Più piombo
nel sangue uguale meno intelligenza.
Non è una
novità assoluta, ma si tratta di un’autorevole conferma.
Più alto è
il livello di piombo nel sangue durante l’età infantile, minore è il quoziente
intellettivo e, conseguentemente, minore è la possibilità di
successo in età adulta.
Ora lo
afferma anche “The effects of the exposure to neurotoxic elements on
Italian schoolchildren behavior”, autorevole ricerca coordinata
da Stefano Renzetti e pubblicata su Scientific Reports di Nature (maggio
2021).
Nulla di
nuovo, però.
Per ogni
aumento di 5 microgrammi (mcg) di piombo per decilitro di sangue si perdono 1,5
punti di quoziente intellettivo.
Così hanno
affermato i dati
raccolti in una ricerca svolta da un’equipe della Duke University
(U.S.A.) e pubblicati nel 2017 sul Journal of American Medical
Association (Association of Childhood Blood Lead Levels With
Cognitive Function and Socioeconomic Status at Age 38 Years and With IQ Change
and Socioeconomic Mobility Between Childhood and Adulthood, Aaron Reuben,Avshalom Caspi, Daniel W. Belsky, e
altri, 28 marzo 2017) condotta su un campione di 565 neozelandesi.
Ma già nel 2008 l’Università degli
Studi di Cagliari (Dipartimento Sanità pubblica, Medicina del lavoro)
nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente
la sussistenza di deficit cognitivi in un campione
di bambini di Portoscuso, dovuto a valori
di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per
decilitro (vds. “Environmental exposure to inorganic lead and
neurobehaviour altests among adolescents living in the Sulcis-Iglesiente,
Sardinia” in Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia, 15
aprile 2008, in http://www.biowebspin.com/pubadvanced/article/18409826/#sthash.kjkUGkfA.dpuf).
La
letteratura medica, infatti, ha finora indicato un’associazione inversa
statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione
di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per
ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia (sulla tossicità del piombo vds. http://www.phyles.ge.cnr.it/htmlita/tossicitadelpiombo.html).
Ora, molto
probabilmente, sarà necessario rivedere al ribasso le stime: 5 microgrammi,
infatti, corrispondono a 0,005 milligrammi.
A Portoscuso come
a Taranto il
piombo nel sangue è una realtà.
Finora solo
la recente sentenza di primo grado della Corte d’assise di
Taranto del 31 maggio 2021, solo poche sentenze della Corte d’appello di Cagliari e
della Corte di cassazione per Portoscuso.
E’ una realtà
sostanzialmente impunita, nonostante reiterate denunce ecologiste.
Ed è una
realtà che non fa vergognare amministratori pubblici assenti e industriali
inquinatori.
Che i
responsabili consapevoli siano maledetti, almeno.
Gruppo
d’Intervento Giuridico odv
da Il
Fatto Quotidiano, 19 giugno 2021
È la
conclusione che si legge nello studio italiano pubblicato su Scientific Reports
di Nature il 10 maggio scorso e mai reso noto finora nel nostro Paese. Tra gli
autori c’è il professor Roberto Lucchini, che a ilfattoquotidiano.it spiega:
“Questo lavoro evidenzia come le aree svantaggiate siano ad aumentato rischio
di problemi neurocomportamentali oltre al rischio di minori capacità
neurocognitive”. (Marco
Carta, Valentina Petrini)
“L’interazione
sinergica fra piombo e arsenico provoca effetti ancora più marcati su
varie funzioni del neurosviluppo nei bambini rispetto a quelli
che si possono individuare con l’analisi ‘tradizionale’ che considera i singoli
elementi tossici separatamente”. Roberto Lucchini è
docente di Medicina del Lavoro. Si divide tra Brescia e la Florida
International University di Miami, dove insegna. Al telefono
risponde da Brasilia. C’è stata da poco la sentenza Ambiente Svenduto:
in primo grado la Corte d’Assise ha stabilito che quello
provocato dalla gestione privata della famiglia Riva tra il
1995 e il 2012 è stato un disastro ambientale. Ora gli
occhi sono puntati sul Consiglio di Stato che
a giorni dovrebbe pronunciarsi in merito all’ordinanza di chiusura dell’aria a
caldo emessa dal Comune di Taranto e
che invece fotografa l’emergenza ambientale e sanitaria dal 2012 ad oggi.
Non solo.
Pochi giorni fa Il Fatto Quotidiano ha pubblicato la
notizia che è stata consegnata al ministero della Transizione Ecologica guidato
da Roberto Cingolani la nuova VDS, Valutazione
del Danno Sanitario che attesta che a 6 milioni di tonnellate annue di
acciaio “permane un rischio sanitario non accettabile”. 6 milioni di tonnellate
di acciaio è esattamente la quantità che vuole produrre la
fabbrica nella sua nuova veste di “Acciaierie d’Italia”, joint venture
tra Arcelor Mittal e lo Stato italiano attraverso
Invitalia. E mentre è in atto questa discussione sul futuro della produzione di
acciaio a Taranto, lo studio Lucchini arriva come
un fulmine a ciel sereno. Riguarda un tema importantissimo:
i disturbi del neurosviluppo nei bambini dai metalli pesanti,
noti per essere neurotossici. Taranto è un territorio fortemente
interessato dalla presenza di metalli pesanti. Per
questo anche le virgole di questo studio sono importanti per tutela la salute
dei più deboli.
Scusi
professor Lucchini ma dove è uscito questo suo nuovo studio?
“Su Scientific Reports di Nature, il 10 maggio scorso”.
Ah
recentissimo.
Per un contesto come quello di Taranto questa scoperta è fondamentale, perché
lì abbiamo una ‘mistura’ di elementi nocivi nelle emissioni industriali e
attraverso questo tipo di studi riusciamo a valutare le conseguenze sulla
salute non solo dei singoli inquinanti, ma anche nell’interazione fra loro.
Professore
ma questo studio è solo in inglese, perché la ricerca non è stata ancora
tradotta in italiano?
Siamo ancora
impegnati sull’analisi dei dati, per questo non c’è stata una comunicazione
ufficiale.
Lo studio è
anche firmato anche dal Dipartimento Salute della ASL di Taranto, che ha
cofinanziato il progetto. Non crede sia necessario renderlo pubblico anche alla
popolazione locale?
Ha ragione. La responsabilità è anche di noi ricercatori, che siamo immersi nei
numeri e posticipiamo spesso la comunicazione, che invece è fondamentale tanto
quanto i risultati dei nostri calcoli.
Non è la
prima volta che uno studio fondamentale per la salute pubblica dei tarantini
rimane non divulgato. Tra l’altro in un momento così delicato in cui vanno
prese decisioni importanti per il territorio, sarebbe stato giusto darne
adeguata diffusione. Veniamo alla ricerca. In pratica avete scoperto che se
prendiamo il piombo e l’arsenico singolarmente osserviamo alcuni dei loro
effetti nocivi, se però li valutiamo nella loro interazione ne spuntano molti
altri. È così?
Esattamente.
Tra l’altro i valori limite di esposizione di questi metalli si basano sui
componenti individuali di una esposizione multipla. Si può quindi essere al di
sotto di un certo livello protettivo di esposizione per un singolo componente,
ma anche a quel livello ‘basso’ quel componente può produrre effetti nocivi se
in compresenza ed in interazione con altro componente.
Traduco. Le
emissioni di piombo e arsenico possono essere entro i limiti consentiti dalla
legge, ma se sono presenti entrambi insieme fanno male comunque, anzi di più.
Si. Entrambi possono essere a livello ‘basso’ di esposizione ma la loro
interazione sinergica può provocare effetti.
Insomma
professore, non è propriamente un aggiornamento migliorativo della situazione
sanitaria a Taranto.
Già! Si può essere al di sotto di un certo livello protettivo di esposizione
per un singolo componente, ma anche a quel livello ‘basso’ quella sostanza può
produrre effetti nocivi se è in compresenza ed in interazione con un altra.
La ricerca
pubblicata su Scientific Reports di Nature il 10 maggio 2021 è un aggiornamento
di analisi che lei conduce su Taranto dal 2012.
Esatto. Nel 2012 siamo partiti concentrandoci in particolare sugli effetti
dell’esposizione ai metalli con proprietà neurotossiche sui bambini di età
compresa tra i 6 e i 12 anni.
Avete diviso
i bimbi in tre fasce: quelli che vivono a ridosso dell’Iilva, quelli ad una
distanza media e infine quelli più lontani. In ciascun gruppo rientravano 4
scuole. Cosa è emerso?
Una differenza di 13 punti tra il quoziente d’intelligenza dei bimbi più vicini
al siderurgico rispetto a quelli più lontani. Non solo, chi vive più a ridosso
della fabbrica aveva una concentrazione di cadmio e arsenico nelle urine e di
manganese nei capelli superiore a chi risiede lontano. La differenza di 13
punti di QI va intesa come ‘normalizzata’ per livello socioeconomico e
intellettivo della madre, cioè a parità di questi fattori fra una zona e
l’altra. Quindi dovuta solo al fatto di essere a breve distanza dalla
emissione.
Quindi per
dirla brutalmente, un bambino del quartiere Tamburi ha un quoziente
intellettivo più basso di circa 13 punti rispetto a un coetaneo di Talsano
(località distante dallo stabilimento siderurgico). Parliamo di bambini sani,
non ammalati che però sulla base di test neuropsicologici per calcolare
memoria, attenzione, ragionamento e concentrazione, mostrarono molte differenze.
Sì.
I risultati
di questo primo studio iniziato nel 2012 però sono arrivati nel 2016. Poi nel
2019 siete tornati ad approfondire l’impatto neurocognitivo dovuto
all’esposizione ai metalli sempre nei bambini tra 6 e 12 anni. Le scuole, 12 in
totale, sono sempre le stesse. E cosa è emerso a distanza di sette anni dalla
prima ricerca?
Se nel primo studio ci eravamo focalizzati sulle funzioni neuropsicologiche,
quindi quoziente intellettivo, ma anche tendenza all’autismo, deficit di
attenzione e altre forme di patologie infantili, successivamente abbiamo
sviluppato meglio l’interazione tra fattori ambientali e socioeconomici,
dimostrando che questi due, insieme, peggiorano ulteriormente le funzioni
neurologiche.
Cioè in
pratica se sei povero e contemporaneamente vivi in un quartiere inquinato, come
Tamburi, sei ancora più esposto ad effetti nocivi delle emissioni.
Sì. Se nella prima ricerca era stata registrata una diminuzione di 13 punti del
quoziente intellettivo nelle aree di Tamburi, rispetto a Talsano,
nell’aggiornamento del 2019, la diminuzione cresce fino a 16 punti, questo
perché nel corso degli anni si sono raffinati gli strumenti di analisi. Quindi
questo studio evidenzia come le aree svantaggiate siano ad aumentato rischio di
problemi neurocomportamentali oltre al rischio di minori capacità
neurocognitive.
Nella
ricerca voi scrivete: “L’area di studio è la città di Taranto, nel sud Italia,
dove opera da molti decenni un vasto polo industriale che comprende uno dei più
grandi produttori di acciaio in Europa, causando l’emissione di elementi
tossici e molti altri composti chimici in un’ampia area circostante”. Però poi
parlate sempre genericamente di “fonte di emissione”.
Abbiamo
sempre suggerito la necessità di approfondire. Dovremmo essere il triplo e
avere il triplo dei fondi. Non riusciamo a far tutto.
L’inquinamento
da metalli riscontrato nel sangue dei bambini a quando risale?
Quello che gli indicatori di sangue mostrano è un dato relativo, perché
riflette il livello di inquinamento attuale. Quando questi bambini sono nati è
probabile è che i livelli di esposizione fossero più alti. Non sappiamo quale
fosse l’inquinamento, ad esempio, quando si trovavano nella vita fetale, che
rappresenta uno dei momenti di maggiore vulnerabilità. Anche per questo nel
corso del tempo abbiamo iniziato a raccogliere i denti da latte e speriamo al
più presto di poter fare uno studio specifico. I denti sono come gli alberi. Se
fai una sezione laser trovi i cerchi concentrici. Andando a fare una
microsezione dei denti da latte possiamo individuare i livelli di esposizione
del passato. Il dente da latte inizia a crescere nelle prime settimane di vita intrauterina.
È l’unico campione biologico che ci consente di andare indietro nel tempo.
La speranza
è siano studi e ricerche utili a chi deve prendere decisioni e
che non vengano invece ignorati e chiusi in un cassetto. Nella pubblicazione di
Nature edizione 2021 i ricercatori valutano l’effetto neurocomportamentale dell’esposizione
a oligoelementi tra cui piombo, mercurio, cadmio, manganese, arsenico e selenio
e le loro interazioni. Il campione scelto è composto da 299 scolari residenti
nell’area fortemente inquinata di Taranto. Le analisi sono state
condotte su sangue intero, urina e capelli. Dei 6 metalli
considerati, piombo e arsenico sono quelli che hanno dato spunti di riflessione più
importanti. Il piombo nel sangue ha influenzato principalmente i problemi
sociali, il comportamento aggressivo,
l’esternalizzazione e i problemi comportamentali totali. L’arsenico nelle urine ha
mostrato un impatto su ansia e depressione, problemi somatici,
problemi di attenzione e comportamenti di violazione delle
regole oltre a un’associazione significativa a diversi tratti
psicologici riconducibili all’autismo. Si tratta di indicazioni
precoci che non costituiscono la malattia ma sono importanti per fare prevenzione in
fase precoce ed evitare la patologia. L’esatto meccanismo neurotossicologico attraverso
il quale una miscela di metalli può portare a problemi comportamentali non è
ancora chiaro e sono necessarie ulteriori indagini e prove su
come le miscele di metalli e le interazioni tra le sostanze
chimiche possono influenzare comportamento. Aumentata iperattività e
tratti psicopatologici, compromissione del comportamento sociale
e maggior rischio di autismo sono stati rilevati nei quartieri di Tamburi e Paolo
VI, che si trovano a distanza ravvicinata rispetto alla fonte emissiva industriale.
https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2017/06/30/situazione-ambientale-e-sanitaria-di-portoscuso-ognuno-si-assuma-le-proprie-responsabilita-fino-in-fondo/#more-17637
RispondiElimina