Lo studio di attribuzione del Politecnico di Zurigo rivela: ciascuno dei principali emettitori ha reso 10mila volte più probabili circa 50 eventi estremi legati al caldo
Le emissioni di 180 specifiche aziende produttrici
di combustibili fossili e cemento “hanno contribuito
in modo sostanziale” al cambiamento climatico che, a sua volta
“ha reso più probabili e più intense 213 grandi ondate di calore tra
il 2000 e il 2023”. Lo sostiene uno studio di attribuzione pubblicato sulla
rivista scientifica Nature e condotto dai ricercatori
climatici del Politecnico Federale di Zurigo. Per la prima volta le
emissioni di carbonio delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, statali
e private, sono state direttamente collegate a decine di ondate di calore
mortali. Quattordici aziende si distinguono: hanno dato lo stesso contributo al
cambiamento climatico delle restanti 166 organizzazioni messe insieme: sono
Former Soviet Union, la People’s Republic of China for coal, Saudi
Aramco, Gazprom, ExxonMobil, Chevron,
National Iranian Oil Company, BP, Shell, India for coal, Pemex, CHN
Energy, People’s Republic of China for cement. Secondo lo studio, anche il
colosso italiano Eni ha avuto un ruolo, trovandosi al 34° posto (su 180
compagnie) in termini di contributo al riscaldamento globale.
“Sebbene i 14 maggiori produttori di carbonio abbiano contribuito maggiormente
al verificarsi di ondate di calore, anche i contributi dei soggetti più piccoli
svolgono un ruolo significativo”, afferma Yann Quilcaille dell’Istituto
per le scienze atmosferiche e climatiche del Politecnico di Zurigo,
principale autore dello studio condotto insieme al team della climatologa Sonia
Isabelle Seneviratne. Per molti osservatori studi di attribuzione come
questo rappresentano un passo fondamentale nelle battaglie legali intraprese in
tutto il mondo contro Stati e aziende dell’oil&gas.
Come le aziende hanno contribuito alle ondate di
calore – Quasi 500mila persone sono morte a
causa del caldo tra il 2000 e il 2019 e molti di questi decessi possono essere direttamente
attribuiti al cambiamento climatico. “Per ogni ondata di calore, calcoliamo
come il cambiamento climatico ne abbia influenzato l’intensità e la probabilità
– spiega Quilcaille – e identifichiamo sia l’impatto di ogni
singola azienda sia gli effetti combinati di altri fattori umani e naturali”.
Finora, infatti, gli scienziati che studiano gli eventi meteorologici estremi
hanno analizzato principalmente un evento alla volta, con una quantificazione
limitata dei contributi dei singoli attori come nazioni o aziende. La ricerca
arriva alla conclusione che il riscaldamento globale ha reso le ondate
di calore 20 volte più probabili tra il 2000 e il 2009 e fino
a 200 volte più probabili tra il 2010 e il 2019, rispetto al periodo tra il
1850 e il 1900. Il team ha poi eseguito modelli climatici per evidenziare
l’effetto dei singoli attori sulla temperatura media globale. Il contributo
individuale di ciascuno dei 14 principali attori è sufficiente a causare oltre
50 ondate di calore che sarebbero state quasi impossibili senza il cambiamento
climatico. In pratica, ha reso questo numero ondate di calore almeno 10mila
volte più probabili. Tra gli eventi analizzati in Italia, anche le ondate di
calore che si sono verificate tra luglio e agosto 2003 (quando si stima persero
la vita più di 20mila persone), nel mese di agosto del 2011 e del 2018 e a
giugno 2019.
Gli studi di attribuzione –
Con questo studio, il team di ricerca mirava a colmare una lacuna nelle
conoscenze scientifiche, utilizzando studi di attribuzione per
coprire una gamma più ampia di eventi estremi e collegarli ad attori specifici.
“Gli studi precedenti hanno esaminato principalmente le emissioni di persone e
paesi. Questa volta, ci concentriamo sui grandi emettitori di carbonio”
spiega Quilcaille. Lo studio arriva in un momento cruciale per le
questioni di politica climatica e di responsabilità delle aziende. A luglio
scorso, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja, la più alta
corte delle Nazioni Unite, ha stabilito che “i trattati sul cambiamento
climatico stabiliscono obblighi rigorosi e non rispettarli può costituire una violazione
del diritto internazionale”. “La scienza
dell’attribuzione ha trasformato la nostra comprensione degli impatti
climatici, mostrando come il riscaldamento globale alteri la probabilità e
l’intensità di fenomeni meteorologici estremi” commenta Davide Faranda,
direttore di ricerca al Centro Nazionale Francese per la Ricerca Scientifica e
fondatore di Climameter, secondo cui “lo studio aggiunge un nuovo
passo fondamentale, collegando i punti tra specifici disastri climatici e le
aziende. Questo ponte potrebbe diventare una pietra miliare per le azioni
legali e politiche volte a responsabilizzare gli inquinatori”.
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