Nelle prossime ore si terrà, presso il
Tribunale della città marchigiana, il primo incontro della procedura di
mediazione. Se non andrà a buon fine, partirà il processo per diffamazione. .
Le ong: "Davide contro Golia. È una slapp"
Davide contro Golia. La Fox Petroli spa chiede 2
milioni di euro a due attivisti di Pesaro, accusati di diffamazione e
di mettere in atto una “quotidiana campagna denigratoria e persecutoria” verso
la società. Tutto nell’ambito di una battaglia contro il progetto per la riqualificazione
del deposito di stoccaggio di prodotti petroliferi liquidi e la
realizzazione di un impianto di liquefazione di gas metano in
rete, nel quartiere della Torraccia. Ma la vicenda cattura
l’attenzione di diverse organizzazioni internazionali che ritengono la causa
civile intentata un caso di slapp (strategic lawsuit against
public participation), le cause temerarie intentate per bloccare gli attivisti
e contro cui esiste una direttiva Ue che l’Italia recepirà nel
2026. E la vicenda è all’esame anche dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Diritti Umani. Nell’atto di citazione, di fatto, la Fox
Petroli riporta le dichiarazioni contenute in un comunicato diffuso
dalla stampa, ma anche quelle riportate nell’esposto inviato dai
due attivisti Roberto Malini, co-presidente di EveryOne Group
e Lisetta Sperindei, ex consigliera comunale e dal comitato ‘Pesaro: no Gnl’ alla Procura, ai
ministeri dell’Ambiente e della Salute e ad altre istituzioni competenti locali
e nazioni.
Il tentativo di mediazione – L’esposto è solo una delle
azioni intraprese per fermare il progetto e chiedere l’esecuzione di nuove
analisi per verificare eventuali danni ambientali. Nelle prossime ore si terrà,
presso il Tribunale di Pesaro, il primo incontro della procedura
di mediazione avviata dalla società Fox Petroli, strumento previsto
dalla legge come tentativo obbligatorio e preliminare rispetto all’apertura di
un eventuale processo. Se questo dovesse fallire, una prima udienza si terrà il
prossimo 22 dicembre.
Il ricorso presentato dagli attivisti – Nella loro denuncia, presentata
a maggio 2025, gli attivisti hanno segnalato “una situazione di grave
rischio ambientale e sanitario” presso il sito Fox Petroli di Pesaro, area
da decenni sede di attività industriali legate alla lavorazione e allo
stoccaggio di idrocarburi nonostante la vicinanza a una zona ad alta densità
abitativa. Nel ricorso si parla di “uno stato di degrado”, concetto
ribadito anche nel comunicato stampa ed “evidenti problematiche di
contaminazione, sia del suolo che delle falde acquifere”, facendo riferimento a
“studi preliminari e segnalazioni della cittadinanza” che “indicano la presenza
di contaminanti nel terreno e nelle acque sotterranee”. Secondo i ricorrenti
il progetto di impianto di liquefazione GNL, se realizzato,
“aggraverà ulteriormente” la situazione. E si chiede si “avviare un’indagine
ambientale urgente per analizzare il suolo e le falde acquifere del
sito”.
La reazione della Fox Petroli – “Indagini, nel frattempo, sono
state disposte dalla Procura, mentre il Comitato tecnico regionale dei vigili
del fuoco ha espresso parere negativo vincolante sul progetto, determinando la
decadenza automatica della Valutazione di impatto ambientale positiva
precedentemente rilasciata alla società” racconta a ilfattoquotidiano.it lo
stesso Malini. Così, il 14 maggio scorso, gli avvocati della
società Fox Petrol S.p.A. hanno presentato al Comune di Pesaro una richiesta
formale di accesso agli atti amministrativi, per ottenere copia
dell’esposto trasmesso alla Procura dagli attivisti. “L’esposto era stato
inviato anche per conoscenza all’Ufficio Ambiente del Comune di Pesaro,
ma non era destinato alla diffusione, in quanto parte integrante di un
procedimento d’indagine in corso” spiega Malini. E aggiunge:
“Nonostante la nostra richiesta di non trasmettere tale documento, il Comune ha
accolto l’istanza della Fox”. E così è arrivata la reazione della società che
prevede un investimento nell’impianto di almeno cinquanta milioni di euro. “Si
getta discredito su una società per azioni, che ha un fatturato di decine di
milioni di euro” scrive nell’atto di citazione. I due attivisti sono accusati
di procurare allarme nella popolazione “diffondendo notizie false e
diffamatorie sulla società” e sui suoi impianti, attraverso “una quotidiana
campagna denigratoria e persecutoria verso Fox Petroli”. I passaggi
contestati? L’azienda respinge ogni riferimento al “degrado” nel sito e
possibile “contaminazione di aria, suolo e falde acquifere”, oltre che ai
“potenziali rischi per la salute”. Per Fox Petroli si tratta di accuse
totalmente infondate.
Gli attivisti mantengono la loro posizione – Ma i due
attivisti ribadiscono la loro posizione. “Le nostre dichiarazioni –
racconta Malini – si basano su documenti ufficiali, relazioni
tecniche, analisi ambientali e atti pubblici, e
rivendicano il diritto-dovere della società civile di esprimersi su questioni
di salute pubblica, sicurezza e tutela dell’ambiente.
Il sito di cui si parla è stato storicamente destinato ad attività petrolifere
per oltre un secolo, ma è adiacente a un’area naturalistica tutelata, l’Oasi
del fiume Foglia e a un centro urbano densamente popolato”. E
ricorda la il parere negativo al nuovo progetto del Comitato tecnico regionale
dei Vigili del fuoco. Tra le ragioni “l’esistenza di serbatoi interrati risalenti
agli anni ’50, a fondo unico e privi di impermeabilizzazione – racconta Malini
– l’elevato rischio di contaminazione per suolo e falde e l’inadeguatezza delle
condizioni di sicurezza rispetto agli standard vigenti”. Per l’attivista,
questi rilievi “non solo giustificano l’utilizzo del termine ‘degrado’,
che è il passaggio più contestato dall’azienda nel nostro comunicato, ma lo
rendono necessario in una comunicazione rivolta all’opinione pubblica, alle
istituzioni e ai media”.
Il sostegno delle organizzazioni anti-slapps – Il caso ha
catturato l’attenzione di diverse organizzazioni internazionali come FrontLine
Defenders, realtà associata alla rete Coalition Against Slapps in
Europe (Case) e Net4Defenders. “Anche con il loro
supporto, abbiamo segnalato il caso allo Special rapporteur Onu sui
difensori dei diritti umani e all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per
i Diritti Umani” spiega Roberto Malini. Secondo la Coalition
Against Slapps in Europe il caso presenta diverse caratteristiche
tipiche delle Slapp, in primis la grande differenza sul piano economico tra le
parti – l’azienda petrolifera da un lato e i due attivisti dall’altro – e poi
“la sproporzione tra le dichiarazioni rese e la cifra richiesta” spiegano da
Case, oltre che “l’indiscutibile interesse pubblico del progetto e delle
possibili conseguenze che da esso potrebbero ricadere sulla comunità”. “Parte
la mediazione – aggiunge Malini – ma noi no ritrattiamo
su informazioni basate su documenti ufficiali e relazioni
tecniche”.
Nessun commento:
Posta un commento