sabato 20 febbraio 2021

Uganda, la guerra civile degli scimpanzé - Enrico Alleva

(Testo di ENRICO ALLEVA - Foto di ANNE BERRY)

Un gruppo di 150 scimmie è vissuto in pace per decenni. Quando gli individui sono diventati 200 è successo qualcosa: si sono divisi in fazioni e han cominciato a uccidersi. Dunque la violenza di cui l’uomo è capace è “naturale”? Un etologo invita a non tirare conclusioni affrettate

Da trenta anni esperti primatologi statunitensi (gli etologi specializzati in scimmie) osservano in Uganda, al Kibale National Park, una gigantesca colonia di scimpanzé. Questo enorme gruppo sociale, circa 150 individui, è irritualmente numeroso dato che di solito questi nuclei consistono di una cinquantina di individui. Gli studiosi, coordinati da John Mitani e David Watts, distinguono con facilità i singoli scimpanzé, le vicende comportamentali nel tempo, il loro continuo dipanarsi, la ripartizione delle risorse di spazio territoriale e di cibo. E i rumorosissimi conflitti. Molto probabilmente grazie ad annate ricche di cibo e altre condizioni ambientali favorevoli dai circa 150 individui iniziali si è arrivati a duecento. Con il crescere del numero, sono aumentati gli eventi aggressivi.

Nel tempo gli scontri individuali si sono fatti sempre più violenti, come fedelmente registrato da Mitani e allievi a partire dal 2015. La crescente aggressività all’interno della specie (intraspecifica) in questa località è aumentata fino ad alcuni scontri così sanguinosi da risultare mortali. Al momento attuale, il grande gruppo iniziale si è suddiviso in tre distinti e belligeranti gruppi separati: uno occidentale, uno centrale, uno orientale.

Stanno facendo il giro del mondo le foto toccanti dello scimpanzé Basie, ben prima di essere attaccato e ucciso, mentre mostra i denti, a metà tra sorriso forzato e gesto di rituale minaccia, al fotografo che lo disturba tra le fronde ombreggianti della foresta ugandese. A Basie hanno strappato il pene.

Il giovane primatologo Aaron Sandel (Università del Texas), era fortunosamente presente allo scimpanticidio. Brutta fine anche per Erroll, (un testicolo divelto), maschio di basso “rango” sociale dunque più vulnerabile nell’economia sociale del gruppo, e forse periferico durante gli spostamenti del branco, nonostante la spiccata coesione e cooperazione che caratterizza la specie: che in effetti è continuamente dedita a risse chiassose e a rabbiosi rituali di minaccia, come afferrare un lungo ramo fogliuto e sbatterlo per terra emettendo una varietà di suoni (tra l’urlo rauco e l’abbaiamento) che segnalano ai conspecifici intenzioni, emozioni, e dunque propensione all’attacco: tutte strategie di solito intese a far sì che uno dei due contendenti arretri o più definitivamente si allontani dall’altro.

Nel gennaio del 2018, tre maschi del gruppo occidentale hanno inseguito e ucciso un giovane di 15 anni (lo scimpanzé vive in cattività fino a più di 60 anni). Alcuni maschi del gruppo occidentale hanno attaccato e soppresso tre maschi del centrale. Killer e vittime sono tutti maschi che in passato avevano verosimilmente condiviso scorribande a caccia di frutta e nidi, risse adolescenziali più o meno giocose e reciproci delicati spulciamenti che ne vincolavano affinità e alleanze. Parti degli organi sessuali maschili sono stati estirpati. Il dibattito arde nel mondo degli esperti…

L’aggressività dello scimpanzé era stata pittorescamente descritta dalla mitica pioniera etologa e primatologa Jane Goodall a cui l’antropologo Leakey affidò il compito di infiltrarsi con grazia silenziosa e infinitevole perseveranza in un gruppo sociale di scimpanzé tanzanesi, alla Gombe Stream National Reserve. Un laboratorio a cielo aperto divenuto nei decenni fonte di osservazioni dettagliate e continuative sulle vicende famigliari e di gruppo di queste scimmie antropomorfe: farsi accettare dal gruppo animale finché la presenza dell’etologo divenisse del tutto indifferente divenne requisito professionale di base.

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