La Sardegna è l’unica regione italiana priva di rete di
distribuzione del gas naturale e, senza dubbio, nel corso dei decenni
è stato un forte elemento negativo sotto il profilo economico-sociale.
Da nessun gasdotto, tramontata fortunatamente l’ipotesi di derivazione
dal progetto di
gasdotto Galsi, ora in campo vi sono
ben quattro progetti di gasdotto per l’Isola.
Che cosa sta accadendo?
A livello europeo è noto come salami slicing,
cioè la furbesca divisione di un unico progetto per attenuarne
il previsto impatto ambientale. E’ una prassi vietata, anche
secondo la costante giurisprudenza comunitaria e nazionale.
Ed è quello che sta accadendo in Sardegna in relazione
ai progetti della Società Gasdotti Italia s.p.a. e Snam
Rete Gas s.p.a. per la realizzazione della dorsale di
trasporto del gas naturale (metano) e delle relative derivazioni.
Le due società hanno furbescamente presentato istanza[1] per
avviare i rispettivi procedimenti di
valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) prima per
il tronco centro-meridionale dell’Isola (Città metropolitana
di Cagliari e Province del Sud Sardegna e di Oristano), poi per il tronco
centro-settentrionale (Province di Sassari e di Nuoro).
Prima i procedimenti di V.I.A. erano di competenza regionale, poi, in
seguito al decreto
legislativo n. 104/2017, sono divenuti di competenza nazionale,
quindi sono stati riassunti presso il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del
Territorio e del Mare.
Sarebbe, inoltre, necessario valutare gli impatti cumulativi dei
due diversi progetti, di fatto alternativi, nonostante
gli annunci di accordi finora
non formalizzati fra le società energetiche interessate.
In caso diverso, la Sardegna passerebbe da nessuna rete metanifera a ben
due reti metanifere concorrenziali.
Non solo.
Nella zona baricentrica di Oristano – S. Giusta sono stati
autorizzati tre depositi costieri(IVI Petrolifera, Higas, Edison)
per uno stoccaggio complessivo pari a 28 mila metri
cubi: anch’essi avrebbero dovuto esser sottoposti a una valutazione
degli impatti ambientali cumulativi, non svolta.
Un altro terminal con deposito costiero gnl e impianto
di rigassificazione è quello progettato dalla Isgas Energit
Multiutilies s.p.a. (22.068 metri cubi di stoccaggio, 720.000 metri cubi di
stoccaggio nel corso di un anno) nel porto canale di Cagliari,
attualmente assoggettato a procedimento di
V.I.A., un altro ancora è quello proposto dal
Consorzio Industriale Provinciale (C.I.P.) di Sassari nella zona
industriale di Porto Torres.
La stima del consumo annuo di gas naturale in
Sardegna effettuata dalla
Snam è pari a 722 milioni di metri cubi.
Emerge, quindi, come palesemente sovradimensionata la realizzazione
dei cinque depositi costieri progettati o già autorizzati (il solo
deposito costiero del porto canale di Cagliari ne movimenterebbe 720 milioni di
metri cubi all’anno).
Il disegno è quello di far diventare la Sardegna una piattaforma
di stoccaggio energetico?
Sembrerebbe di sì.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha
inviato sistematicamente (2017-2018) puntuali atti di intervento nei
quattro procedimenti di V.I.A. relativi ai rispettivi progetti di
gasdotto e per i depositi
costieri oristanesi al Servizio valutazioni
ambientali del Ministero dell’Ambiente, chiedendone la dichiarazione
di improcedibilità per la mancata valutazione integrale e
cumulativa degli impatti ambientali.
Il gas naturale è
una fonte di energia di origine fossile, come il carbone e il
petrolio, il cui utilizzo comporta l’emissione di gas serra e
di altri inquinanti atmosferici, però in misura sensibilmente
inferiore rispetto agli altri combustibili
fossili. Infatti, a parità di energia
prodotta, la combustione del gas naturale emette circa
il 75% dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dall’olio
combustibile e circa il 50% di quella prodotta
dal carbone.
Nell’attuale fase di transizione dal presente sistema
energetico mondiale imperniato sulle fonti fossili al futuro sistema basato
sulle fonti rinnovabili, il gas naturale rappresenta certo un’utile soluzione
temporanea. In tal senso, in linea teorica l’impiego del gas naturale,
in sostituzione di altre fonti fossili come derivati petroliferi e carbone,
appare senza dubbio auspicabile.
Attualmente (dati piano energetico
ambientale regionale) in Sardegna abbiamo i
seguenti dati relativi alle fonti di produzione energetica: 78%
termoelettrica, 11% eolica, 5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1%
idroelettrico. Fonte termoelettrica: 42% carbone; 49% derivati dal
petrolio; 9% biomasse. L’utilizzo del gas naturale
sarebbe conveniente sul piano ambientale ed economico, qualora integralmente
sostitutivo del carbone e dei derivati dal petrolio.
Tuttavia, oltre il 46%
dell’energia prodotta “non serve” all’Isola e viene esportato,
quando possibile, vista la limitata capacità dei due sistemi di trasporto
dell’energia (cavidotti SAPEI e SACOI) ,
complessivamente 1.400 MW.
Soprattutto, il metano arriverebbe fin troppo tardi in Sardegna,
non prima del 2025, quando ormai le fonti rinnovabili saranno
oggettivamente il pane quotidiano della produzione
energetica.
In qualche misura l’ha capito anche la Regione autonoma della
Sardegna, che, con la deliberazione Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio
2019 (linee guida per l’autorizzazione unica per gli impianti produttori di
energia da fonte rinnovabile. Art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e
s.m.i.), ha aumentato
fino al 35% la superficie delle zone
industrialidestinabile a impianti eolici e solari
fotovoltaici/termodinamici.
Ma è l’intera politica industriale regionale a esser
coinvolta, visto che sono le grandi industrie energivore il
primo (di gran lunga) consumatore di energia della
Sardegna: la follìa ambientale, sanitaria, energetica è
rappresentata dalla volontà ottusa di far ripartire il ciclo di
produzione primaria dell’alluminio a Portoscuso,
rientrante nel sito di interesse nazionale (S.I.N.)
per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001).
Da alcuni anni è in corso il procedimento di
valutazione di impatto ambientale (V.I.A.)relativo al “Progetto
di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune
di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)” da parte della Eurallumina
s.p.a. Si tratta della terza variante del progetto, dopo
le prime due del
2015: l’attuale versione del progetto non prevede più una nuova
centrale a carbone, ma un vaporodotto in
collegamento con l’esistente centrale elettrica ENEL.
Anche in questo caso l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento
Giuridico onlus ha inviato sistematicamente atti
di intervento nel procedimento di V.I.A., formalizzando,
fra l’altro, una proposta alternativa fin dal maggio 2016 presentata
pubblicamente, ma colpevolmente snobbata da anni da amministrazioni pubbliche,
aziende, sindacati: sarebbe quantomeno da verificare concretamente la
possibilità della trasformazione del polo dell’alluminio primario di
Portoscuso in polo
dell’alluminio riciclato, che permetterebbe la salvaguardia dei
posti di lavoro, infinitamente minori consumi energetici e, soprattutto,
infinitamente minori impatti ambientali e sanitari.
L’alluminio, infatti, è materiale completamente riciclabile e
riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre
differenti.
L’Italia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per
la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il
Giappone.
Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel
resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le
stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato
nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi
imballaggi.
La raccolta differenziata, il riciclo e recupero dell’alluminio apportano
numerosi benefici alla Collettività in termini economici perché il
riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per
l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime, in termini
energetici, perchè permette di risparmiare il 95% dell’energia
necessaria a produrlo dalla materia prima[2],
nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le
emissioni inquinanti e necessità di molte meno risorse
naturali.
Nel 2016 in Italia sono state recuperate ben 48.700
tonnellate di alluminio, il 73,2% delle 66.500 tonnellate immesse nel mercato
nello stesso anno: così sono state evitate emissioni inquinanti pari a 369 mila
tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 159 mila tonnellate
equivalenti petrolio (dati Consorzio
Italiano Imballaggi Alluminio – CIAL, 2017).
La totalità dell’alluminio attualmente prodotto in Italia proviene dal
riciclo.
I trend confermano l’Italia al primo posto in
Europa con oltre 927 mila tonnellate di rottami riciclati (considerando
non soltanto gli imballaggi).
Oggi nel nostro Paese
operano dodici fonderie che trattano rottami di alluminio
riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 808 mila tonnellate di
alluminio secondario (2015), un fatturato complessivo di oltre 1,87 miliardi di
euro e circa 1.600 lavoratori occupati nel settore.
Se la Sardegna abbandonasse una volta per tutte gli incubi
industriali da obsoleto kombinatsovietico, ne avremmo
vantaggi ambientali, sanitari ed energetici per tutti, compresi quei 200 operai che
da nove anni battono i caschetti per terra, i quali potrebbero tornare
finalmente a lavorare senza avvelenare i propri figli.
Di altri scempi ambientali non se ne sente proprio il bisogno.
Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
[1] Attualmente
sul sito web istituzionale delle “Valutazioni Ambientali” del Ministero
dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (http://www.va.minambiente.it/it-IT)
sono stati pubblicizzati i seguenti procedimenti di valutazione di impatto
ambientale in corso:
* progetto “Sistemi di trasporto gas naturale Centro Sud
Sardegna” presentato da Gasdotti Italia s.p.a.,
attualmente in sede di verifica amministrativa (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1695);
* progetto “Sistemi di trasporto gas naturale Centro Nord
Sardegna” presentato da Gasdotti Italia s.p.a.,
attualmente in sede di verifica amministrativa (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1696);
* progetto “Metanizzazione Sardegna – tratto Nord” presentato dalla Snam
Rete Gas s.p.a., attualmente in sede di istruttoria tecnica da parte della
Commissione tecnica VIA/VAS (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1677);
* progetto “Metanizzazione Sardegna – tratto Sud” presentato dalla Snam
Rete Gas s.p.a., attualmente in sede di istruttoria tecnica da parte della
Commissione tecnica VIA/VAS (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1694).
[2] la
produzione di un kg. di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico (0,7
kwh) che equivale solo al 5% di quello di un kg. di metallo prodotto a partire
dal minerale (14 kwh).
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