Nell’era dei diritti negati e del tramonto delle più
grandi conquiste sociali dello scorso secolo di cui la Legge 833 del 78, che ha
permesso il superamento delle disuguaglianze in materia di assistenza
sanitaria, si pone il problema di come contrastare l’onda distruttiva
neoliberista portata avanti nelle ultime legislature dal centro destra e dal
centro sinistra al governo della Sardegna.
La Legge 833 continua a vivere sulla carta benché su
di essa si sia scatenata una guerra subdola tendente a
ridimensionarla e ad abrogarla. Osservatori esterni rilevano che l’aspettativa
di vita dei sardi si sia notevolmente ridotta in questi ultimi tempi.
Nell’Isola e nelle sue isole minori oggi è più facile morire, basta non
garantire i servizi sanitari. Si incomincia sempre dai cittadini più fragili e
indifesi: dai sofferenti mentali.
E’ questa la guerra voluta dagli ultimi governi
locali, romani e dai poteri multinazionali in nome di un pareggio di bilancio
e/o di un Pil che notoriamente non è mai stato indice di benessere per i
popoli. Su questi temi la stampa riporta tutti i giorni bollettini di
guerra. Chiudono reparti e ospedali, nel nome della razionalizzazione, dal
nord al sud, dal Paolo Merlo di La Maddalena al San Marcellino di Muravera, da
Est a Ovest, da Lanusei a Iglesias e Carbonia.
La sanità cagliaritana è al collasso. Crescono le
liste d’attesa e i disservizi. La chiusura dei bar in ospedali storici e le
sedie che spariscono nelle sale d’attesa, com’è accaduto nel nostro prestigioso
Oncologico e al Marino, sono cattivi presagi. Per non parlare della carenza di
disinfettanti in sale mortuarie dove l’unica certezza è l’alto traffico di
salme.
Intanto nel Consiglio Regionale, nel corso del
dibattito sul Piano di riordino della rete ospedaliera sarda è spuntato,
paradossalmente, un emendamento con cui si proponeva il coinvolgimento
dell’Area Metropolitana nelle decisioni inerenti la “variazione d’uso
dell’Ospedale Binaghi, da sanitario in altro…”.Un nuovo affare
politico-urbanistico per i soliti noti.
Senza scomodare lo stato di degrado e la
carenza di personale medico e paramedico del Santissima Trinità, la morte del
Microcitemico, del San Giovanni di Dio. Come in tutte le guerre, anche dalle
macerie della sanità pubblica, c’è pure chi costruisce le proprie fortune. La
resistenza a questa situazione si sta manifestando con la ribellione in
crescita nei territori. I cittadini si organizzano in comitati spontanei e
molti di essi per unire le forze confluiscono in coordinamenti come la Rete
Sarda Difesa Sanità Pubblica, da anni in prima fila nelle lotte per salvare gli
ospedali pubblici sardi e il diritto alle cure di qualità e gratuite per tutti.
E’ su quest’onda che si organizza anche il neonato
Comitato “NO alla chiusura della Chirurgia Plastica e Centro Ustioni
dell’Ospedale Brotzu”. Nasce dal disorientamento di cittadini da tempo
assistiti nel reparto altamente qualificato del Brotzu ed oggi abbandonati in
quanto in dismissione. La Struttura Complessa negli anni è divenuta un centro
di eccellenza ed unico presidio nella specialità della Chirurgia Plastica
Ricostruttiva e Cura delle Ustioni per il Sud Sardegna e non solo. Tutto ciò
nonostante il continuo e programmato stillicidio del personale sanitario e la
mancata indizione del concorso di Direttore di struttura Complessa… ruolo
rimasto misteriosamente vacante sino ad oggi, in attesa che maturassero i tempi
chissà per cosa e per chi.
Per incomprensibili logiche il prestigioso reparto
cesserà di esistere al Brotzu determinando danno e disagio ai numerosi assistiti.
I padroni della Sanità hanno deciso di trasferire il reparto dal
Brotzu al Policlinico Universitario, dalla Via Peretti alla 554, così pare.
Brevi distanze ma grandi differenze di appartenenza nonché di gestione
economica dei colossi ospedalieri. Un travaso anomalo di titoli forse
di competenza di altri poteri e sicuramente un’operazione con deficit di
trasparenza.
Per chi arriva da tutta la Sardegna con malformazioni,
lesioni da traumi stradali, ustioni, tumori, tra cui molti insidiosi melanomi,
il problema non è di distanze ma di opportunità di continuare ad essere
assistiti da quel centro con le sue professionalità.
In realtà chi può avrebbe già decretato la chiusura
del reparto con la sua storia e le sue eccellenze. L’unico trasferimento reale
da un ospedale all’altro, secondo il comitato degli ammalati riguarderebbe solo
nomina di “Direttore di struttura Complessa…”. Per cui in questo mondo
paranormale, di maghi e di demoni, più che di un trasferimento di reparto con
le sue eccellenze, si tratterebbe dello scippo di una nomina di
primariato.
L’operazione tra l’Azienda Sanitaria (Brotzu) e
l’Università (Policlinico) sarebbe solo un diabolico escamotage di potere dove
in definitiva chi non ha padroni e padrini ha la peggio. Il 1 Agosto mentre il
Policlinico festeggerà la nuova acquisizione avvolta dal mistero, il Brotzu
celebrerà le esequie del suo prestigioso reparto.
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