La lettera
aperta della Rete sarda a difesa della sanità pubblica inviata alla Ministra
Grillo e per conoscenza all’Assessore alla Sanità della Regione Autonoma della
Sardegna Luigi Benedetto Arru e al Presidente Francesco Pigliaru e alla Giunta
della Regione Autonoma della Sardegna
Gentile
Ministra
Le scelte
politiche dei precedenti governi in materia sanitaria continuano ad avere gravi
ripercussioni in Sardegna.
I processi
di privatizzazione della Sanità pubblica, orientati dalle politiche
neoliberiste internazionali, che creano un impoverimento generale, privano le
collettività sarde di un diritto inalienabile per la propria sopravvivenza.
Il Piano di
riordino della rete ospedaliera in Sardegna sta decretando la chiusura degli
ospedali pubblici dei territori disagiati e delle città. Paradossalmente si
aprono grandi ospedali privati con finanziamenti pubblici. E’ il caso del Mater
Olbia, un ospedale che non serve per le esigenze dei sardi.
I decreti della ministra Lorenzin sull’appropriatezza prescrittiva, che miravano a trasformare i medici di Base in contabili dello Stato, hanno dato un duro colpo al diritto alla salute delle nostre collettività. La Prevenzione è ormai un miraggio per gli alti costi dei ticket, per importanti prestazioni totalmente a carico del cittadino e per le lunghe liste d’attesa.
La ferocia dei tagli alla Sanità pubblica in Sardegna ha accresciuto le disuguaglianze sociali e il diritto alla salute è tornato ad essere un privilegio di casta.
L’aspettativa di vita dei sardi si è abbassata rispetto alle altre regioni d’Italia. Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale della Salute il 14,5% dei sardi rinuncia alle cure, contro il 5,2% dei toscani. Il 69% delle rinunce avviene per cause economiche.
In tutta l’Isola sono circa 5000 le diagnosi certe di tumori e le terapie non sono sempre puntuali e garantite. Solo nel cagliaritano i pazienti terminali sono circa 1200 con poco più di 30 posti letto distribuiti tra l’Ospice di Nuoro, di Quartu S.E. e di Cagliari. Nel Nord dell’Isola, non esiste un Ospice nonostante l’alta incidenza di malattie neoplastiche anche per l’inquinamento ambientale.
I dati dicono che in Sardegna è più facile morire. In 304 comuni su 377, i decessi superano le nascite. Lo sviluppo demografico nella nostra Isola è passato da 3,8 figli per donna nel 1952 a 1,1 nel 2015 con un tasso di natalità sotto il 7 per mille ed un indice di mortalità che supera il 9 per mille.
L’indice di spopolamento è così drammatico che necessita di essere approfondito con urgenza sulle cause, adottando interventi adeguati per arginare il rischio che il popolo sardo si estingua.
E’ necessaria un’assunzione di responsabilità da parte della classe politica sia a Roma che a Cagliari.
I decreti della ministra Lorenzin sull’appropriatezza prescrittiva, che miravano a trasformare i medici di Base in contabili dello Stato, hanno dato un duro colpo al diritto alla salute delle nostre collettività. La Prevenzione è ormai un miraggio per gli alti costi dei ticket, per importanti prestazioni totalmente a carico del cittadino e per le lunghe liste d’attesa.
La ferocia dei tagli alla Sanità pubblica in Sardegna ha accresciuto le disuguaglianze sociali e il diritto alla salute è tornato ad essere un privilegio di casta.
L’aspettativa di vita dei sardi si è abbassata rispetto alle altre regioni d’Italia. Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale della Salute il 14,5% dei sardi rinuncia alle cure, contro il 5,2% dei toscani. Il 69% delle rinunce avviene per cause economiche.
In tutta l’Isola sono circa 5000 le diagnosi certe di tumori e le terapie non sono sempre puntuali e garantite. Solo nel cagliaritano i pazienti terminali sono circa 1200 con poco più di 30 posti letto distribuiti tra l’Ospice di Nuoro, di Quartu S.E. e di Cagliari. Nel Nord dell’Isola, non esiste un Ospice nonostante l’alta incidenza di malattie neoplastiche anche per l’inquinamento ambientale.
I dati dicono che in Sardegna è più facile morire. In 304 comuni su 377, i decessi superano le nascite. Lo sviluppo demografico nella nostra Isola è passato da 3,8 figli per donna nel 1952 a 1,1 nel 2015 con un tasso di natalità sotto il 7 per mille ed un indice di mortalità che supera il 9 per mille.
L’indice di spopolamento è così drammatico che necessita di essere approfondito con urgenza sulle cause, adottando interventi adeguati per arginare il rischio che il popolo sardo si estingua.
E’ necessaria un’assunzione di responsabilità da parte della classe politica sia a Roma che a Cagliari.
I tagli dei
servizi sanitari, nel nome di incomprensibili razionalizzazioni per appianare i
buchi di bilancio, con il declassamento e la chiusura degli ospedali pubblici,
agevolano lo spopolamento privando le nostre collettività del proprio futuro.
Ministra, i
tagli ai servizi sanitari, hanno aggravato una situazione già precaria nelle
specificità locali a partire dai lunghi tempi di percorrenza, anche per brevi
distanze, dovuti alle peculiarità orografiche, alle condizioni delle infrastrutture
e alla carenza dei trasporti in Sardegna e fra essa e le isole minori.
E’ un crimine negare l’assistenza sanitaria ai nostri ammalati, chiudere i punti nascita per bizzarre ragioni di numeri e di sicurezza, negare la chirurgia H24 negli ospedali dei territori più disagiati, declassare e avviare alla chiusura le eccellenze ospedaliere di Cagliari al servizio di tutta l’Isola, come il Microcitemico (scuola di scienziati e avanguardia internazionale secondo l’OMS), l’Oncologico, il Marino, il Binaghi, il San Giovanni di Dio, dismettere le poche camere iperbariche a La Maddalena con tanto di parco marino di richiamo internazionale e a Cagliari. E’ un crimine tagliare le terapie ai pazienti cronici e permettere che nelle emergenze si muoia per strada tendando di raggiungere gli ospedali difficilmente vicini. Questo è un genocidio programmato.
La Costituzione italiana negli articoli più nobili contempla il diritto inalienabile del cittadino alla salute, un diritto negato a noi sardi.
Ministra, i numeri in Sanità, sono molto importanti anche nel loro valore assoluto, ma solo se calati nella realtà del territorio interessato e confrontati con i bisogni reali delle persone. Questi bisogni variano da popolazione a popolazione, da area geografica ad area geografica. I numeri parlano e ci aiutano nella programmazione politica solo quando valutati nella loro globalità e solo quando mettono la tutela della salute del cittadino al centro di scelte che non possono prescindere dalla storia e dalla specificità dei luoghi e delle comunità.
I numeri non si usano per chiudere gli ospedali di vitale importanza per le nostre piccole, medie e grandi comunità. Semmai bisogna impedire l’isolamento degli ospedali periferici favorendo la circolazione di competenze e professionalità fra ospedali piccoli e grandi.
Tutto ciò presuppone investimenti in tecnologia, in risorse umane e strutturali ma non tagli e finte razionalizzazioni.
Se a lei sta davvero a cuore la salute e la sicurezza dei cittadini, come impone il suo mandato, nel rispetto del dettato costituzionale nonché del nostro Statuto Speciale di Autonomia, questa è l’unica strada perseguibile.
E’ un crimine negare l’assistenza sanitaria ai nostri ammalati, chiudere i punti nascita per bizzarre ragioni di numeri e di sicurezza, negare la chirurgia H24 negli ospedali dei territori più disagiati, declassare e avviare alla chiusura le eccellenze ospedaliere di Cagliari al servizio di tutta l’Isola, come il Microcitemico (scuola di scienziati e avanguardia internazionale secondo l’OMS), l’Oncologico, il Marino, il Binaghi, il San Giovanni di Dio, dismettere le poche camere iperbariche a La Maddalena con tanto di parco marino di richiamo internazionale e a Cagliari. E’ un crimine tagliare le terapie ai pazienti cronici e permettere che nelle emergenze si muoia per strada tendando di raggiungere gli ospedali difficilmente vicini. Questo è un genocidio programmato.
La Costituzione italiana negli articoli più nobili contempla il diritto inalienabile del cittadino alla salute, un diritto negato a noi sardi.
Ministra, i numeri in Sanità, sono molto importanti anche nel loro valore assoluto, ma solo se calati nella realtà del territorio interessato e confrontati con i bisogni reali delle persone. Questi bisogni variano da popolazione a popolazione, da area geografica ad area geografica. I numeri parlano e ci aiutano nella programmazione politica solo quando valutati nella loro globalità e solo quando mettono la tutela della salute del cittadino al centro di scelte che non possono prescindere dalla storia e dalla specificità dei luoghi e delle comunità.
I numeri non si usano per chiudere gli ospedali di vitale importanza per le nostre piccole, medie e grandi comunità. Semmai bisogna impedire l’isolamento degli ospedali periferici favorendo la circolazione di competenze e professionalità fra ospedali piccoli e grandi.
Tutto ciò presuppone investimenti in tecnologia, in risorse umane e strutturali ma non tagli e finte razionalizzazioni.
Se a lei sta davvero a cuore la salute e la sicurezza dei cittadini, come impone il suo mandato, nel rispetto del dettato costituzionale nonché del nostro Statuto Speciale di Autonomia, questa è l’unica strada perseguibile.
Come medici
sardi, impegnati nei territori, Le facciamo pervenire le nostre considerazioni
generali con lo spirito di arricchire le sue conoscenze.
A nome della
Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica a cui fanno capo numerosi comitati spontanei
diffusi in tutta l’Isola e nelle isole minori, La invitiamo in Sardegna per un
confronto leale e costruttivo sui nostri drammi e sulle possibili soluzioni.
Con la
certezza che accoglierà il nostro invito, Le porgiamo i nostri saluti con
l’augurio di buon lavoro.
Claudia
Zuncheddu è la Portavoce della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
Paola
Correddu è Membro del Coordinamento Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
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