La
Commissione europea accelera sull’accordo Eu-Mercosur, che punta
a incrementare gli scambi tra l’Ue e il blocco dell’America Latina
composto da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. L’esecutivo Ue ha
mostrato grande soddisfazione per il risultato raggiunto.
L’Alta
rappresentante Kaja Kallas e il commissario al Commercio,Maroš
Šefčovič, presentando alla stampa i documenti, hanno enfatizzato la
geopolitica degli accordi: “L’Europa sta rafforzando le sue alleanze
strategiche e ne sta stringendo di nuove”, con l’obiettivo di
“rafforzare i partenariati globali dell’Ue”.
Peccato che,
come al solito, la Commissione professa una cosa ma ne fa un’altra.
L’accordo, infatti, con un vero sfregio alle procedure ordinarie, è stato
diviso in due testi. L’accordo di cooperazione, che contiene la cornice
politica del partenariato, affronterà l’iter ordinario di ratifica dei trattati
commerciali: dopo il voto in Consiglio dei governi europei, il voto
del Parlamento europeo e poi la ratifica dei Parlamenti nazionali.
La
liberalizzazione commerciale, svincolata da ogni senso più generale, viene
invece affidata ad un accordo ad interim cui non può essere opposto
veto in Consiglio europeo, e che diventa legge con una maggioranza semplice del
Parlamento Ue, tagliando fuori i livelli nazionali.
Un vero e
proprio schiaffo su un testo che sottopone a un grosso rischio un mercato
comune già molto provato, per ragioni geopolitiche abbastanza indeterminate:
l’Argentina, infatti, è legata a doppio filo all’amministrazione Trump e
l’economia brasiliana alla Cina, principale acquirente estero delle sue merci,
mentre Uruguay e Paraguay sono Paesi poco significativi per eventuali
alleanze strategiche.
C’è chi
sostiene che, per l’Italia, esportare verso Argentina e Brasile potrebbe
compensare i flussi in uscita ostacolati dai nuovi dazi di
Trump. Significa paragonare la possibilità di acquisto di un mercato
statunitense da 340 milioni di abitanti con reddito medio di 62mila
dollari l’anno, con un Mercosur da circa 270 milioni di abitanti con reddito
medio che non supera in Argentina i 6mila dollari l’anno, e in Brasile non
raggiunge gli 8mila.
La
Commissione Ue, secondo alcuni giuristi, ai sensi dei Trattati costitutivi,
avrebbe dovuto chiedere parere alla Corte europea di Giustizia prima di
procedere allo scorporo del capitolo commerciale dalla cornice politica che lo
motiva.
Altri studiosi
la ritengono comunque incompatibile con l’obbligo di leale cooperazione tra i
diversi livelli dell’Unione, ai quali non è possibile sottrarre il voto sul
complesso della misura con un semplice artificio procedurale.
La
Commissione europea, d’altronde, non è nuova all’omissione di atti dovuti:
prima della conclusione dei negoziati avrebbe dovuto presentare una
‘Valutazione di impatto’ indipendente su economia, occupazione e ambiente
europeo con dati aggiornati, come confermato dal Garante europeo nel 2020 e nel
2023, ma non l’ha mai fatto.
Analisi
indipendenti di associazioni e sindacati delle due parti, Cgil e sindacati
europei in testa, prevedono una deforestazione esiziale dell’area amazzonica,
l’acuirsi delle violazioni dei diritti umani e sugli indigeni con l’espansione
delle esportazioni agricole e minerarie, una perdita significativa di posti di
lavoro in ambito industriale, come pure in molti settori europei
dell’agroalimentare.
Il trattato
vuole anche accelerare le procedure doganali, indebolendo i controlli di
sicurezza e conformità nelle merci scambiate, e scaricando il rischio sui
sistemi di controllo nazionali e i consumatori.
La
cosiddetta ‘procedura di salvaguardia’ che la Commissione ha presentato ai
governi francese, polacco e italiano come risolutoria per tutelare i propri
agricoltori e produttori, è, in realtà, una paginetta di impegni unilaterali,
esterna al trattato quindi non vincolante.
La
Commissione promette controlli regolari, che già dovrebbe condurre, e
interventi già previsti dai meccanismi antidumping in vigore. Quanto alle
eventuali compensazioni, non ci sono risorse dedicate ma si rinvia al fondo che
rimedia a tutti gli incerti della globalizzazione. Un salto nel vuoto,
considerando che la prevista riduzione dei fondi della Pac, Politica
agricola comune, già scaricherà sugli Stati l’assistenza diretta agli
agricoltori, che costituisce dal 30% al 60% del loro attuale reddito.
Secondo la
Confederazione europea dei sindacati, Ces, “così com’è, l’accordo
aprirebbe alle aziende europee la strada per investire in Paesi caratterizzati
da condizioni di lavoro pericolose e dallo sfruttamento delle popolazioni
indigene.
Per come è
ora, l’accordo è una fonte di concorrenza sleale che avrà conseguenze negative
su mezzi di sussistenza, salari, condizioni di lavoro e occupazione dei
lavoratori nei settori chiave dell’economia dell’Ue.
L’accordo
– conclude la Ces – è inadeguato per quanto riguarda il processo
democratico e la legittimità, il suo impatto sull’economia e sull’occupazione
in Europa, la sostenibilità e la diversificazione del commercio”. Una presa di
posizione netta, che ora spetta al Parlamento europeo tradurre in voto.
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