martedì 5 febbraio 2019

Il metano in Sardegna arriverebbe fin troppo tardi - Grig



La Sardegna è l’unica regione italiana priva di rete di distribuzione del gas naturale e, senza dubbio, nel corso dei decenni è stato un forte elemento negativo sotto il profilo economico-sociale.
Da nessun gasdotto, tramontata fortunatamente l’ipotesi di derivazione dal progetto di gasdotto Galsi, ora in campo vi sono ben quattro progetti di gasdotto per l’Isola.
Che cosa sta accadendo?
A livello europeo è noto come salami slicing, cioè la furbesca divisione di un unico progetto per attenuarne il previsto impatto ambientale.    E’ una prassi vietata, anche secondo la costante giurisprudenza comunitaria e nazionale.
Ed è quello che sta accadendo in Sardegna in relazione ai progetti della Società Gasdotti Italia s.p.a. Snam Rete Gas s.p.a. per la realizzazione della dorsale di trasporto del gas naturale (metano) e delle relative derivazioni.
Le due società hanno furbescamente presentato istanza[1] per avviare i rispettivi procedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) prima per il tronco centro-meridionale dell’Isola (Città metropolitana di Cagliari e Province del Sud Sardegna e di Oristano), poi per il tronco centro-settentrionale (Province di Sassari e di Nuoro).
Prima i procedimenti di V.I.A. erano di competenza regionale, poi, in seguito al decreto legislativo n. 104/2017, sono divenuti di competenza nazionale, quindi sono stati riassunti presso il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare.
Sarebbe, inoltre, necessario valutare gli impatti cumulativi dei due diversi progetti, di fatto alternativi, nonostante gli annunci di accordi finora non formalizzati fra le società energetiche interessate.
In caso diverso, la Sardegna passerebbe da nessuna rete metanifera a ben due reti metanifere concorrenziali.
Non solo.
Nella zona baricentrica di Oristano – S. Giusta sono stati autorizzati tre depositi costieri(IVI Petrolifera, Higas, Edison) per uno stoccaggio complessivo pari a 28 mila metri cubi: anch’essi avrebbero dovuto esser sottoposti a una valutazione degli impatti ambientali cumulativi, non svolta.  
Un altro terminal con deposito costiero gnl e impianto di rigassificazione è quello progettato dalla Isgas Energit Multiutilies s.p.a. (22.068 metri cubi di stoccaggio, 720.000 metri cubi di stoccaggio nel corso di un anno) nel porto canale di Cagliari, attualmente assoggettato a procedimento di V.I.A., un altro ancora è quello proposto dal Consorzio Industriale Provinciale (C.I.P.) di Sassari nella zona industriale di Porto Torres.
La stima del consumo annuo di gas naturale in Sardegna effettuata dalla Snam è pari a 722 milioni di metri cubi.
Emerge, quindi, come palesemente sovradimensionata la realizzazione dei cinque depositi costieri progettati o già autorizzati (il solo deposito costiero del porto canale di Cagliari ne movimenterebbe 720 milioni di metri cubi all’anno).
Il disegno è quello di far diventare la Sardegna una piattaforma di stoccaggio energetico?
Sembrerebbe di sì.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inviato sistematicamente (2017-2018) puntuali atti di intervento nei quattro procedimenti di V.I.A. relativi ai rispettivi progetti di gasdotto e per i depositi costieri oristanesi al Servizio valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente, chiedendone la dichiarazione di improcedibilità per la mancata valutazione integrale e cumulativa degli impatti ambientali.
Il gas naturale è una fonte di energia di origine fossile, come il carbone e il petrolio, il cui utilizzo comporta l’emissione di gas serra e di altri inquinanti atmosferici, però in misura sensibilmente inferiore rispetto agli altri combustibili fossili.        Infatti, a parità di energia prodotta, la combustione del gas naturale emette circa il 75% dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dall’olio combustibile e circa il 50% di quella prodotta dal carbone.  
Nell’attuale fase di transizione dal presente sistema energetico mondiale imperniato sulle fonti fossili al futuro sistema basato sulle fonti rinnovabili, il gas naturale rappresenta certo un’utile soluzione temporanea. In tal senso, in linea teorica l’impiego del gas naturale, in sostituzione di altre fonti fossili come derivati petroliferi e carbone, appare senza dubbio auspicabile.
Attualmente (dati piano energetico ambientale regionale) in Sardegna abbiamo i seguenti dati relativi alle fonti di produzione energetica: 78% termoelettrica, 11% eolica, 5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1% idroelettrico.  Fonte termoelettrica: 42% carbone; 49% derivati dal petrolio; 9% biomasse.    L’utilizzo del gas naturale sarebbe conveniente sul piano ambientale ed economico, qualora integralmente sostitutivo del carbone e dei derivati dal petrolio
Tuttavia, oltre il 46% dell’energia prodotta “non serve” all’Isola e viene esportato, quando possibile, vista la limitata capacità dei due sistemi di trasporto dell’energia (cavidotti SAPEI e SACOI) , complessivamente 1.400 MW.  
Soprattutto, il metano arriverebbe fin troppo tardi in Sardegna, non prima del 2025, quando ormai le fonti rinnovabili saranno oggettivamente il pane quotidiano della produzione energetica.
In qualche misura l’ha capito anche la Regione autonoma della Sardegna, che, con la deliberazione Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2019 (linee guida per l’autorizzazione unica per gli impianti produttori di energia da fonte rinnovabile. Art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e s.m.i.), ha aumentato fino al 35% la superficie delle zone industrialidestinabile a impianti eolici e solari fotovoltaici/termodinamici.
Ma è l’intera politica industriale regionale a esser coinvolta, visto che sono le grandi industrie energivore il primo (di gran lunga) consumatore di energia della Sardegna: la follìa ambientale, sanitaria, energetica è rappresentata dalla volontà ottusa di far ripartire il ciclo di produzione primaria dell’alluminio a Portoscuso, rientrante nel sito di interesse nazionale (S.I.N.) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001).       
Da alcuni anni è in corso il procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.)relativo al “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)” da parte della Eurallumina s.p.a.   Si tratta della terza variante del progetto, dopo le prime due del 2015: l’attuale versione del progetto non prevede più una nuova centrale a carbone, ma un vaporodotto in collegamento con l’esistente centrale elettrica ENEL.
Anche in questo caso l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inviato sistematicamente atti di intervento nel procedimento di V.I.A., formalizzando, fra l’altro, una proposta alternativa fin dal maggio 2016 presentata pubblicamente, ma colpevolmente snobbata da anni da amministrazioni pubbliche, aziende, sindacati: sarebbe quantomeno da verificare concretamente la possibilità della trasformazione del polo dell’alluminio primario di Portoscuso in polo dell’alluminio riciclato, che permetterebbe la salvaguardia dei posti di lavoro, infinitamente minori consumi energetici e, soprattutto, infinitamente minori impatti ambientali e sanitari.
L’alluminio, infatti, è materiale completamente riciclabile e riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre differenti.                       L’Italia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il Giappone.
Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi.
La raccolta differenziata, il riciclo e recupero dell’alluminio apportano numerosi benefici alla Collettività in termini economici perché il riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime, in termini energetici, perchè permette di risparmiare il 95% dell’energia necessaria a produrlo dalla materia prima[2], nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le emissioni inquinanti e necessità di molte meno risorse naturali.
Nel 2016 in Italia sono state recuperate ben 48.700 tonnellate di alluminio, il 73,2% delle 66.500 tonnellate immesse nel mercato nello stesso anno: così sono state evitate emissioni inquinanti pari a 369 mila tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 159 mila tonnellate equivalenti petrolio (dati Consorzio Italiano Imballaggi Alluminio – CIAL, 2017).    
La totalità dell’alluminio attualmente prodotto in Italia proviene dal riciclo.
trend confermano l’Italia al primo posto in Europa con oltre 927 mila tonnellate di rottami riciclati (considerando non soltanto gli imballaggi). 
Oggi nel nostro Paese operano dodici fonderie che trattano rottami di alluminio riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 808 mila tonnellate di alluminio secondario (2015), un fatturato complessivo di oltre 1,87 miliardi di euro e circa 1.600 lavoratori occupati nel settore.      
Se la Sardegna abbandonasse una volta per tutte gli incubi industriali da obsoleto kombinatsovietico, ne avremmo vantaggi ambientali, sanitari ed energetici per tutti, compresi quei 200 operai che da nove anni battono i caschetti per terra, i quali potrebbero tornare finalmente a lavorare senza avvelenare i propri figli.
Di altri scempi ambientali non se ne sente proprio il bisogno.
Stefano DeliperiGruppo d’Intervento Giuridico onlus
[1] Attualmente sul sito web istituzionale delle “Valutazioni Ambientali” del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (http://www.va.minambiente.it/it-IT) sono stati pubblicizzati i seguenti procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso:
progetto “Sistemi di trasporto gas naturale Centro Sud Sardegna” presentato da Gasdotti Italia s.p.a., attualmente in sede di verifica amministrativa (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1695);
progetto “Sistemi di trasporto gas naturale Centro Nord Sardegna” presentato da Gasdotti Italia s.p.a., attualmente in sede di verifica amministrativa (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1696);
* progetto “Metanizzazione Sardegna – tratto Nord” presentato dalla Snam Rete Gas s.p.a., attualmente in sede di istruttoria tecnica da parte della Commissione tecnica VIA/VAS (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1677);
* progetto “Metanizzazione Sardegna – tratto Sud” presentato dalla Snam Rete Gas s.p.a., attualmente in sede di istruttoria tecnica da parte della Commissione tecnica VIA/VAS (http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1694).
[2] la produzione di un kg. di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico (0,7 kwh) che equivale solo al 5% di quello di un kg. di metallo prodotto a partire dal minerale (14 kwh).

(anche su Il Manifesto Sardon. 2771 febbraio 2019)


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