venerdì 5 febbraio 2021

India nel caos

 

India: precipita nel caos la mobilitazione contadina convocata per Republic Day - Daniela Bezzi

Bilancio assolutamente provvisorio di un 26 gennaio 2021, Festa delle Repubblica Indiana che – come purtroppo si temeva – ha messo a ferro e fuoco per ore la città di Delhi. E ha registrato l’impensabile: la “conquista” del Lal Quila, il Forte Rosso, monumento-simbolo della Capitale non solo perché grondante di storia, ma perché fu proprio da qui, dall’alto di un suo pinnacolo, che allo “scoccare della mezzanotte… all’alba di un risveglio alla vita e alla libertà” Nehru pronunciò quel suo famoso discorso all’India finalmente liberata dal colonialismo britannico, il 15 agosto 1947.

La foto della bandiera del Nishan Sahib (particolarmente sacra per i devoti del Guru Nanak), che sventola dalla sommità di un alto palo, portata fin lassù da un dimostrante sfuggito (chissà come) a ogni controllo, ha segnato il momento culminante di questa drammatica giornata – e purtroppo non a favore del Movimento contadino, la cui leadership si è infatti già dichiarata estranea all’iniziativa.

Ma andiamo con ordine. Dopo il 20 gennaio scorso, data in cui la coalizione delle organizzazioni contadine confermava l’intenzione di inscenare una propria autonoma celebrazione del Republic Day, non in antagonismo ma piuttosto in pacifica successione con la parata ufficiale, è cominciato il palleggio delle responsabilità tra alte sfere del Governo, Corte Suprema e Forze dell’Ordine – per concludere che trattandosi di un problema di Ordine Pubblico, toccava alle Forze dell’Ordine accordare o negare o negoziare un qualche permesso. E per un paio di giorni la situazione è rimasta in apprensivo stand by, fino alla notizia del permesso accordato, ed era il 22 gennaio. Da quel momento si è aperto il più difficile negoziato circa l’itinerario – dibattito non facile anche all’interno della Coalizione contadina, tra chi premeva per un percorso di “massima riconoscibilità” il più possibile centrale; e chi riteneva sufficientemente importante il fatto di sfilare in compatto rombo di trattori subito dopo la Parata ufficiale, lungo un percorso necessariamente largo e quindi periferico, anche per agevolare il confluire delle varie rappresentanze contadine.

Ed ecco l’appello diramato proprio ieri dal Samyukt Kisan Morcha:

«Stiamo per scrivere una pagina storica. Mai prima d’ora la popolazione di questa Repubblica aveva sfilato in una parata di questa natura, dal basso, alla Festa della Repubblica… Ecco le regole che dovreste osservare…»

e seguiva una lunga serie di regole, tra cui al punto 8:

«L’obiettivo è conquistare pacificamente il consenso della popolazione, massimo rispetto dunque per le donne, oltre che per i giornalisti. Quanto ai Poliziotti, molti di loro sono figli di contadini sebbene in divisa, evitare qualsiasi provocazione…». 

E in un tripudio di adesioni da ogni parte dell’India, per segnalare l’arrivo di nuove delegazioni, o per la quantità di simili sfilate contadine in programma in vari altri stati, il fatidico Republic Day è iniziato in mattinata con la solita blindatissima Parata, quest’anno priva di dignitari dall’estero Causa Covid – mentre dalle varie aree periferiche di Delhi si mettevano in moto i trattori.

I primi scontri sono cominciati alle 10 con lo sfondamento delle barricate che la polizia aveva eretto già dal 26 novembre scorso a Singhu: secondo gli accordi sarebbe toccato alle Forze dell’Ordine aprire gli accessi, ma solo dopo la fine della Parata ufficiale. Stessi incidenti poco dopo a Ghazipur, e a macchia d’olio anche al nevralgico incrocio ITO, già dentro Delhi. Lacrimogeni, guerriglia, ci scappa un morto (per una brutta caduta dal suo trattore, così sembra), la situazione è fuori controllo, caos totale.

Sono da poco passate le 13, quando un consistente drappello sfonda ogni barriera e “conquista” il Forte Rosso. Scene impressionanti di dimostranti, alcuni armati di spadoni, che letteralmente assediano un’architettura quanto mai iconica – si dirà poi che ad attizzare i ‘facinorosi’ c’è un certo Deep Sidhu, attore famoso che già da tempo interferiva in vari modi con la leadership consolidatasi unitariamente all’interno del Movimento Contadino.

Tralascio di rievocare nei dettagli il succedersi di una giornata che a un certo punto ha visto persino il black out di Internet in alcuni punti dello sparso assedio tutt’intorno Delhi – mentre i filmati giravano no stop sui canali TV, con la prevedibile ridda delle speculazioni e dei commenti, circa le molto probabili infiltrazioni persino dall’estero (secondo alcune testimonianze), oltre all’ovvia pista delle mai sopite aspirazioni di separatismo.

Di certo in una manciata di ore si è incrinata quell’immagine di formidabile compattezza e unità che in oltre 60 giorni di mobilitazione il Movimento era riuscito a proiettare, guadagnando il favore di ampi strati della popolazione anche tra le classi medie, senz’altro tra gli studenti (che oggi erano in tanti con le loro bandiere in piazza, per manifestare piena solidarietà).

E inevitabilmente, nonostante la netta presa di distanza del Fronte Contadino, il dibattito sarà monopolizzato nei prossimi giorni dagli inquietanti interrogativi circa le identità, gli oscuri obiettivi e i probabili mandanti di quelle “schegge impazzite” che il Movimento ha già disconosciuto.

Tutto questo non potrà che indebolire la richiesta di abrogazione delle famose tre leggi, all’origine di un contenzioso che mirabilmente durava da mesi, che negli ultimi 60 giorni era diventato esemplare manifestazione di chiarezza strategica e fermezza – e da domani in poi si troverà probabilmente a confronto con il dissidio peggiore che un Movimento sociale possa immaginare, quello interno.

A tutto vantaggio di quelle forze che non vedrebbero l’ora di mettere le mani sul ricco agro-business di un intero sub-continente.

da qui



India: due sfilate, due mondi - Elena Camino

 

A Delhi – centro e periferia

Con una popolazione di più di 30 milioni di abitanti (e con un aumento annuale di circa il 3%) Delhi è una sterminata area metropolitana nel nord dell’India, una delle città del mondo abitate da più tempo in modo continuativo, situata lungo le rive del fiume Yamuna. Nuova Delhi, sede del governo e dei maggiori uffici amministrativi, è una piccola porzione situata all’interno della ‘grande’ Delhi.

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Qui, nello stesso giorno, il 26 gennaio 2021, erano previste due grandi sfilate. La prima, organizzata dal governo, era stata preparata per celebrare il 72° anniversario della Repubblica. Era prevista una imponente parata militare e una sfilata di carri in rappresentanza di tutti gli stati dell’India, lungo Raj Path, la grande arteria che porta dal monumento al milite ignoto fino a Rashtrapati Bhavan, dove risiede il Presidente della Repubblica. La seconda sfilata, organizzata da una quarantina di associazioni di agricoltori, aveva ottenuto l’autorizzazione a percorrere con i trattori un percorso più periferico, e sarebbe partita dopo la conclusione della parata ufficiale.

I contadini (arrivati in un numero stimato tra 200mila e 300mila) erano accampati dal 25 novembre 2020 nelle numerose periferie di Delhi. Protestavano contro l’approvazione da parte del governo – avvenuta senza consultarli – di tre leggi agrarie che essi consideravano molto dannose per il loro lavoro e per le loro stesse vite. Ma il governo non aveva finora accettato di ascoltare le loro richieste. Non solo non aveva ritirato le leggi contestate, ma rifiutava di discuterne con i loro rappresentanti per trovare una soluzione soddisfacente per tutti.

L’incidente

Mentre i 40 leaders dei sindacati e delle associazioni di contadini (riuniti nell’associazione temporanea Samyukta Kisan Morcha) portavano avanti, settimana dopo settimana, dei tentativi di negoziazione con i rappresentanti del governo, lo stesso Ministro dell’Agricoltura aveva espresso il suo apprezzamento per la natura disciplinata e pacifica della protesta: i contadini accampati alle porte di Delhi erano educati, rispettosi, si aiutavano tra loro condividendo gli spazi e il cibo. Analoghi apprezzamenti erano stati espressi dalla stampa nazionale e internazionale.

Un altro aspetto positivo che aveva caratterizzato i due mesi di protesta era stato il carattere unitario e laico del movimento. Al di là delle diverse religioni e schieramenti politici, le decine di migliaia di contadini accampati ai margini della città di Delhi trovavano un obiettivo comune condividendo la loro condizione di gente abituata al duro lavoro nei campi.

Secondo una versione dei fatti, durante la sfilata i trattori trovarono molte strade inaspettatamente sbarrate. Polizia e forze paramilitari impedivano l’accesso alle migliaia di persone che erano arrivate per unirsi al corteo, che si trovarono così a vagare per la città senza sapere dove andare.  Secondo la versione del governo invece i contadini che guidavano i trattori forzarono in più punti i blocchi stradali e invasero strade che non erano consentite. La polizia provò a fermarli mettendo dei bus di traverso, ma i trattori li investirono per farsi largo, provocando gravi danni ai mezzi.  

A un certo punto una parte del corteo di trattori deviò dal percorso concordato, e dopo aver sfondato le transenne, raggiunse il Forte Rosso. Ne seguirono scontri tra polizia e manifestanti, con molti feriti in entrambi i gruppi.

Le prime conseguenze

Nei giorni immediatamente successivi il governo ha preso durissimi provvedimenti non solo contro il gruppo responsabile dell’incidente, ma contro tutte le migliaia di contadini che nei mesi precedenti avevano manifestato pacificamente il loro dissenso.  In molte zone della periferia di Delhi i contadini che si erano accampati con tende e cucine durante i due freddi mesi trascorsi sono stati fatti sloggiare con brutalità. Si sta procedendo a centinaia di arresti tra i sostenitori della protesta contadina. Sostenitori del movimento dei contadini, anche se non partecipanti direttamente alle iniziative, sono stati accusati di atti eversivi: persino attivisti – come Medha Paktar – che per tutta la vita hanno manifestato e dimostrato in modo nonviolento.

Bharat Dogra, un autore e giornalista studioso di Gandhi, che in questi giorni sta commentando la situazione, cerca di mettere in guardia il governo: «coloro che sono impegnati in metodi pacifici di protesta hanno un ruolo positivo molto importante in ogni vera democrazia. Come la storia ha dimostrato più volte, la repressione e la soppressione delle proteste pacifiche e disciplinate equivale a un invito a proteste violente e incontrollate, e il governo dovrebbe tenerlo presente prima di intraprendere azioni indebite contro negoziatori pacifici e altri leader. Anche il governo ha la sua parte di responsabilità nel mantenere la pace e nel consentire le condizioni di protesta pacifica in una democrazia».

La storia tragicamente si ripete?

Sia durante il giorno stesso in cui sono avvenute le sfilate e gli incidenti, sia nei giorni successivi, si sono accavallate decine di narrazioni che i mass media – in India e in tutto il mondo – hanno trasmesso agli ascoltatori. Mentre i media schierati con il governo hanno sottolineato il carattere violento e pericoloso degli incidenti avvenuti, nell’opposizione qualcuno ha ricordato con angoscia un episodio avvenuto negli anni 20 del secolo scorso, quando Gandhi lanciò la prima iniziativa Satyagraha, invitando la popolazione alla non collaborazione con gli Inglesi.

Il 4 settembre 1920 Gandhi lanciò il Movimento di non cooperazione – Satyagraha (che includeva il rifiuto di svolgere lavori e attività che potessero sostenere il governo e l’economia inglesi in India), con l’obiettivo di conseguire l’autogoverno e l’indipendenza.

All’inizio di febbraio 1922, a Chauri Chaura, nell’Uttar Pradesh, dove un gruppo di partecipanti al Movimento si era radunata per protestare contro diverse questioni locali, la polizia le picchiò e arrestò i loro leader. Ne seguirono degli scontri e la situazione degenerò: la polizia sparò, e i manifestanti diedero alle fiamme la stazione di polizia, causando la morte di 23 persone, tra poliziotti e funzionari.  Mentre Gandhi iniziava un digiuno di penitenza, sentendosi colpevole di non aver valutato a sufficienza l’immaturità della popolazione rispetto alla lotta nonviolenta, il governo inglese proclamò il coprifuoco, imprigionò 200 persone e ne condannò a morte 172. La sentenza fu confermata per 19 di esse, mentre 110 furono condannate all’ergastolo.

Molti temono che la storia si ripeta. Un movimento che da tempo rivendica in modo nonviolento le proprie ragioni, rischia di essere spazzato via a causa di una mancanza di disciplina, di autocontrollo, di immaturità… Il potere non aspetta altro che un passo falso per riportare nel paese ‘legge e ordine’. Ma in questo modo si rischia un’escalation di violenza difficilmente controllabile.

In queste ore si segnalano centinaia di arresti, e gravi atti di intimidazione contro gli agricoltori ancora presenti a Delhi. Il Coordinamento delle Associazioni indiane per i diritti democratici (CO-ORDINATION OF DEMOCRATIC RIGHTS ORGANISATION -CDRO) ha ufficialmente condannato queste iniziative del governo.

In seguito a ordini comunicati dal governo statale giovedì notte (il 28 gennaio) centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa sono scesi in una delle aree periferiche in cui i contadini si erano accampati nei mesi scorsi, per farli sgomberare.  L’acqua e l’elettricità del campo sono state interrotte.

Immagini a confronto

Sono numerosissime le foto e le riprese video disponibili in rete, che documentano le due sfilate che nella stessa giornata – il 26 gennaio 2021 – hanno percorso il centro e la periferia di Delhi. A guardarle con attenzione si trovano i segni che svelano la presenza, non esplicita ma drammaticamente presente e radicata, di una forma di violenza assai più temibile degli scontri intorno al Forte Rosso. Emerge la violenza strutturale di un Paese che ha destinato nel 2019 alle spese militari 71,1 miliardi di dollari, con un incremento dl 6,8% dall’anno precedente. Dai dati del SIPRI risulta che l’India è tra le 5 potenze mondiali che hanno speso di più in armamenti militari. Secondo alcuni esperti le rivalità e le ‘tensioni’ tra l’India e i suoi vicini Pakistan e Cina sono tra le principali cause dell’incremento di spese militari degli ultimi anni.

Mettendo a confronto le riprese televisive che hanno accompagnato le due sfilate. Da un lato si vedono uomini (e qualche donna) orgogliosamente seduti su trattori stracarichi di gente con abiti e turbanti colorati – tra di loro molti anziani. È un corteo disordinato e fantasioso. La parata militare invece è impeccabile. Giovani uomini e donne che marciano in perfetta sincronia di fianco a cannoni, missili, sagome di aerei e di sommergibili. L’orgoglio dell’India si esibisce nelle divise, nelle armi, nei corpi speciali (dalla marina ai cavalleggeri ai corpi speciali antiterroristi), nella sincronia dei passi…

Dai numerosi video e siti si possono vedere immagini, che illustrano questi due mondi, che si sono sfiorati – a pochi km di distanza – nel 72° anniversario della Repubblica Indiana. Di seguito qualche esempio.

https://ruralindiaonline.org/en/articles/i-feel-like-i-am-flying-when-driving-a-tractor/

A conclusione della parata militare si assiste alla sfilata dei carri, che illustrano la varietà delle regioni e delle culture di questo grande Paese. Non poteva mancare Gandhi, con il suo filatoio. Un’icona ormai svuotata di senso nell’India del potere militare e delle multinazionale, ma forse ancora un esempio da seguire nel cuore e nello spirito dell’India rurale, ancora presente a Delhi – mentre scrivo – a rivendicare in modo nonviolento i diritti della componente più preziosa del paese, la gente dei villaggi.     

Va tutto bene

Mentre non si erano ancora placati gli animi, né chiarite le circostanze in cui erano avvenuti gli scontri a New Delhi, il Primo ministro dell’India, Narendra Modi, il 28 gennaio è intervenuto in teleconferenza al World Economic Forum di Davos. Ha informato i ‘presenti’ dei successi ottenuti dall’India nel combattere la pandemia, lanciando il più grande programma di vaccinazione del mondo e salvando l’umanità da una immane tragedia. Egli ha poi sottolineato che l’India ha fatto rapidi progressi in quattro fondamentali aspetti dell’Industria 4.0 (connettività, automazione, intelligenza artificiale ed elaborazione-dati in tempo reale. Rivolgendosi ai partecipanti ha assicurato la comunità globale che il successo dell’India sarà di aiuto per il mondo intero.

Nel frattempo migliaia di contadini, ancora accampati nelle varie periferie di Delhi, rifiutano di andarsene finché le loro richieste non saranno ascoltate, mentre è stato ordinato da squadre di poliziotti in divisa antisommossa di provvedere a far sgombrare le aree da persone, tende, trattori.

da qui


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