Dopo il ritorno definitivo dal Niger e quattordici anni di permanenza
nel Sahel maltrattato da gruppi armati che usano la morte e il
terrore come strategia. Dopo che le frontiere che si armano da troppe parti e i
muri spuntano dappertutto al quotidiano. Dopo i morti migranti di chi cerca un
altro mondo nel mondo. Dopo che le armi e le guerre che le utilizzano per
perfezionarle sembra ormai la diplomazia tra Paesi con interessi divergenti.
Dopo che gli imperi tornano a mostrare con arroganza il volto cinico del potere
che non avevano mai abbandonato. Dopo che le illusioni del progresso illimitato
e della globalizzazione felice sono state realizzate. Dopo che la giustizia
sociale appare tradita e venduta per alcune denari di “coesione sociale”. Dopo
che le grandi narrazioni della storia hanno lasciato il posto alla cronaca del
quotidiano. Dopo i colpi di stato militari che tutto promettono di rifondare
perché nulla cambi. Dopo tutto ciò ci si dovrebbe domandare che fare
con ciò che resta del mondo.
Dopo l’ipocrisia del diritto internazionale con applicazione variabile.
Dopo la democrazia esportata di forza e mistificata alla sorgente dalla sete di
potere e del denaro. Dopo aver mutilato il mistero della persona umana alla
sola dimensione del commercio e del consumo. Dopo aver continuato a scavare il
fosso che separa i mondi tra chi può viaggiare liberamente e chi è destinato a
scomparire tra i superflui. Dopo aver dichiarato e subito dopo confiscato
l’affermazione che tutte le persone nascono uguali in dignità e possibilità.
Dopo avere lottato per anni le conquiste del lavoro e vederle diluirsi nello
sfruttamento programmato dell’esclusione a partire dalla nascita. Dopo le
ideologie che hanno ingabbiato la realtà falsificandone i contorni e la portata
sovversiva. Dopo aver creduto alla redenzione attraverso la violenza
sacrificale degli innocenti. Dopo avere mentito per anni sul senso della storia
per ritrovarsi in una storia senza senso. Che fare con ciò che resta del mondo.
Dopo l’epoca coloniale quella imperiale e infine quella del nulla o
nichilista. Dopo che la merce e il mercato diventano tutto e tutto diventa
mercanzia, compreso il corpo umano. Dopo che le parole sono state, svilite,
svuotate, offese, manipolate e travisate da impostori. Dopo che si è
banalizzata la violenza. Dopo che il confine tra vero e falso è reso
negoziabile a seconda degli interessi. Dopo che la giustizia si è gradualmente
trasformata in carità poi diventata appannaggio dell’ambiguità umanitaria. Dopo
che i ricchi e i potenti hanno confezionato il mondo a loro immagine e
somiglianza. Dopo che le religioni affiancano il potere per garantirne la
durata e la stabilità. Dopo che le informazioni sono gestite da mestieranti e
mercenari al soldo del dittatore di turno. Dopo che si confonde la pace con la
dominazione della menzogna. Dopo che sembra impossibile credere ancora
che un altro mondo è possibile. Che fare con ciò che resta del mondo.
Ricucire, ripulire, rinnovare, ricreare e ridare statuto e dignità alle
parole. Rigenerale la politica e rimetterla davanti e prima delle scelte
dell’economia. Ripristinare il senso della democrazia sostanziale a partire dai
dimenticati, emarginati e traditi. Riscrivere la storia con e degli
umiliati, impoveriti, abbandonati e svenduti del sistema. Riprendere
ad ascoltare il silenzio perduto nel dolore delle madri e dei padri. Ridare
spazio ai sogni e alle visioni dei giovani, soli a immaginare un mondo che
ancora non si intravvede. Riconciliare l’utopia del disarmo senza sfilate
militari, fabbriche di armi e testate nucleari. Rieducarsi a cancellare
dal lessico ogni traccia di nazionalismo armato perché escludente
dell’altro. Risuscitare la verità sepolta nelle lacrime degli esiliati
quando troveranno una dimora. Riparare i ponti abbandonati e distrutti
dall’indifferenza. Rifare quel che resta del mondo per affidare al vento, ogni
mattina, le poesie dei bambini.
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