sabato 6 settembre 2025

Internet e sovranità: la Bolivia dice no a Musk e Starlink - Paolo Laforgia

  

In un continente in cui le connessioni digitali sono spesso fragili e diseguali, la Bolivia rappresenta un caso anomalo. Mentre gran parte del Sud America accoglie con entusiasmo Starlink — il sistema di internet satellitare di Elon Musk — la nazione andina ha deciso di tenere le distanze.

Una scelta sorprendente, soprattutto per un Paese dove oltre il 40% della popolazione vive senza una connessione fissa a banda larga, e dove intere comunità montane restano tagliate fuori dalla rete. Il motivo? La Bolivia teme che la tecnologia portata dallo spazio possa costare troppo, non in termini economici, ma di sovranità.

Il dilemma boliviano: connessi, ma a che prezzo
Starlink ha già trasformato l’accesso a Internet in molte aree remote dell’Amazzonia, nelle Ande, nel Cerrado brasiliano. Ma in Bolivia la porta è rimasta chiusa. Il governo ha rifiutato la licenza operativa alla società americana, preferendo continuare a utilizzare il proprio satellite, lanciato nel 2013 grazie a una collaborazione con la Cina. Una tecnologia ormai datata, con capacità ridotte e una vita operativa che terminerà, forse, nel 2028.

Il punto, secondo l’Agenzia Spaziale Boliviana, non è solo tecnico. “Ogni azienda che entra nel nostro mercato prende una parte della torta. E quella torta oggi è nostra”, ha dichiarato Iván Zambrana, direttore dell’agenzia. Per le autorità, il timore è che l’arrivo di Starlink possa innescare una concorrenza insostenibile per i fornitori locali, mettendo il controllo delle telecomunicazioni boliviane nelle mani di un colosso straniero già oggetto di controversie in altri Paesi.

Una scelta geopolitica
La posizione boliviana riflette un crescente scetticismo globale verso Musk. La sua influenza — sia economica sia politica — è al centro di un dibattito che attraversa il mondo. In Brasile, ad esempio, Starlink ha ottenuto rapidamente una vasta base di utenti, ma le autorità hanno avviato collaborazioni alternative con fornitori cinesi dopo che la piattaforma X (di proprietà di Musk) ha rifiutato di rispettare ordini della Corte Suprema.

In Bolivia, intanto, si guarda con interesse a SpaceSail, un nuovo player cinese che punta a lanciare una costellazione di oltre 15.000 satelliti nei prossimi anni. Una risposta orientata non solo alla tecnologia, ma a un modello diverso di relazioni internazionali, in cui la cooperazione con Pechino è vista come più rispettosa delle regole locali.

La realtà sul terreno: studenti offline, hotel illegali, walkie-talkie
Ma al di là delle scelte geopolitiche, la vita quotidiana in Bolivia è segnata da connessioni fragili. A Quetena Chico, cittadina di mille abitanti nella regione sud, il preside Adrián Valencia è costretto a guidare sei ore per caricare i video delle sue lezioni. Gli studenti seguono con fatica e in ritardo, ostacolati da una rete debole, lenta, spesso assente.

Nelle regioni amazzoniche, i ricercatori comunicano ancora via walkie-talkie. Alcuni hotel nelle zone di confine hanno contrabbandato router Starlink dal vicino Cile. Ma dopo pochi mesi, la connessione viene interrotta: il sistema riconosce la posizione illegale e disattiva il servizio.

“Abbiamo un satellite nello spazio, ma non un modo per connetterci”, dice la geografa Patricia Llanos, che lavora in zone isolate della Bolivia. La frase suona come una metafora precisa di un Paese sospeso tra l’ambizione di proteggere la propria autonomia e l’urgenza di offrire ai cittadini strumenti di base per istruirsi, lavorare, partecipare.

Una scelta reversibile?
La mappa di copertura futura pubblicata da Starlink indica la Bolivia come “in arrivo nel 2025”. E mentre il dibattito politico prosegue, alcuni legislatori boliviani stanno riaprendo la discussione: vale ancora la pena dire no?

La risposta non sarà semplice. Da un lato, c’è il fascino di una tecnologia che promette connessione ovunque. Dall’altro, la consapevolezza che internet oggi non è solo un’infrastruttura tecnica, ma una leva di potere, influenza e persino pressione politica.

Per la Bolivia, il problema non è tanto connettersi o no, ma a chi affidare la chiave di quella connessione.

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