Da Lorenzo Baldo, di Antimafia
Duemila, e da Angelina Manca
Ricevo da Angelina Manca, donna forte e
coraggiosa, una richiesta rivolta al procuratore capo di Roma Giuseppe
Pignatone, all’aggiunto Michele Prestipino e al sostituto Maria Cristina
Palaia. Angelina è l’anziana madre di Attilio Manca, un giovane medico –
urologo – di Barcellona Pozzo di Gotto trovato morto a Viterbo il 12 febbraio
2004. Chiede che l’indagine sulla morte di suo figlio non sia archiviata come
suicidio.
Angelina è sicura che Attilio sia stato ucciso
per aver riconosciuto, nella sua veste di medico, Bernardo Provenzano. Molte
fonti e circostanze, che elenca, lo dimostrano: è una storia di mafia e servizi
segreti, dice. L’archiviazione un’offesa a chi crede nello Stato e nella
Giustizia, a tutti i cittadini italiani che chiedono la verità sul caso di
Giulio Regeni. Attilio Manca è un altro Giulio Regeni: ucciso in Italia tredici
anni fa. Ho seguito la sua storia, che riassumo tenendo come traccia l’appello
della madre alla Procura.
La causa accertata della morte è overdose di
eroina alcol e tranquillanti: due segni di iniezione sul braccio sinistro. Ma
era mancino, e non era tossicodipendente. Secondo i suoi legali Attilio avrebbe
visitato il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, nei giorni del suo
intervento alla prostata realizzato in Francia nell’autunno del 2003. Sarebbe
poi stato eliminato in quanto testimone scomodo. I tabulati telefonici di
alcune telefonate di Attilio ai suoi genitori negli ultimi giorni di ottobre
del 2003 (periodo in cui Provenzano veniva operato in Francia) e dell’11
febbraio 2004, il giorno prima che Attilio venisse ritrovato morto, sono
scomparsi.
In un’intercettazione ambientale del 2007 tra
Vincenza Bisognano, sorella del boss Carmelo (poi pentito) si dice che Attilio
sarebbe stato ucciso perché aveva visitato e riconosciuto Bernardo Provenzano.
Lo scorso 29 marzo il Tribunale di Viterbo ha emesso la sentenza di condanna a
5 anni e 4 mesi nei confronti di Monica Mileti, accusata di avere ceduto la
droga al giovane urologo siciliano. Per gli uffici giudiziari di Viterbo il
caso è quindi chiuso.
Non è invece chiuso per la Procura
distrettuale antimafia di Roma, dove da più di un anno è aperto un fascicolo
contro ignoti per “omicidio volontario”. Racchiude tra l’altro le testimonianze
di quattro collaboratori di giustizia. Giuseppe Campo ha raccontato di essere
stato incaricato da un boss messinese, a dicembre del 2003, di uccidere
Attilio Manca: dopo un paio di mesi gli è stato riferito che era già stato
eliminato.
Le parole di Campo si aggiungono a quelle di
Giuseppe Setola, Stefano Lo Verso e Carmelo D’Amico, che nel 2015 ha detto di
essere stato informato del progetto di uccidere Attilio Manca a cui avrebbero
preso parte esponenti di Cosa Nostra e apparati dei Servizi deviati. Inoltre.
Non ci sono impronte digitali nelle siringhe trovate nel suo appartamento. Dai
registri dell’ospedale di Viterbo risulta che nei giorni di fine ottobre 2003,
quando Provenzano veniva operato in Francia, Attilio Manca non era in servizio.
Le indagini attestano il contrario. Il capo della Mobile di Viterbo, squadra
che ha seguito il caso, è stato condannato a 3 anni per un falso verbale sulla
Diaz al G8 di Genova. Per queste e molte altre ragioni Angelina chiede che
l’indagine sulla morte di suo figlio non sia archiviata.
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