Sette italiani su dieci ritengono che i minori debbano essere vaccinati contro il Covid (nonostante sia dimostrato che l’infezione decorre asintomatica, o con sintomi banali, praticamente in tutti i giovani e che i giovani costituiscono molto raramente fonte di infezione per gli adulti). La stessa frazione di italiani (7/10) dichiara che continuerà a fare uso delle mascherine protettive all’aperto anche quando verrà tolto l’obbligo (nonostante sia dimostrata, e in alcuni casi evidente anche solo a buon senso, la loro inutilità).
Le anime candide danno la colpa alla campagna
stampa martellante e all’allarmismo propagato da virologi televisivi,
giornalisti, politici. Altri, più maligni, chiamano “covidioti” sette italiani
su dieci. Nessuno si domanda il perché, cerca di capire le cause. Il male è
sempre fuori da noi, c’è sempre un responsabile a cui dare la colpa. Nessuno che si domandi
che senso hanno, e se hanno senso, sondaggi come questo. Purché alla fine ci
sia una statistica, tutto diventa “scientifico”.
I “numeridioti” sono le persone per cui nulla è
vero se non supportato da una serie di numeri e statistiche. “Era buono il gelato
fragola e crema che hai ordinato?”, “Certo, secondo un recente studio – (avete
notato come gli studi siano tutti “recenti”? Nessuno che dica mai “secondo uno
studio di molti anni fa”) – il 96,4 per cento degli italiani ama il gelato
fragola e crema e solo il 32,6 per cento lo scambierebbe con un fustino di
Dash”. C’è la pubblicità di un dentifricio? “Biancodent è raccomandato dal 86,7
per cento dei dentisti italiani!” e via tutti a comprare Biancodent: come si fa
a pensarla diversamente dall’ 86,7 per cento dei dentisti? Domani sorgerà il
sole? Al 99,99 per cento! Evviva!
Oggi non c’è quasi nulla di meno scientifico che
i numeri usati per supportare le proprie affermazioni. Centinaia di
ricerche di psicologia della comunicazione (accidenti, ora l’ho fatto anch’io!)
hanno dimostrato come le persone numerino per davvero soltanto sino a 10: oltre
questa cifra, ogni numero diventa nella nostra mente una grandezza e non più
una quantità. Questo, ad esempio, spiega perché se vogliamo che un paziente
segua una certa terapia, lo invogliamo di più dicendogli che è efficace nei
3/4, piuttosto che nel 75 per cento, dei casi.
L’uso dei numeri, però, ha due vantaggi.
Innanzitutto, permette la falsa
coscienza di chi lo fa: difficilmente il “numeridiota” è consapevole di usare
un artificio retorico, spesso invece si illude con sincerità di
distillare scienza. In secondo luogo, i numeri permettono di evitare la fatica del ragionamento: pensare
stanca e supportare un argomento con numeri consente di non farlo con ragioni
logiche. “Sette italiani su dieci ritengono che i minori debbano essere
vaccinati contro il Covid” è un argomento che non ammette repliche, è – con
altro luogo comune insopportabile di questo periodo – un’“evidenza
scientifica”. Che poi non spieghi nulla e sia, persino descrittivamente, privo
di senso (sette chi? di quale età? di che cultura? e che ne sapevano di
vaccini? e quando sono stati intervistati? mentre erano al bagno o cenavano? da
chi? con quali parole? con quale tono di voce? con domande scritte sul
computer? e così via) poco importa. Magia dei numeri: ciò che prima non esisteva, appena lo si associa a un
numero, diventa un fatto con cui fare – giustappunto – i conti.
Platone aveva ragione nel dire che i principi primi del mondo erano numeri,
Leibnitz non aveva torto pensando che la musica non fosse che una forma
nascosta di numerare, Hegel ha scritto un valzer sotto forma di Fenomenologia
dello Spirito e forse Parmenide aveva, con l’ Uno, scoperto il senso
dell’universo. Sia, insomma, chiaro e a scanso di ogni equivoco: i numeri sono una cosa molto seria.
Sono i “numeridioti” a non esserlo.
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