Ancora una volta il lockdown finisce per colpire pesantemente i genitori italiani.
Il nostro calendario scolastico, a differenza da quelli europei, presenta
un’unica lunga pausa nel periodo natalizio. Si tratta di circa 15 giorni, la
sosta più lunga di tutto l’anno scolastico.
La notizia del lockdown quasi totale è arrivata a pochissimi giorni
dall’inizio di questa pausa scolastica mandando le famiglie italiane in uno
stato di fibrillazione che è molto simile a quello della primavera scorsa, quando,
improvvisamente, le scuole sono state chiuse a inizio marzo e tali sono rimaste
fino a metà settembre. La scuola, oltre al suo significato di istituzione
preposta all’apprendimento, ha un grande valore di sostegno nell’educazione dei
figli che non possono essere totalmente gestiti e seguiti dai genitori,
specialmente quando incominciano ad avere una certa età.
Dopo i primi due anni la necessità psicoevolutiva va nella direzione di
trovare per i bambini diverse opportunità rispetto al puro e semplice nido
materno. Quando queste vengono meno, si apre un vuoto davvero particolare.
Nel lockdown il peso è completamente sui genitori che, per 15 giorni,
dovrebbero essere in grado di organizzare la vita dei loro figli, pur
nell’eventualità di dover mantenere il loro lavoro e di non avere nessuna
possibilità di fare vere e proprie vacanze.
Impianti sciistici e sportivi sono chiusi, così come i centri ricreativi e
gli oratori. Ai figli non resta altro che la casa. Certo, chi ha abitazioni con
giardino può contare su spazi più adeguati – se non ci si mette il maltempo -,
ma sono situazioni abbastanza rare. L’urbanizzazione è un dato di fatto e sono
ben pochi i bambini che abitano in contesti prossemici alla natura e alla
campagna. Ancora una volta si chiede alle famiglie un sacrificio importante
senza alcun ristoro, termine che nei mesi abbiamo imparato a inserire nel
nostro vocabolario.
Fatta salva questa premessa, per i genitori resta comunque da gestire il
lungo periodo che li attende cercando di fare le mosse giuste. Con i
colleghi dello staff del CPP, seguiamo un numero importante di genitori che si
affidano alla nostra consulenza. Quello che ho riscontrato in questi
mesi è un fenomeno piuttosto significativo e preoccupante: una rabbia crescente
in bambini e ragazzi costretti fra le mura domestiche.
Per gli adolescenti, si tratta di una situazione assolutamente contro
natura, ben difficile da immaginare per un ragazzo di quell’età. Una rabbia
che porta sempre più di frequente a situazioni di pericolo. Ho seguito diversi
bambini di 8-10 anni che hanno sfasciato parti della casa, costringendo i
genitori a chiamare il servizio sanitario o altri che, lanciando oggetti, hanno
colpito la madre che è finita al Pronto Soccorso.
Negli adolescenti la situazione è decisamente critica perché la rabbia può
sfogarsi non solo verso il mobilio famigliare o gli oggetti domestici, ma anche
contro se stessi nelle forme del tagliarsi, ubriacarsi e rintronarsi
letteralmente di videogiochi.
Affrontare queste “vacanze” scolastiche per sopravvivere allo tsunami che si
scatenerà nelle famiglie italiane è quantomeno segno di previdenza.
La prima considerazione è questa: si fa quel che si può. Gli eventi non
dipendono dai genitori: risulta inutile colpevolizzarsi o attribuirsi
responsabilità di altra provenienza. A partire dai 7 anni si condivide
con i figli questa necessità per aiutare la consapevolezza che le costrizioni
non sono una decisione dei genitori.
Specie fra l’infanzia e la preadolescenza l’equivoco si può creare, il
senso della realtà è piuttosto limitato e la possibilità o la tentazione di
attribuire questi divieti ai genitori, almeno a livello inconscio, appartiene a
questa età.
La seconda indicazione riguarda i bambini fra i 3 e i 10 anni. In questa fase della
vita, si presenta un bisogno irriducibile di tipo motorio che non può essere
contenuto da prescrizioni o da un richiamo puro e semplice ai buoni
comportamenti.
È qualcosa che va oltre la volontarietà e che è necessario tutelare creando
delle occasioni dove possano correre, utilizzando i parchi gioco cittadini che
restano aperti o gli spazi a disposizione (senz’altro il cortile di casa – se
c’è – o comunque le stanze più grandi dell’abitazione). Questo permette ai
piccoli di stabilizzarsi sul piano metabolico e di scaricare endorfine che
altrimenti potrebbero provocare situazioni esplosive di rabbia e di
aggressività.
Per i ragazzi e le ragazze a partire dai 12 anni, sia in fase
preadolescenziale, ma tanto più in fase adolescenziale, cioè dai 15 anni,
l’esigenza vitale e non negoziabile è quella di evitare l’isolamento.
Ossia di staccarsi dalla famiglia e dalle modalità relazionali che le sono
tipiche per creare nuovi legami nel mondo dei compagni e degli amici.
Restare isolati è molto rischioso, come se si andasse a bloccare una fase
della vita nelle sue potenzialità e, di conseguenza, a spegnere un passaggio
che occorre necessariamente compiere. Come se un neonato passasse dalla culla
al camminare senza attraversare la fase dello strisciamento e del gattonamento.
Il gruppo dei pari rappresenta un momento di formazione adolescenziale, una
necessità imprescindibile.
Aiutarli a superare questo isolamento è importante. In parte, ci si può
servire anche dei mezzi tecnologici, ma senza che questi finiscano col
sovrastare un contatto più diretto e come sempre facendo attenzione che,
soprattutto sui social, non si creino occasioni per incontri spiacevoli,
difficili da gestire specialmente nella fase degli 11-13 anni.
Anche per i bambini giocare con i propri simili piuttosto che con il papà o
la mamma è un elemento di salute neurofisiologica e mentale. Nessun
genitore e nessun adulto può davvero sostituire i compagni nel gioco infantile.
Occorre aiutarli a coltivare qualche interesse, sia esso nell’ambito
dell’apprendimento, tipo le discipline musicali, ma anche in quello manuale
come possono essere le costruzioni e tanto più nelle attività tipicamente
casalinghe come imparare a cucinare, mettendo insieme gli ingredienti per
creare qualcosa.
Più si potranno fare esperienze pratiche e concrete, più il tempo casalingo
assumerà per i bambini una pianificazione sostenibile.
Tornando agli adolescenti, va infine ricordato ai genitori l’importanza di
una comunicazione di servizio piuttosto che di una comunicazione
richiedente e fortemente personalizzata.
“Lavati, mangia, studia, dormi” sono comandi che attivano reazioni
oppositive e respingenti. I necessari paletti possono essere solo di tipo
procedurale, per ricordare che una buona organizzazione è alla base di ogni
convivenza.
Sarà un periodo difficile, che consente comunque di capire fino in fondo la
vera natura dei figli, imparando a dosare la giusta distanza educativa età per
età.
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