Per le feste di Natale e fine anno è riuscita a
tornare, come sempre, nella sua Iglesias. La città
dove è cresciuta e quella da dove è partita, prima per studiare e poi per
lavorare. Per la sua breve vacanza ha dovuto lasciare sole, in un laboratorio
dell’Università di Portsmouth, nel sud
del Regno Unito, le sue ‘creature’: “le mie pink babies”, le
‘bambine rosa’, come lei stessa le chiama. Federica Ragazzola – 43
anni, biologa marina, ricercatrice e docente – studia
gli effetti dei cambiamenti climatici nei mari e le
sue ‘creature’ sono le alghe coralline,
organismi molto particolari e importanti proprio nell’analisi delle mutazioni
dovute agli eventi atmosferici.
La scienziata pochi mesi fa è stata anche
protagonista, insieme a una sua collega, di un documentario della tv britannica Bbc, intitolato ‘Climate change: how marine life is on the move’ (Cambiamenti
climatici, come si modifica la vita marina), in cui ha spiegato le conseguenze
del continuo surriscaldamento degli oceani sulle specie che li popolano.
Dopo gli studi universitari in Scienze naturali con indirizzo marino, la
Ragazzola ha attraversato quel mare che l’ha sempre appassionata ed è approdata
a Londra e a Pisa per
specializzarsi. “Ho studiato i meccanismi di acquisizione del carbonio da parte
delle alghe coralline, poi sono andata in Germania, nel
dipartimento di biogeochimica, e a Bristol dove ho
approfondito la paleobiologia: in sostanza attraverso le ricostruzioni
storiche, dall’Ottocento in poi, delle ricerche esistenti studiavo questo tipo
di organismi e li utilizzavo per capire come nei secoli è cambiato l’ambiente
intorno a loro”, racconta. Poi la missione in Antartide per
verificare quanto il cambiamento dell’acqua, non solo della sua temperatura ma
anche il suo grado di acidità, sia devastante per tutti gli organismi e si
ripercuota a catena sul resto dell’ecosistema.
“L’acidificazione delle acque è
un problema pari a quello dell’inquinamento, è l’ennesimo effetto dell’aumento
di anidride carbonica nell’atmosfera – spiega la
ricercatrice -: avviene quando il gas serra entra a contatto col mare, formando
acido carbonico debole. Dalla rivoluzione industriale ad oggi
il ph medio dell’oceano (l’unità di misura
dell’acidità) è sceso da 8,2 a 8,1, che corrisponde a un aumento della stessa
acidità di circa il 26 per cento”.
Con l’acidificazione degli oceani “le specie marine a rischio estinzione sono
soprattutto i crostacei e gli altri animali che vivono in rifugi composti
da carbonato di calcio, fosfato di calcio e sostanze organiche costruite
intorno a sé. Un ph più acido impedisce la formazione di questi ‘gusci’
protettivi, riducendo le loro possibilità di sopravvivenza già nelle prime fasi
della vita”.
Per questo gli organismi antartici che la Ragazzola
studia sono molto importanti: una sorta di ‘cartina di tornasole’ degli
effetti climatici, perfetti bio-indicatori e promotori di biodiversità,
oltre ad avere un potenziale riconosciuto come organismi ‘target’ negli studi
sul cambiamento climatico. Attraverso processi fisiologici complessi, infatti,
questi organismi sono in grado di formare uno scheletro di carbonato di calcio,
che contiene all’interno le informazioni relative alle condizioni ambientali in
cui si è formato. “Grazie alla componente calcarea l’alga rossa corallina
rappresenta un substrato molto importante per la vita di tanti organismi e,
nonostante questa sua struttura apparentemente resistente, è estremamente
vulnerabile al cambiamento climatico”, spiega la ricercatrice.
Dall’Antartide agli oceani e al Mediterraneo il passo è breve: “Nel mar
Mediterraneo la temperatura dell’acqua sale in
maniera esponenziale rispetto agli oceani, si stima che nel 2100 aumenterà di
quasi tre gradi con ondate di caldo prolungate almeno una volta l’anno e
l’aumento di specie tropicali che arrivano attraverso lo stretto di Gibilterra e il Canale di Suez, circa una ogni mese”.
Quello che la ricercatrice vede e studia
quotidianamente nelle acque è una mutazione velocissima e
molto pericolosa. “La chimica delle acque sta cambiando e ciò sta causando la
perdita di molti organismi: se pensiamo alle mie ‘pink babies’ per
esempio, la loro scomparsa ha pesanti conseguenze per molte specie che vivono
intorno e grazie a loro – spiega -. Le persone non si rendono conto di quanto
sia veloce il cambiamento del clima, ci sono molti progetti in campo, spesso
anche molto risolutivi, ma bisogna fare in fretta”, è il monito della studiosa.
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