Il “governo dei migliori” e il Recovery Plan ci vengono venduti come soluzioni salvifiche che cancelleranno i peccati dal nostro paese “restituendo” prosperità e benessere. La realtà però racconta di una gravissima sovversione della democrazia e di un piano infarcito della stessa cultura liberista che ci ha condotto alla situazione attuale, e che punta ancora alla privatizzazione dell’acqua. A poco più di 20 giorni dalla consegna del “nostro” PNRR (Piano Nazionale Resilienza e Ripresa) alla Commissione europea, a che punto siamo?
La sovversione della democrazia
Il Parlamento è stato costretto a lavorare per settimane sulla versione
approvata il 12 gennaio scorso dal passato governo e solo a metà marzo sono
state depositate alcune note tecniche integrative che in
realtà riscrivono da capo diverse parti del Piano rendendo
così vano il dibattito sviluppato sino a quel momento nelle
Commissioni. Da evidenziare come tali note siano scritte in inglese il che
denota l’intenzione di limitare il coinvolgimento e, probabilmente, conferma
anche la compartecipazione alla stesura della società di consulenza McKinsey.
Di fatto, persino il Parlamento è stato esautorato dalla possibilità di
incidere e decidere su interventi, investimenti e scelte che
condizioneranno il futuro del nostro paese e attraverso una vera e
propria secretazione dei documenti all’opinione pubblica è
stata completamente preclusa qualsiasi forma di partecipazione.
Non si è così dato modo di sviluppare un dibattito pubblico e democratico nel
paese come se il cosiddetto “governo dei migliori” fosse automaticamente
insignito della potestà di decidere in solitudine del futuro del paese. Il
tutto con un Presidente del Consiglio che non è mai stato eletto dai cittadini.
Un processo autoritario che intendiamo denunciare con forza
perché svilisce ulteriormente i processi democratici, tanto quelli
costituzionalmente garantiti quanto quelli basati sulla partecipazione diretta
delle comunità alle decisioni fondamentali per costruire scenari di giustizia
sociale ed ambientale.
Si conferma così una deriva che s’inserisce nel progressivo svuotamento
dei poteri delle istituzioni democratiche che, da garanti dei diritti
e dell’interesse generale, diventano mere esecutrici dell’espansione della
sfera d’influenza dei grandi interessi finanziari sulla società.
Le privatizzazioni in salsa verde
Le cosiddette note tecniche, che di fatto riscrivono completamente alcune
parti del PNRR, confermano l’impostazione di un Piano volto a rafforzare
l’attuale modello economico-sociale inglobando in esso anche la questione
ambientale, prefigurando così una nuova fase di capitalismo digitale e,
all’apparenza, verde.
Nello specifico dell’acqua le risorse stanziate non risultano
modificate pertanto permangono del tutto insufficienti.
Risulta decisamente peggiorativa, rispetto alla versione
precedente, la cosiddetta “riforma” nel settore idrico che ora
punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione nel sud Italia prevedendo
addirittura una scadenza al 2022 per un generico adeguamento alla disciplina
nazionale ed europea ma con un ben più puntuale riferimento a criteri che
guardano alla costruzione di grandi soggetti gestori, sul modello delle
multiutility quotate in Borsa, che si ammantino della capacità di rafforzare il
processo di industrializzazione realizzando economie di scala e riducendo il
divario tra il centro-nord e il sud del Paese.
Di fatto si costituirebbero una o più aziende per il Meridione che
assumerebbero un ruolo monopolistico in dimensioni territoriali
significativamente ampie e sul modello di quelle che ad oggi hanno dimostrato
la loro efficienza solo nel garantire la massimizzazione dei profitti mediante
processi finanziari.
Da tempo sosteniamo la necessità di una gestione alternativa proprio
a quella politica privatistica responsabile delle tante carenze prodotte
soprattutto a livello delle grandi infrastrutture idriche, tra l’altro non solo
nel Sud Italia.
Inoltre, nelle note si fa riferimento a “memoranda”, che il Ministero
dell’Ambiente (oggi Ministero della Transizione Ecologica) dovrebbe definire e
imporre alle regioni e agli Enti di Governo, inseriti all’interno del progetto
non a caso chiamato “Mettiamoci in riga” (parte del PON Governance 2014-2020)
che implicano la messa in tutela del Mezzogiorno da parte del
governo e l’idea che i finanziamenti del PNRR arrivano sotto quelle
condizionalità.
In ultimo, si attribuisce un ruolo centrale ad ARERA seppur si è costretti ad
ammettere che la sua iniziativa ha garantito un’insufficiente ripresa degli
investimenti.
Se fosse confermata questa versione saremo di fronte a un’impressionante
accelerazione verso la privatizzazione in spregio alla volontà
popolare espressa chiaramente con i referendum del 2011.
L’avversione del “Drago” per l’acqua pubblica
D’altronde Draghi non ha mai dissimulato la volontà di contraddire
l’esito referendario visto che il 5 agosto 2011, solo 1 mese e mezzo
dopo lo svolgimento della consultazione, in qualità di Governatore della Banca
d’Italia firmò, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Trichet, la
oramai famigerata lettera all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi in
cui, tra le varie riforme “strutturali”, indicava come “necessaria una
complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena
liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali.
Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali
attraverso privatizzazioni su larga scala.”
L’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta
in “perfetta” continuità con suddette indicazioni e rimane, dunque,
una risposta del tutto errata alla crisi pandemica che non
affronta le questioni di fondo emerse in questi anni e soprattutto negli ultimi
mesi, mantenendo un’impostazione completamente permeata e subalterna ad una
logica privatistica ed estrattivista volta alla massimizzazione del profitto e
per questo nelle prossime settimane ci mobiliteremo, anche partecipando alla
mobilitazione nazionale “Recovery PlanET” promossa dalla rete “La Società della
Cura” per sabato 10 aprile, chiedendo una modifica radicale nella
direzione di stanziare investimenti pubblici per la ripubblicizzazione
del servizio idrico così come previsto dalla legge per l’acqua
pubblica colpevolmente rimasta indiscussa da oltre due anni in Commissione
Ambiente della Camera, per la ristrutturazione delle reti idriche e per
il riassetto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.
Nessun commento:
Posta un commento