giovedì 19 luglio 2018

Sulle macerie degli ospedali la ribellione dei territori - Claudia Zuncheddu



Nell’era dei diritti negati e del tramonto delle più grandi conquiste sociali dello scorso secolo di cui la Legge 833 del 78, che ha permesso il superamento delle disuguaglianze in materia di assistenza sanitaria, si pone il problema di come contrastare l’onda distruttiva neoliberista portata avanti nelle ultime legislature dal centro destra e dal centro sinistra al governo della Sardegna.
La Legge 833 continua a vivere sulla carta benché su di essa si sia scatenata una guerra  subdola tendente a ridimensionarla e ad abrogarla. Osservatori esterni rilevano che l’aspettativa di vita dei sardi si sia notevolmente ridotta in questi ultimi tempi. Nell’Isola e nelle sue isole minori oggi è più facile morire, basta non garantire i servizi sanitari. Si incomincia sempre dai cittadini più fragili e indifesi: dai sofferenti mentali.
E’ questa la guerra voluta dagli ultimi governi locali, romani e dai poteri multinazionali in nome di un pareggio di bilancio e/o di un Pil che notoriamente non è mai stato indice di benessere per i popoli. Su questi temi la stampa riporta tutti i giorni bollettini di guerra. Chiudono reparti e ospedali, nel nome della razionalizzazione, dal nord al sud, dal Paolo Merlo di La Maddalena al San Marcellino di Muravera, da Est a Ovest, da Lanusei a Iglesias e Carbonia.
La sanità cagliaritana è al collasso. Crescono le liste d’attesa e i disservizi. La chiusura dei bar in ospedali storici e le sedie che spariscono nelle sale d’attesa, com’è accaduto nel nostro prestigioso Oncologico e al Marino, sono cattivi presagi. Per non parlare della carenza di disinfettanti in sale mortuarie dove l’unica certezza è l’alto traffico di salme.
Intanto nel Consiglio Regionale, nel corso del dibattito sul Piano di riordino della rete ospedaliera sarda è spuntato, paradossalmente, un emendamento con cui si proponeva il coinvolgimento dell’Area Metropolitana nelle decisioni inerenti la “variazione d’uso dell’Ospedale Binaghi, da sanitario in altro…”.Un nuovo affare politico-urbanistico per i soliti noti.
Senza scomodare lo stato di degrado e la carenza di personale medico e paramedico del Santissima Trinità, la morte del Microcitemico, del San Giovanni di Dio. Come in tutte le guerre, anche dalle macerie della sanità pubblica, c’è pure chi costruisce le proprie fortune. La resistenza a questa situazione si sta manifestando con la ribellione in crescita nei territori. I cittadini si organizzano in comitati spontanei e molti di essi per unire le forze confluiscono in coordinamenti come la Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica, da anni in prima fila nelle lotte per salvare gli ospedali pubblici sardi e il diritto alle cure di qualità e gratuite per tutti.
E’ su quest’onda che si organizza anche il neonato Comitato “NO alla chiusura della Chirurgia Plastica e Centro Ustioni dell’Ospedale Brotzu”. Nasce dal disorientamento di cittadini da tempo assistiti nel reparto altamente qualificato del Brotzu ed oggi abbandonati in quanto in dismissione. La Struttura Complessa negli anni è divenuta un centro di eccellenza ed unico presidio nella specialità della Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Cura delle Ustioni per il Sud Sardegna e non solo. Tutto ciò nonostante il continuo e programmato stillicidio del personale sanitario e la mancata indizione del concorso di Direttore di struttura Complessa… ruolo rimasto misteriosamente vacante sino ad oggi, in attesa che maturassero i tempi chissà per cosa e per chi.
Per incomprensibili logiche il prestigioso reparto cesserà di esistere al Brotzu determinando danno e disagio ai numerosi assistiti. I padroni della Sanità hanno deciso di trasferire il reparto dal Brotzu al Policlinico Universitario, dalla Via Peretti alla 554, così pare. Brevi distanze ma grandi differenze di appartenenza nonché di gestione economica dei colossi ospedalieri. Un travaso anomalo di titoli forse di competenza di altri poteri e sicuramente un’operazione con deficit di trasparenza.
Per chi arriva da tutta la Sardegna con malformazioni, lesioni da traumi stradali, ustioni, tumori, tra cui molti insidiosi melanomi, il problema non è di distanze ma di opportunità di continuare ad essere assistiti da quel centro con le sue professionalità.
In realtà chi può avrebbe già decretato la chiusura del reparto con la sua storia e le sue eccellenze. L’unico trasferimento reale da un ospedale all’altro, secondo il comitato degli ammalati riguarderebbe solo nomina di “Direttore di struttura Complessa…”. Per cui in questo mondo paranormale, di maghi e di demoni, più che di un trasferimento di reparto con le sue eccellenze, si tratterebbe dello scippo di una nomina di primariato.
L’operazione tra l’Azienda Sanitaria (Brotzu) e l’Università (Policlinico) sarebbe solo un diabolico escamotage di potere dove in definitiva chi non ha padroni e padrini ha la peggio. Il 1 Agosto mentre il Policlinico festeggerà la nuova acquisizione avvolta dal mistero, il Brotzu celebrerà le esequie del suo prestigioso reparto.


Nessun commento:

Posta un commento