“Abbiamo il cuore spezzato. Oggi, dopo il cessate il fuoco, siamo riusciti
ad andare al nostro rifugio. I cani mi guardavano come a domandarmi dell’orrore
che hanno dovuto sopportare. Alcuni sono riusciti a sfondare la recinzione e
sono fuggiti, restando vicino al rifugio, ma senza tornare. Ne abbiamo trovato
uno mezzo seppellito dalla sabbia, l’abbiamo tirato fuori, ma è ferito ad una
zampa e non riesce a camminare. Due di quelli fuggiti sono morti. Anche Lucky è
morto, il cavallo che avevamo salvato a dicembre con l’impegno di dargli una
vita migliore. Non è bastato il nome a portargli fortuna. E’ morto per una
profonda ferita al collo causata da schegge di bombe, così come il nostro
asino. Frammenti hanno colpito anche l’occhio di Sasha, uno dei cani, con gravi
conseguenze. Questo solo al rifugio. Immaginate quello che hanno subito gli
animali a Gaza. Abbiamo davvero il cuore spezzato. Abbiamo molto duro lavoro
davanti a noi, non solo per riparare il rifugio, ma anche per sostenere
psicologicamente i nostri animali, per cercare di far loro dimenticare il
terrore”.
Con queste parole Saeed Al-Err, direttore e fondatore di Sulala Society for
Animal Care (che durante l’attacco a Gaza ha cambiato il nome in Sulala Animal
Rescue), ha raccontato in un post su FB la situazione da lui trovata, il giorno
successivo al cessate il fuoco, al rifugio per cani randagi che ha creato e di
cui si occupa.
In una Gaza già stremata da un assedio che dura ormai da 14 anni, con gravi
problemi, tra gli altri, di acqua potabile e accesso a cure mediche, ci si
aspetterebbe che gli animali non siano certo tra le priorità, e che la
questione del loro benessere, incluse cure veterinarie e accesso al cibo, venga
posticipata a indeterminati “tempi migliori”.
Ma a Gaza, la speranza per gli animali esiste, e si chiama Sulala
(Sulala significa semplicemente “razza” in arabo), un team i cui volontari
mettono il cuore e l’anima nel prendersi cura dei numerosissimi cani e gatti
randagi (e non solo) della Striscia.
Il rifugio, costruito su due dunam di terreno (2.000 metri quadrati) a sud
di Gaza City, è stato istituito in collaborazione con la municipalità di Gaza,
che nel 2020 ha messo a disposizione lo spazio e fornisce le gabbie per la
cattura dei randagi. Il Ministero della Salute assicura invece le medicine e le
vaccinazioni necessarie, oltre ad avere acconsentito a un progetto pilota di
sterilizzazione che ha avuto anche parere favorevole dalle istituzioni
religiose (una fatwa ha stabilito che è meglio sterilizzare
gli animali piuttosto che consegnare una popolazione in costante crescita alla
miseria e agli abusi).
Quotidianamente il piccolo team di Sulala percorre le strade dei quartieri
residenziali in cerca di randagi, o risponde alle chiamate dei cittadini per
animali feriti o maltrattati. Durante l’appena concluso attacco di Israele, ha
cercato per quanto in suo potere di portare soccorso, cibo e acqua a tutti gli
animali in difficoltà, oltre ad appellarsi ai cittadini perché, ove possibile,
si prendessero cura dei molti cani presenti nei terreni agricoli e rimasti,
legati, senza cibo e acqua per giorni, in quanto i loro proprietari erano
impossibilitati a raggiungerli.
Tra i molti animali soccorsi, un cane che durante un bombardamento, in
preda al terrore, si è lanciato dal sesto piano di un palazzo, procurandosi
diverse fratture.
Del resto, anche in tempi di “pace”, oltre il 60% dei cani portati al
rifugio soffre di malattie o fratture agli arti. Spesso le ferite o le fratture
sono provocate da maltrattamenti e, come dice una volontaria del rifugio
durante un’intervista al giornale Al Monitor: “Non è sempre vero che i
cittadini vengono danneggiati dai cani; a volte è il contrario. Abbiamo trovato
Nancy sdraiata sul ciglio di una strada a Gaza City, con una zampa rotta dopo
essere stata picchiata dai bambini. Le abbiamo fornito cure mediche e le
abbiamo dato una casa in questo rifugio”.
Proprio per favorire una migliore convivenza tra uomini e animali, Sulala
organizza giornate informative nelle scuole, rivolte agli scolari ma anche ai
genitori, e non rifiuta il suo aiuto a nessuna specie animale.
Durante i recenti bombardamenti, molte sono state le immagini di persone,
spesso ragazzini, che aiutavano cani e gatti in difficoltà, a misura di quanto
la sensibilità verso gli animali non umani stia cambiando, e questo grazie
anche a Sulala.
Saeed Al-Err, il fondatore di Sulala, è un dipendente dell’Autorità
Palestinese in pensione, con nove figli, che si prende cura degli animali in
difficoltà sin dall’infanzia. Dopo un corso di addestramento per cani di nove
mesi in Russia, Al-Err ha lanciato Sulala nel 2006 e la maggior parte della sua
famiglia ora lavora al suo fianco nella cura degli animali.
“Non posso fare a meno di occuparmi di loro” Saeed si
racconta in un video, quando ancora non aveva fondato il rifugio e si prendeva
cura degli animali dalla sua casa.
Fino all’avvento della pandemia di coronavirus, nutriva i cani e i gatti con
gli scarti della macellazione dei numerosi allevamenti avicoli o delle
fattorie, ma a causa della chiusura dei mercati per la macellazione e la
vendita di pollame, imposte per frenare la diffusione del virus, ha dovuto
ricorrere alla scorte di cibo immagazzinate per le emergenze. Quelle stesse
scorte utilizzate, durante gli 11 giorni di bombardamenti, per sfamare tutti
gli animali che ne avevano bisogno mentre, impossibilitato a raggiungere il suo
rifugio, manteneva la speranza che qualcun altro potesse farlo.
Uno dei volontari del team è riuscito a farlo, se pure solo un paio di
volte, portando cibo e acqua.
Ma nulla ha potuto, né lui né Saeed, per salvare la vita di Lucky e degli
altri, uccisi dalle bombe israeliane.
Bombe sganciate da quello che, ovviamente senza alcuna vergogna, si
definisce surrettiziamente “l’esercito più vegan del mondo”.
Per aiutare Sulala Animal Rescue http://paypal.me/donatesulala
Fonte: Invicta Palestina
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