in Aula.
Peraltro, la condanna per i tagli nel Marganai non è arrivata per un
mero errore materiale, per un incidente di percorso, ma perché il comportamento
di Casula, firmatario del progetto, è stato caratterizzato da chiaro dolo, dice
il decreto penale di condanna. Lascia quindi quantomeno perplessi leggere
nella nota stampa della
Regione che per la nomina, portata in giunta dall’assessore all’Ambiente, Donatella Spano, fuori
sacco, ovvero senza essere inserita nell’ordine del giorno, siano
state “determinanti le competenze” di Casula “in materia forestale, con
particolare riferimento […] alla tutela e conservazione del patrimonio
forestale […] alla promozione della cultura forestale e all’educazione
ambientale”.
Lascia poi stupiti il modo in cui tutta la vicenda ha subito
un’accelerata: la delibera fuori sacco;
l’assenza alla riunione, coordinata dal vice Raffaele Paci, del presidente Francesco Pigliaru; “gli auguri di buon
lavoro di tutta la giunta” a Casula, frase certo di circostanza ma che
testimonia come nessun assessore si sia interrogato sull’opportunità della
nomina appena approvata.
Certo, è vero: la cosiddetta “antipolitica” spesso e volentieri
gioca a strumentalizzare e generalizzare, vedendo il “marciume” ovunque. Ed è
pure vero che, in particolare per le nomine apicali a ruoli di grande
responsabilità, la politica deve avere dei margini di discrezionalità. Ma in
questo caso abbiamo un provvedimento della magistratura che, a quanto pare, è
stato del tutto ignorato. Col risultato di rafforzare l’idea (molto
“antipolitica”) che la discrezionalità possa tradursi in arbitrio. Tutto questo
nel silenzio, imbarazzante e forse anche imbarazzato, del consiglio regionale.
Un silenzio che ricorda un po’ la doppia morale per cui gli scandali sono tali
solo quando avvengono in casa d’altri.
E se la “politica” tace, a far la voce grossa è stato un
neoparlamentare del Movimento 5 Stelle,
un rappresentante della cosiddetta “antipolitica”, insomma. In perfetta
solitudine, eccezion fatta per Stefano Deliperi,
che però è un ambientalista e non un politico, il deputato Alberto Manca ha buttato giù una documentata
nota stampa per ribadire una cosa che a qualsiasi amministratore della res publica dovrebbe apparire lampante:
l’oggettiva inopportunità di quella nomina e
il messaggio avvilente che ad essa si accompagna. Ma questa è “antipolitica” o
non è forse quella cosa antica, che mai dovrebbe mancare nelle scelte
politiche? Quella cosa piccola e fondamentale che si chiama buonsenso.
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