Tra le stradine colorate di un piccolo paese sardo del
campidano meridionale conosciuto per i suoi murales e la sua arte germogliano
nuove idee per una Sardegna più autonoma e sostenibile. Da San Sperate, uno dei
centri agricoli più produttivi della Sardegna, parte il progetto di un «Emporio
equosolidale e collaborativo», un’idea che ha come obiettivo principale quello
di privilegiare l’economia locale offrendo dei prodotti di qualità e
sostenibilità a un prezzo accessibile a tutti i suoi soci. L’iniziativa, che è
stata presentata pubblicamente il 31 maggio 2018 a Cagliari, ha subito
riscontrato un alto interesse tra i numerosi presenti all’evento, molti dei
quali sono oggi nuovi soci del progetto.
«L’idea
è di costituire una cooperativa nella quale i soci possano approvvigionarsi di
prodotti di qualità, provenienti da filiere etiche, a prezzi sostenibili», ci
spiega Massimo Planta, ideatore del progetto e presidente dell’Associazione
Terre Colte (un’organizzazione che si occupa del recupero e della
valorizzazione di terreni in stato o a rischio di abbandono), che discute sulla
necessità di mettere in discussione l’attuale sistema economico-sociale che
ignora, trascura e minimizza qualità e sostenibilità in nome di un continuo
profitto. «L’esigenza è di dare una risposta valida e concreta al problema
della distribuzione che caratterizza il modello commerciale classico, che si
riduce ad arricchire la grande distribuzione organizzata a discapito dei produttori
locali».
Il
modello innovativo seguito dal gruppo sardo prende ispirazione da una prima
esperienza di Emporio Collaborativo, nata nel 1973 negli Stati Uniti, che
grazie al documentario Food Coop di Thom Boothe sta oggi facendo il giro
d’Europa. Ha iniziato con La Louve di Parigi, nata proprio su iniziativa del
regista del documentario, per poi espandersi a Bruxelles con la Bees Coop e
arrivare in Italia con Camilla a Bologna e la Coop a Parma.
IL PROGETTO SARDO,
che è nato da una riunione di Sardegna che cambia (declinazione territoriale di
Italia che Cambia) mira all’apertura, entro il 2019, di un primo «supermercato
autogestito e collaborativo» nell’isola, per incentivare lo sviluppo
dell’economia locale sarda e stimolare a ripensare la Sardegna come realtà
potenzialmente autonoma dal punto di vista economico.
Tutto
ciò, come ci spiega Tiziana Diana, membro del progetto, è possibile grazie alla
collaborazione dei soci, che dietro il versamento di una quota di sottoscrizione
associativa e in cambio di qualche ore di volontariato al mese, saranno in
grado di abbattere i costi di gestione del supermercato e approvvigionarsi di
prodotti di qualità da loro stessi selezionati. Infatti, secondo i dati
esaminati da un recente rapporto pubblicato da Oxfam nel giugno 2018, dal
titolo «Maturi per il Cambiamento», circa il 40% del costo dei prodotti che
paghiamo nei nostri supermercati viene utilizzato per coprire i costi di
gestione del supermercato stesso, che ricorre a politiche di sfruttamento
necessarie per mantenere dei costi contenuti e spesso anche più convenienti. Il
rapporto denuncia i forti squilibri e lo sfruttamento all’interno delle filiere
produttive, mettendo in rilievo la posizione dell’Italia, che viene considerato
uno dei paesi sfruttatori nella raccolta stagionale di frutta e verdura,
soprattutto nei confronti delle donne. Il 75% delle lavoratrici delle aziende
ortofrutticole italiane intervistate dall’organizzazione ha dichiarato di
essere sottopagata e di rinunciare a pasti regolari. «Tutti amiamo il cibo.
Cucinare i nostri piatti preferiti o pranzare in compagnia sono alcuni dei
piaceri più semplici. Ma troppo spesso i cibi che gustiamo hanno un costo
inaccettabile: la sofferenza delle persone che li producono», scrive Winnie
Byanyima, direttore esecutivo di Oxfam International.
I
membri del progetto cagliaritano, che da quattro sono presto divenuti una
trentina, spiegano che la cooperativa vuole prima di tutto eliminare queste
ingiustizie sociali, tagliando i vari passaggi della Grande distribuzione
organizzata. «La scelta di privilegiare filiere corte e locali, unite al lavoro
volontario messo a disposizione dai soci, che si occuperanno per 3/4 ore al
mese di tutte le mansioni inerenti la gestione e il funzionamento,
rappresenteranno l’unica leva per garantire un abbassamento dei prezzi,
permettendo ai soci di poter acquistare prodotti di qualità a prezzi
contenuti», spiega Tiziana.
SECONDO LE MAPPE DI ITALIA CHE CAMBIA, sono numerosi gli esempi di cambiamento e innovazione
nel territorio suqueste tematiche. «La food coop è come un’isola felice»,
commenta Federica Carrus, una delle nuove facce del progetto, «in quanto è uno
spazio che risponde a un’esigenza quasi dimenticata, ma di cui l’uomo ha un
profondo bisogno: la creazione di una comunità». Il progetto non vuole fermarsi
al supermercato, ma intende costituire una vera rete di attività collaterali,
sia sulla tutela e valorizzazione dell’ambiente che sull’innovazione economica
e sociale, favorendo la connessione, la collaborazione ma soprattutto
l’interazione sociale con la comunità.
CIÒ CHE CONTA VERAMENTE, a parte i prezzi e la giusta remunerazione del lavoro
ai produttori, è il senso di responsabilità che ciascuno sviluppa verso la
propria comunità. Un’esperienza non solo vantaggiosa, ma anche formativa per
tutti coloro che vi parteciperanno. Un progetto per sensibilizzare a
comportamenti di consumo critico e responsabile e per regalare alla Sardegna
un’alternativa e una speranza in più a tutti coloro che scelgono di
«ricominciare da noi».
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