lunedì 10 aprile 2017

Dopo l’Erasmus? Il Virgilio - Lucilio Santoni


Nato nel 1987 il programma Erasmus consente ai giovani universitari di soggiornare e studiare in paesi diversi dal proprio per un certo periodo di tempo. Lodevole, per certi versi, l’iniziativa, soprattutto se riferita agli anni in cui venne istituita.
Oggi però, a mio parere, il messaggio deve essere diametralmente opposto. La cultura “altra” che vale la pena conoscere non è quella del paese straniero. Del resto, quale diversità ci può ormai essere fra le culture dei vari paesi europei? Pressoché nessuna. Anche il cibo è unificato, così come una lingua inglese veicolare buona per tutte le salse. La cosiddetta “esperienza”, in realtà, altro non è che soggiorno turistico.
La cultura “altra” oggi è quella che persiste nei paesini dell’Italia interna. La cultura dei luoghi lontani dalle città, spesso abbandonati. La cultura delle terre lontane dalla competizione economica, dove ancora sono in uso lo scambio dei beni e la loro autoproduzione. Dove il denaro non è padrone assoluto della vita e della morte degli individui. Dove la lentezza dei movimenti è una ricchezza inalienabile. Dove gli “ambienti dinamici” delle città non si sa neppure cosa siano. Dove il consumo di psicofarmaci è prossimo allo zero. Dove il sole sorge e tramonta esattamente come mille anni fa. Dove non c’è bisogno di economisti, di opinionisti e di competitor. Dove ci sono persone nelle piazze, insieme a cani e gatti. Dove si vivono le gioie e le tragedie dell’esistenza senza clamori, perché si comprende che tutto rientra nella natura delle cose.
Ecco, allora, questo sarebbe un bel programma da finanziare. Che chiamerei Virgilio. Dare la possibilità ai giovani di conoscere un altro modo di vivere, radicalmente diverso. Un soggiorno nei paesini dell’Italia interna. Starà poi a loro scegliere, in assoluta libertà, cosa fare della propria vita.

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