Buono e resistente, un'alternativa alla più blasonata, apprezzata e nota arabica, di cui ricorda il sapore, ma più tollerante ai cambiamenti climatici. Tanto che conoscerla, e tenerlo in dispensa, potrebbe aiutare a mettere (un po' più) al sicuro il futuro del caffè. È così che oggi un team di ricercatori presenta una nuova specie di pianta da caffè, Coffea stenophylla. Lo fa sulle pagine di Nature Plants contestualizzando l'importanza della scoperta di questa nuova specie. O meglio la sua riscoperta.
C. stenophylla, specie endemica di Costa d'Avorio, Sierra Leone e
Guinea, è infatti nota almeno sin dagli anni Venti del secolo scorso, ma solo
recentemente è stata riscoperta. Poco coltivata e rara in natura era finora
sfuggita, ed è arrivata all'attenzione del team di Aaron
Davis dei Kew Garden inglesi solo nel 2020, con alcuni
semi provenienti da piante selvatiche originarie della Sierra Leone e da una
coltivazione nell'isola de la Riunione originaria della Costa d'Avorio. In
quanto ad aroma e sapore Davis e colleghi hanno lasciato la parola a degli
assaggiatori, chiamati a giudicare in cieco caffè di diverse specie (la
nuova stenophylla, insieme alle vecchie arabica, una etiope e
una brasiliana, e una robusta).
In parallelo hanno condotto della analisi per descrivere le preferenze in
termini di temperatura e piovosità delle diverse specie, mettendole a
confronto. L'intento è chiaro: tra le varie minacce che incombono su tutta la
filiera del caffè - dalle problematiche umanitarie alle malattie per le piantagioni
- c'è anche lo spettro dei cambiamenti climatici. E tra le possibili opzioni
per salvaguardare l'economia e il mercato del caffè, accanto a progetti di
dislocazione delle piantagioni e adozione di nuove tecniche di coltivazione,
scrivono gli autori, non esattamente a portata di mano, c'è anche quella di
puntare su nuove varietà di piante da caffè. Sembrerebbe semplice, considerando
che se ne conoscono più di 100 specie, eppure trovare la soluzione ideale - per
l'ambiente, per i consumatori e per i coltivatori - non lo è, spiega il team di
Davis.
È per questo che la riscoperta della stenophylla appare come un'occasione
ghiotta. Dal punto di vista organolettico il responso appare positivo: in
diversi casi, pur se tra gli assaggiatori veniva spesso percepita come
"qualcosa di nuovo" poteva anche essere scambiata come arabica, e
come questa poteva vantare un profilo aromatico complesso, una dolcezza
naturale e una acidità medio-alta. Di fatto, la nuova specie, ancorché
selvatica, può ingannare l'assaggiatore, ricordando l'arabica, a dispetto della
lontananza filogenetica e dei diversi ambienti in cui crescono, puntualizzano
ancora Davis e colleghi. Ma non solo: la stenophylla cresce a temperature medie
annuali intorno ai 25°C, ben più elevate di quelle dell'arabica (intorno ai
19°), e anche i bisogni di acqua, maggiori di quelli di arabica, si mantengono
stabili a temperature più elevate, precisano gli autori. Tutto questo,
concludono, suggerisce quanto sia importante conservare specie qualitativamente
interessanti come la stenophylla, come base per sviluppare varietà capaci di
resistere ai cambiamenti climatici.
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