In tutto il mondo stanno crescendo sempre di più movimenti di cittadini per
la lotta ai cambiamenti climatici per spingere le autorità a intraprendere
azioni mirate per il cambiamento delle strutture economiche alla base dei
processi clima-alteranti. E questo nell’interesse collettivo.
E’, infatti, un fenomeno piuttosto recente che si arrivi persino a
sostenere forme di tassazione innovative per la difesa dal cambiamento
climatico, in nome d’interessi collettivi che contrastano le pressioni e il
gioco degli interessi tipico delle economie liberali.
Negli Stati Uniti, la Citizen Climate Lobby, la lobby dei cittadini per il
clima, ma anche in Europa, più di recente, la Citizen Climate Iniziative
(l’iniziativa dei cittadini per il clima) sostenute da scienziati ed
economisti, stanno promuovendo l’idea di una tassazione del carbonio diversa
dalle altre forme, che rispetti il principio di giustizia ambientale e di
equità sociale per la riconversione ecologica del comparto energetico e la
riduzione dell’uso dei combustibili fossili.
Tale forma di tassazione del carbonio è la: “Carbon Fee and Dividend”
(CF&D) (la Tassa sul Carbone e Dividendi). Questa é definita “Fee”,
e non “Tax”, proprio per distinguerla dalle forme tradizionali
di tassazione. Da più di un decennio la Citizen Climate Lobby (CCL) sta
sostenendo la “Carbon Fee-and-Dividend” ed è riuscita a ottenere una
proposta di legge negli Stati Uniti : “The Energy Innovation and Carbon
Dividend Act” (il disegno di legge per l’innovazione del comparto
energetico e i dividendi del carbonio) che è stata pesentata all’United States
House of Rapresentative alla seconda sessione del 115simo Congresso. La
proposta di legge è bipartisan ed é ancora in attesa di essere discussa e
inviata al Senato degli Stati Uniti (1).
“Un prezzo sull’inquinamento beneficerà il clima, le persone e
l’economia” […]“La soluzione al cambiamento climatico che
chiunque può capire e sostenere” (Citizen Climate Lobby) (2) “La
soluzione al cambiamento climatico veloce, equa ed efficace” (Citizen Climate
Iniziative) (3)
La questione della tassazione del carbonio e della redistribuzione in
dividendi vede favorevoli non solo molti cittadini, ma anche economisti e
scienziati. Il consenso, la giustizia sociale, e lo stimolo alla crescita e
sviluppo di tecnologie pulite sono i cardini del meccanismo stesso di
ridistribuzione in dividendi nella tassa “Carbon Fee and Dividend”.
Più di 3.500 economisti in tutti gli Stati Uniti (tra cui 28 premi Nobel)
hanno condiviso una dichiarazione congiunta (Statement) a favore
della “Energy Innovation Carbon Dividend Act ” (il
disegno di legge per l’innovazione del comparto energetico e i dividendi del
carbonio).
La dichiarazione, “The Economist Statement on Carbon Dividend” (la
dichiarazione degli economisti sui dividendi del carbonio), del gennaio 2019,
invita il governo americano a portare avanti una misura di questo tipo e ne
descrive i benefici (la dichiarazione tradotta si trova qui) (4).
Agli economisti si sono affiancati, nell’estate del 2020, gli studenti con
400 rappresentanti in tutti gli Stati e un appello al governo americano per
favorire l’introduzione negli USA della “Energy Innovation Carbon Dividend
Act” per la lotta contro il cambiamento climatico.
Anche in questa dichiarazione si fa rimarcare che l’atto garantirebbe anche
il principio di equità sociale: “Tutte le parti possono vincere”. Una
tassa sul carbonio e dividendi comporta vantaggi diffusi a tutti gli attori in
gioco, tutelando la popolazione (5).
Dal 6 maggio 2019 la “Citizen Climate Iniziative” (iniziativa dei cittadini
sul clima) sta raccogliendo anche in Europa adesioni per una petizione
alla Commissione Europea per l’introduzione di una tassa sul carbonio di questo
tipo. Se la petizione raggiungesse un milione di firme la questione sarebbe
discussa in sede di Parlamento Europeo (2).
Il climatologo americano James Hansen (del Goddard Institute e della
Università della Columbia) – uno dei primi a riconoscere gli effetti del
cambiamento climatico di natura antropica – è grande sostenitore di tale forma
di tassazione. Infatti, dopo aver scritto una lettera d’appello al premier
inglese Boris Johnson, in cui tra l’altro afferma che il premier sarebbe un
esempio per il mondo se introducesse una tassa sul carbone e dividendi in Gran
Bretagna in vista della Conferenza sul clima a Glasgow (la lettera tradotta si
può trovare nell’articolo citato in nota (6), il 1 giugno ha pubblicato
un’editoriale nel “The Boston Globe” (il quotidiano più diffuso
nell’area di Boston e del New Jersey), insieme al suo consulente legale Daniel
M. Galpern, in cui afferma che lo stesso Presidente Joe Biden ha il potere di
far introdurre una tassa di questo tipo negli Stati Uniti e afferma che avrebbe
il dovere di farlo subito.
L’articolo infatti s’intitola in modo molto significativo: “Biden dovrebbe
imporre immediatamente una tassa sul carbonio” (L’articolo si può trovare
tradotto qui) (7). Ma in cosa consiste questa
particolare tassa sul carbonio e quali sono gli elementi distintivi nel
meccanismo dei dividendi?
La “Carbon Fee and Dividend” ha come elementi essenziali:
La tassazione avviene all’ingresso nel paese dei combustibili fossile,
quindi direttamente all’origine, a “monte” dove vengono prodotti i combustibili
fossili “iniettati” nell’economia.
Al contrario delle tassazioni sulle emissioni industriali, questa tassa sul
carbonio si applica alle fonti energetiche inquinanti proprio all’ingresso nel
sistema produttivo, nei “porti”, anche se prodotte all’interno del paese, e si
misura sulla quantità di carbonio emesso dalla combustione che ne consegue
(equivalenti di carbonio). Se vi fossero analoghe tasse sul carbonio nei paesi
di origine, la tassazione sarebbe ridotta o nulla.
La tassazione tende a incrementare gradualmente nel tempo. La tassa
applicata ha carattere graduale e crescente. Parte da una cifra iniziale che
andrebbe incrementata in modo costante al fine di dare la possibilità
all’economia, e alle fonti energetiche utilizzate, di riconvertirsi nel tempo.
Il margine iniziale adeguato va dai 10 ai 15 dollari per ogni
tonnellata di equivalente di carbonio, con un incremento annuo di almeno 10-15
dollari per tonnellata di carbonio. Il carbonio è valutato come equivalente in
considerazione delle emissioni prodotte.
Nella Statement dei 3.500 economisti, al punto III, si
afferma:
1.
“ Una tassa sul carbonio, adeguata, e gradualmente crescente,
sostituirebbe la necessità di una regolamentazione normativa meno efficiente. Promuoverà
la crescita economica e provvederà alla solidità di cui hanno bisogno le
imprese per investire a lungo termine in tecnologie basate su energie
alternative, sostituendo il segnale sui prezzi derivato da ingombranti
regolamentazioni,.” (3).
L’ammontare della tassazione iniziale, il suo incremento e gli
aggiustamenti, dovrebbero poi seguire valutazioni scientifiche sull’andamento
dell’economia e tenere in considerazione le rilevazioni della scienza sul
clima.
L’incremento graduale della tassazione favoririsce in tal modo un
meccanismo d’incentivazione degli investimenti in tecnologie più efficienti e
in fonti energetiche alternative a basso contenuto di carbonio.
I paesi esportatori, che non avessero introdotto misure analoghe, sarebbero
penalizzati e spinti a loro volta, per contenere i prezzi, a introdurre qualche
forma di tassazione del carbonio.
Se una grande economia come quella degli Stati Uniti adottasse tale misura
potrebbe invogliare anche Cina e India ad adottare misure analoghe. Al punto IV
della dichiarazione degli economisti americani si afferma infatti: “[…] Questo
costituirebbe anche un incentivo per altre Nazioni ad adottare una tassa sul
carbonio” [3].
Altro elemento fondamentale, rispetto a una semplice tassazione del
carbonio: la “Fee-and- Dividend” vuole evitare cadute
regressive sull’economia e stimolare il consenso diffuso nella popolazione
attraverso il meccanismo dei dividendi distribuiti alle famiglie. Una sorta di
reddito universale sul clima.
Nello Statement degli economisti al punto V:
“Per massimizzare la correttezza e la fattibilità politica di una tassa sul
carbone in costante crescita, tutti gli introiti dovranno essere devoluti ai
cittadini americani attraverso rimborsi forfettari egalitari. La maggioranza
delle famiglie americane, incluse le più vulnerabili, ne trarrebbero beneficio
dal punto di vista finanziario ricevendo di più in “dividendi del carbonio”
rispetto a quello che andrebbero a pagare con crescenti prezzi
dell’energia.” (4)
La tassa garantirebbe, in tal modo, equità sociale nella transizione
energetica favorendo, di conseguenza, il consensoverso politiche di mitigazione
del clima. Considerando un nucleo familiare composto di persone maggiorenni,
ogni individuo riceverebbe una quota. Per i minorenni dello stesso nucleo, al
massimo di due, la quota sarebbe a metà.
A favore di una tale misura non vi è solo l’appello degli economisti
americani ma anche la ricerca di valutazioni positive d’impatto. La REMI
(Regional Economic Models Incorporate), di Washington, in seguito a una ricerca
con modelli di simulazione, ha rilevato che: iniziando da 10 dollari per
tonnellata di carbonio, aumentando ogni anno di 10 dollari con gli introiti
divisi per le famiglie come dividendo per l’energia, sarebbero sostanziali i
vantaggi a lungo termine per l’ambiente, per la salute pubblica e per
l’economia.
Le valutazioni sono positive e riportano un calo in vent’anni delle
emissioni di CO2 negli Stati Uniti del 50% rispetto ai valori del 1990, un
incremento di 2,8 milioni di posti di lavoro nello stesso periodo e incrementi
positivi in termini di PIL (8).
Il punto essenziale è che la ridistribuzione andrebbe a incentivare consumi
alternativi e stimolerebbe l’economia verso nuove forme di produzione e di
lavoro. La questione però è se il meccanismo dei prezzi come incentivazione al
cambiamento tecnologico e alla ricerca di fonti alternative ai combustibili
fossili, guidata dalla “mano invisibile del mercato” più che da regolamentazioni
internazionali, possa realmente diffondersi per il meccanismo stesso dei
mercati, tenendo conto delle tensioni politiche internazionali e delle
diseguaglianze mondiali, dato che tra l’altro non tutti i governi sono a base
democratica.
A volte tuttavia accade che un buon principio teorico abbia degli effetti a
lungo termine inaspettati, anche se sono in pochi ad adottarlo costituisce un
esempio.
Note
(1) https://energyinnovationact.org/
(2) Citizen Climate Lobby, https://citizensclimatelobby.org/why-we-support-a-price-on-pollution/
(3) Citizen Climate Iniziative, https://citizensclimateinitiative.eu/ In
italiano: Citizen Climate Initiative, https://citizensclimateinitiative.eu/it/
(4) “The Economist Statement on Carbon Dividend”, https://www.historyismade.org
(5) “The Student Gov.t Leaders Statement on Carbon Dividend”, https://www.s4cd.org
(6) Caro Boris, basta con il carbone, 31 marzo 2021, https://comune-info.net/caro-boris-non-aprire-quella-miniera/
(7) Op-Ed: Biden should impose a carbon fee immediately (Biden dovrebbe
imporre immediatamente una tassa sul carbonio, aggiornato 1 giugno
2021, https://www.bostonglobe.com/2021/06/01/opinion/biden-should-impose-carbon-fee-immediately/
(8) REMI (Regional Economic Models, Inc.), Whashington D.C., “The
Economic, Climate, Fiscal, Power and Demographic Impact of a National Fee –
and – Dividend Carbon Tax”,
https://www.remi.com/wp-content/uploads/2017/10/31-National-Fee-and-Dividend-Carbon-Tax.pdf
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