“La nostalgia è delicata ma potente”, dice Don Draper in una delle scene più intense della memorabile serie Mad men. E aggiunge: è “uno struggimento del cuore, di gran lunga più forte del ricordo… ci porta in un posto dove vogliamo tornare”. Poi, certo, Draper usa la nostalgia per trovare un nome a un nuovo, per l’epoca, attrezzo per guardare diapositive, e per promuoverlo.
Ma questo fa parte del personaggio. Mentre la nostalgia stessa è la cifra espressiva dell’intera serie. Ne vela gli
abiti, gli ambienti, i colori, i gesti e le storie. E guida lo sguardo e le
emozioni di noi spettatori.
La parola “nostalgia” unisce due concetti, e due parole greche: il ritorno
(νόστος) e il dolore (άλγος). Così, noi pensiamo subito all’Odissea, e al suo protagonista che si strugge, e piange
per Itaca perfino mentre è in compagnia della bellissima Calipso.
Esuli nel tempo
Tuttavia, anche se l’emozione è antica, il termine specifico che la descrive è
recente. A coniarlo alla fine del 1600 è uno studente di medicina alsaziano,
Johannes Hofer. Il quale per primo descrive lo specifico
stato emozionale provato dai mercenari svizzeri sradicati dalle
loro montagne, dislocati al servizio di Luigi XIV, e debilitati, appunto, dalla
nostalgia. La sindrome di cui parla Hofer comprende svenimenti e febbre alta,
mal di stomaco e morte. Tra le cure suggerite: oppio e sanguisughe.
Si potrebbe dunque pensare che la nostalgia sia un’emozione, per così dire,
di nicchia, riguardante solo gli esuli. Che sia essenzialmente negativa e
patologica (dopotutto, i mercenari ci morivano). E che dovremmo augurarci di
non provarla mai.
Ma niente di tutto ciò è vero.
In primo luogo: altro che nicchia.
Il concetto di nostalgia, a partire dall’ottocento e con il romanticismo,
perde ogni connotazione medica e si evolve fino a trascendere la specifica
unione di desiderio e rimpianto che deriva dal trovarsi fisicamente e
irreparabilmente distanti da casa.
Stiamo parlando di un’emozione intensa, inconfondibile e universale
In sostanza, oggi per noi la nostalgia riguarda tutto ciò che è lontano,
anche nel tempo. E che è stato così importante da configurarsi come fondamento
della nostra identità e del nostro senso di appartenenza a una comunità, e non
solo a un luogo.
Del resto, ciascuno di noi è un esule rispetto al proprio passato. E alle
esperienze che ha fatto, alle persone che ha conosciuto, alle passioni che ha
vissuto.
Stiamo parlando, insomma, di un’emozione intensa, inconfondibile e
universale. Proprio per questo, la nostalgia può avere innumerevoli accezioni e
sfumature. E può essere, dunque, tale da dare anche origine a un’impressionante
mole di scrittura poetica e narrativa, di cinema, di televisione, di musica.
Giusto per incoraggiarvi a far mente locale, provo a elencare qualche film
a tema: non solo gli ovvi Amarcord di
Fellini e Nostalghia di Tarkovskij, ma
anche Nuovo cinema Paradiso,I ponti di Madison County,Se mi lasci ti cancello,Inception,American graffiti,Il grande freddo,La la land, Good
bye, Lenin.
Sono certa che vi verranno in mente decine di altri titoli. E la stessa
cosa vale per le canzoni, o per la narrativa (e qui sarei curiosa di sapere se
il primo titolo che vi viene in mente è Alla ricerca del tempo perduto oppure Il giovane Holden, o qualcos’altro).
Ricadute positive
Ed eccoci al secondo punto rilevante. L’agrodolce, ambivalente nostalgia è così
frequentata perché (altro che patologia!) sperimentarla sembra dar luogo a una
serie di ricadute positive.
Ad attestarlo c’è una gran mole di ricerche. E anche questo può sembrare
strano, a prima vista, perché stiamo parlando di una condizione emotiva che non
è nemmeno catalogata tra le sei (o sette, o otto, secondo i diversi autori) emozioni maggiori. E che, essendo appunto
agrodolce (o, se preferite, dolceamara) ha una componente di ambivalenza.
Eppure.
La nostalgia favorisce la motivazione intrinseca, dà energia, stimola
l’ispirazione, orienta alla crescita personale e accresce la propensione ad
aiutare gli altri. Ad affermarlo è una ricerca britannica del 2019.
La nostalgia è una risorsa per la salute psicologica e il benessere. Dà
significato alla vita. Contrasta il senso di solitudine e “ricostruisce la
sensazione di essere connessi agli altri, che è critica per una condizione
psicologica ottimale”. Migliora le prospettive di invecchiamento felice (successful ageing). Ad attestare tutto questo è
una meta-analisi (cioè, un’analisi comparativa dei risultati di
molte ricerche precedenti) svolta nel 2013 dalle università di Southampton e
del North Dakota.
Infine (sintetizzo) la nostalgia migliora l’autostima e aiuta le persone a
stare meglio con se stesse. Ha, in generale, una funzione riconciliatrice. Ed è
stata anche associata all’apprendimento e al consolidamento della memoria.
Con queste premesse, non è sorprendente che Forbes titoli “Usate la nostalgia per migliorare i vostri risultati di marketing”. E che inviti a far riferimento ai “bei vecchi tempi”, e al gusto agrodolce della nostalgia, per insaporire ogni offerta commerciale, coinvolgendo il pubblico a livello emotivo ed evocando sentimenti di “sicurezza, comfort e fiducia”.
Tra l’altro: la Harvard Business Review inserisce la nostalgia fra i 30 elementi che i consumatori apprezzano davvero.
A proposito di pandemia: “Provare nostalgia aumenta la capacità di
auto-tranquillizzarsi durante un periodo di stress”, scrive il New York Times, citando la psicologa Valentina
Stoycheva, che aggiunge: “La nostalgia funziona come una specie di pacificatore
emotivo”. Con queste premesse, è facile capire come mai in questi ultimi tempi
anche il consumo di intrattenimento abbia subìto una pesante sterzata
nostalgica: secondo una recentissima ricerca di Nielsen music, tra musica e tv,
“oltre metà degli utenti ha cercato conforto in contenuti nostalgici e
familiari”.
Dunque, se anche a voi capita di aver voglia di vecchi film e vecchie canzoni,
o di rileggere i libri della vostra adolescenza, o di cercare storie che
parlino di quel periodo, non preoccupatevi: state attuando una efficace
strategia di autoaiuto. E, soprattutto, siete in ottima compagnia.
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