Come prevedibile, è stato approvato il 14 gennaio 2021 con i voti della maggioranza consiliare di centro-destra il testo finale del disegno di legge regionale n. 108 del 2020 contenente gli aumenti volumetrici nella fascia costiera, nelle aree agricole e nei centri storici frutto della bulimìa cementizia di una politica tanto miope quanto deleteria, che vuol rendere la Sardegna un miserabile contenitore di metri cubi e poco più.
Lo chiamano “piano casa”, l’ennesimo, ma non c’entra nulla con
l’autentico piano casa che negli anni
’50-’60 del secolo scorso fornì davvero una casa a milioni di Italiani dopo le
devastanti distruzioni della II guerra mondiale.
Questo è solo un piano per la speculazione edilizia.
Contrarietà alla proposta legislativa della maggioranza di centro-destra è
stata manifestata da associazioni ambientaliste, da ordini professionali, da
sindacati e organizzazioni del mondo del lavoro.
Il testo uscito dall’esame della Commissione consiliare competente,
infatti, è denso di illegittimità, non potendo la Regione autonoma della
Sardegna eludere l’obbligo di pianificazione congiunta in tutta quella fascia
costiera e nelle aree agricole tutelate con vincolo paesaggistico oggetto di
singoli provvedimenti di individuazione (art. 136 del decreto legislativo n. 42/2004 e
s.m.i.) ovvero di tutela discendente dalla legge (art. 142 del decreto
legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Basti pensare che sono una sessantina i provvedimenti individuativi di aree
costiere tutelate con vincolo paesaggistico lungo le coste sarde, andandone a
tutelare circa il 75-80%.
La giurisprudenza costituzionale in materia è
chiara e inequivocabile.
Oltre 37 mila e 500 cittadini hanno già sottoscritto la petizione per la salvaguardia
delle coste sarde, per il mantenimento dei vincoli di
inedificabilità costieri, i vincoli di inedificabilità nella fascia dei 300
metri dalla battigia marina, stabiliti dalle normative vigenti e dalla
disciplina del piano
paesaggistico regionale (P.P.R.).
Migliaia e migliaia di cittadini chiedono a gran voce una scelta di
salvaguardia ambientale, una scelta per preservare il futuro, una scelta di
civiltà.
Altro cemento sulle coste non vuol dire turismo, significa solo degrado
ambientale e perdita di attrattiva.
Eppure, oltre al pesante degrado della risorsa ambientale, che
allontanerebbe parecchi turisti, basterebbe evidenziare in proposito
il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture
alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media
italiana, ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane:
Sicilia, Puglia e Calabria).
I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del
turismo marino-balneare. Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per
non più del 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e
di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia
della Sardegna, 2017).
Non solo.
Il recente report della C.N.A., elaborato sui dati
ISTAT, indica in ben 261.120 le “abitazioni vuote”, cioè il 28,2% del
patrimonio edilizio complessivo e propone una soluzione intelligente sia
in chiave turistica che per il contrasto al consumo del suolo: “la creazione
di alberghi diffusi, alberghi residenziali e B&B, concepiti come sistema a
rete a gestione centralizzata delle prenotazioni e dei servizi accessori (dalle
pulizie, alla ristorazione, alle visite guidate, al noleggio di mezzi di
trasporto, ecc.). Si tratta un modello di offerta ricettiva di recente diffusione
in Italia ed Europa, tra l’altro riconosciuto in modo formale per la prima
volta proprio in Sardegna con una normativa specifica del 1998, la cui
particolarità consiste nell’offrire agli ospiti l’esperienza di vita in un
autentico borgo storico o in un piccolo nucleo rurale, alloggiando in case e
camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso, dove è
situata la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro e tutti gli altri
servizi che contraddistinguono l’ospitalità alberghiera”.
Il potenziale isolano è notevole e ben potrebbe rivitalizzare i tanti
borghi semi-abbandonati: “nel 2018 i 14 alberghi diffusi e gli 80 alberghi
residenziali, con una offerta complessiva di 14.278 posti letto (l’1,5% delle
strutture e il 6,5% dei posti letto), hanno infatti accolto 192.756 arrivi e
1.182.513 presenze, pari rispettivamente all’8,1% degli arrivi e l’11% delle
presenze complessivamente registrate in regione”.
In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative,
a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e
navali in regime di continuità territoriale o comunque
attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti,
continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei
beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio,
l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area
archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per
finire con la promozione di veri e propri “pacchetti
turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua,
Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di
una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che
la Sardegna non ha mai avuto.
Il testo approvato dal Consiglio regionale contiene norme, talune
anche pasticciate e confuse, che consentono enormi aumenti
volumetrici per le strutture ricettive situate oltre la fascia costiera dei 300
metri dalla battigia marina anche del 50%, variazioni di destinazione d’uso e
incrementi volumetrici nelle aree agricole, una vera e propria compravendita di
crediti volumetrici fra aziende ricettive, l’incremento degli utilizzi
abitativi dei seminterrati, che tanti lutti hanno causato nelle troppe calamità innaturali che hanno
afflitto la Sardegna a causa della cattiva gestione del territorio.
Il solo contentino della rinuncia agli incrementi
volumetrici anche nella fascia di tutela integrale dei 300 metri dalla battigia
marina è ben poca cosa, una foglia di fico.
L’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico odv porrà in essere
tutte le necessarie azioni perché la legge regionale scempia-coste
finisca davanti alla Corte costituzionale come già avvenuto per le leggi
regionali sarde concernenti la privatizzazione strisciante delle spiagge
mediante permanenza di chioschi e altre strutture balneari (la legge regionale 21 febbraio 2020,
n. 3), l’ennesima illegittima proroga del c.d. piano casa (la legge regionale 24 giugno 2020, n.
17) e riguardo l’interpretazione autentica (legge regionale 13 luglio 2020, n.
21) che consentirebbe la riscrittura del piano
paesaggistico regionale (P.P.R.) nelle sue parti fondamentali
(fascia costiera, zone agricole, beni identitari).
Abbiamo
difeso, difendiamo e difenderemo la nostra Terra,
millimetro per millimetro.
Ne stiano certi.
Gruppo d’Intervento
Giuridico odv
La petizione per la salvaguardia delle coste sarde si firma qui http://chng.it/M4Kmxy7LtJ.
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