mercoledì 8 settembre 2021

Il clima che cambia, ecco le alghe spia: sulla Bbc lo studio di una biologa sarda - Marzia Piga


Per le feste di Natale e fine anno è riuscita a tornare, come sempre, nella sua Iglesias. La città dove è cresciuta e quella da dove è partita, prima per studiare e poi per lavorare. Per la sua breve vacanza ha dovuto lasciare sole, in un laboratorio dell’Università di Portsmouth, nel sud del Regno Unito, le sue ‘creature’: “le mie pink babies”, le ‘bambine rosa’, come lei stessa le chiama. Federica Ragazzola – 43 anni, biologa marina, ricercatrice e docente – studia gli effetti dei cambiamenti climatici nei mari e le sue ‘creature’ sono le alghe coralline, organismi molto particolari e importanti proprio nell’analisi delle mutazioni dovute agli eventi atmosferici.

La scienziata pochi mesi fa è stata anche protagonista, insieme a una sua collega, di un documentario della tv britannica Bbc, intitolato ‘Climate change: how marine life is on the move’ (Cambiamenti climatici, come si modifica la vita marina), in cui ha spiegato le conseguenze del continuo surriscaldamento degli oceani sulle specie che li popolano.

 

Dopo gli studi universitari in Scienze naturali con indirizzo marino, la Ragazzola ha attraversato quel mare che l’ha sempre appassionata ed è approdata a Londra e a Pisa per specializzarsi. “Ho studiato i meccanismi di acquisizione del carbonio da parte delle alghe coralline, poi sono andata in Germania, nel dipartimento di biogeochimica, e a Bristol dove ho approfondito la paleobiologia: in sostanza attraverso le ricostruzioni storiche, dall’Ottocento in poi, delle ricerche esistenti studiavo questo tipo di organismi e li utilizzavo per capire come nei secoli è cambiato l’ambiente intorno a loro”, racconta. Poi la missione in Antartide per verificare quanto il cambiamento dell’acqua, non solo della sua temperatura ma anche il suo grado di acidità, sia devastante per tutti gli organismi e si ripercuota a catena sul resto dell’ecosistema.

“L’acidificazione delle acque è un problema pari a quello dell’inquinamento, è l’ennesimo effetto dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera – spiega la ricercatrice -: avviene quando il gas serra entra a contatto col mare, formando acido carbonico debole. Dalla rivoluzione industriale ad oggi il ph medio dell’oceano (l’unità di misura dell’acidità) è sceso da 8,2 a 8,1, che corrisponde a un aumento della stessa acidità di circa il 26 per cento”.

Con l’acidificazione degli oceani “le specie marine a rischio estinzione sono soprattutto i crostacei e gli altri animali che vivono in rifugi composti da carbonato di calcio, fosfato di calcio e sostanze organiche costruite intorno a sé. Un ph più acido impedisce la formazione di questi ‘gusci’ protettivi, riducendo le loro possibilità di sopravvivenza già nelle prime fasi della vita”.

 

Per questo gli organismi antartici che la Ragazzola studia sono molto importanti: una sorta di ‘cartina di tornasole’ degli effetti climatici, perfetti bio-indicatori e promotori di biodiversità, oltre ad avere un potenziale riconosciuto come organismi ‘target’ negli studi sul cambiamento climatico. Attraverso processi fisiologici complessi, infatti, questi organismi sono in grado di formare uno scheletro di carbonato di calcio, che contiene all’interno le informazioni relative alle condizioni ambientali in cui si è formato. “Grazie alla componente calcarea l’alga rossa corallina rappresenta un substrato molto importante per la vita di tanti organismi e, nonostante questa sua struttura apparentemente resistente, è estremamente vulnerabile al cambiamento climatico”, spiega la ricercatrice.

Dall’Antartide agli oceani e al Mediterraneo il passo è breve: “Nel mar Mediterraneo la temperatura dell’acqua sale in maniera esponenziale rispetto agli oceani, si stima che nel 2100 aumenterà di quasi tre gradi con ondate di caldo prolungate almeno una volta l’anno e l’aumento di specie tropicali che arrivano attraverso lo stretto di Gibilterra e il Canale di Suez, circa una ogni mese”.

Quello che la ricercatrice vede e studia quotidianamente nelle acque è una mutazione velocissima e molto pericolosa. “La chimica delle acque sta cambiando e ciò sta causando la perdita di molti organismi: se pensiamo alle mie ‘pink babies’ per esempio, la loro scomparsa ha pesanti conseguenze per molte specie che vivono intorno e grazie a loro – spiega -. Le persone non si rendono conto di quanto sia veloce il cambiamento del clima, ci sono molti progetti in campo, spesso anche molto risolutivi, ma bisogna fare in fretta”, è il monito della studiosa.

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