L’Eni deve cambiare mestiere - Giuseppe Onufrio
L’assemblea degli azionisti di Eni che ha escluso, in modo abbastanza arrogante, la partecipazione (pur virtuale) di azionisti «critici» – come Re:Common, Fondazione Finanza Etica e Greenpeace, che avevano presentato una analisi delle strategie dell’azienda – ha approvato un piano strategico che, nonostante alcuni elementi innovativi, manterrà l’azienda «dalla parte sbagliata della storia» e cioè tra quelle che continueranno ad alimentare la crisi climatica.
Seppur siano previsti interventi per «ambientalizzare» le attività dell’azienda, basati in parte sulla tecnologia del Carbon Capture and Storage di assai dubbia affidabilità e sicurezza ambientale, il core business rimane quello di continuare a estrarre idrocarburi. E, va ricordato, le emissioni di gas serra di petrolio e gas estratto da Eni sono circa 6 volte quelle delle proprie attività industriali.
Gli investimenti in direzione delle rinnovabili a breve e medio periodo sono assolutamente marginali.
Se per la produzione di idrocarburi l’Eni prevede un investimento di 24 miliardi entro il 2023, quelli in fonti rinnovabili sono circa un decimo – 2,6 miliardi – e altri 1,4 miliardi di investimenti “verdi” non meglio specificati.
Si annuncia (ed era ora) l’uscita dalla produzione di biodiesel da olio di palma (oggi l’80% della bio-raffinazione a sei zampe) ma non è chiaro come intende sostituirli: si cita il Pome (effluenti da oleifici da palma) che avrebbe impatti ambientali comunque negativi.
Se l’Eni è tra le aziende petrolifere a muoversi con ambizione ambientale maggiore, come riconosce il rapporto della influente Transition Pathway Initiative, una coalizione di investitori, il piano industriale non è comunque allineato all’obiettivo degli Accordi di Parigi, con un percorso di decarbonizzazione che non arriva alla traiettoria (meno ambiziosa) di mantenere la temperatura globale entro i 2°C.
I prossimi 10 anni, com’è noto, saranno decisivi per abbattere le emissioni globali e mantenere aperta la possibilità di limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C.
Eni invece focalizza l’attenzione agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra solo sul lungo periodo (2035-2050) e rinvia l’adozione di misure drastiche fino al 2025 – cioè per i prossimi due mandati del CdA – non contribuisce granché agli obiettivi a breve e conferma un sostanziale disimpegno climatico.
Dunque Eni, in questi prossimi anni decisivi, intende giocare ancora dalla parte del problema e non della soluzione. E, siccome gli investimenti certi sono quelli che si metteranno in campo in questi prossimi anni, l’operazione di De Scalzi è quella di una confezione rinverdita di una azienda che è e intende rimanere nel settore dell’estrazione di idrocarburi (anche se con più gas e meno petrolio).
La sfida della decarbonizzazione è complessa e difficile e richiede necessariamente la partecipazione di tanti attori, incluse le grandi aziende energetiche. Se per una parte della trasformazione il ruolo dei cittadini – «prosumer» – è già e potrà essere ancora più rilevante, non sarà possibile vincere la sfida climatica se le aziende grandi, medie e piccole non contribuiscono al loro livello.
Per un’azienda come Eni la vera sfida è di «cambiare mestiere» – rinnovabili, efficienza degli edifici, sviluppo di gas di sintesi da rinnovabili come l’idrogeno – e anche abbastanza in fretta.
* direttore Greenpeace Italia
Articolo pubblicato anche su il Manifesto
QUI La "nuova Eni". La strategia del gruppo ENI fino al 2050. Critiche di Re:Common, Finanza Etica e Greenpeace
La pubblicità “verde” di ENI smascherata da due gruppi ecologisti - Patrick Boylan
I messaggi promozionali circa la sostenibilità ambientale e la cura dell'ecosistema da parte di Eni inondano quasi tutte le testate nazionali, facendoci credere che il cane a sei zampe sta davvero cambiando rotta. Ma cosa c'è oltre la patina degli annunci?
A Sud Onlus e il CDCA - Centro Documentazione Conflitti Ambientali hanno pubblicato un nuovo dossier – "Follow the green: la narrazione di Eni alla prova dei fatti" – che mira a rispondere a questa domanda, focalizzandosi sul greenwashing a sei zampe. Si può scaricare gratuitamente il documento, ricco di infografìche, sia per intero sia in forma ridotta (“executive summary”), cliccando qui.
Ma basta dare un'occhiata, in un giorno qualsiasi, all'homepage del sito di Eni, per accorgersi che non c'è traccia di petrolio, o quasi. Spesso l'apertura del sito è dedicata alla riconversione ecologica. E chi non ricorda la martellante pubblicità “verde” della multinazionale: “Eni + Luca è meglio di Eni”? Tutto questo da parte di uno dei leader indiscussi sul fronte energetico, che ancora oggi opera in 66 Paesi, conta 32mila dipendenti, produce 1,871 milioni di barili di greggio al giorno e vende 73 miliardi di metri cubi di gas all'anno.
Questo greenwashing, tuttavia, come le bugie, ha le gambe – o meglio, le zampe – corte. I giovani dei Fridays for Future, per esempio, non si sono lasciati affatto ingannare. Hanno denunciato più volte ciò che chiamano l'ipocrisia della multinazionale persino davanti alla sua sede centrale a Roma/EUR, intonando i seguenti versi sulla musica di “I just can't get enough”:
Ti vesti di verde, ti mostri accanto a noi,
Ma tanto io lo so, ma tanto io lo so.
Trivelli indisturbata ed incognito,
Ma tanto io lo so, ma tanto io lo so.
Sei sempre tu, con sei zampe o più,
E i tuoi legami coi governi
Ma tanto io lo so, ma tanto io lo so.
Trivelli indisturbata ed incognito,
Ma tanto io lo so, ma tanto io lo so.
Sei sempre tu, con sei zampe o più,
E i tuoi legami coi governi
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
E che Eni fa greenwashing sì lo so.
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
Po-po-ro-po-ro-po-po-po
Il dossier "Follow the green: la narrazione di Eni alla prova dei fatti" descrive tutto ciò con un'ampia documentazione. Tutti gli argomenti trattati nella pubblicazione – le fonti fossili, i cambiamenti climatici, l'economia circolare, i territori su cui Eni lavora, il caso emblematico di Gela – sono raccontati per mezzo di una lente bifocale. Per ogni tema, da una parte c'è la visione da lontano, quella di Eni, che viene riportata per mezzo dell'analisi di interviste, pubblicità, podcast, video, targate Cane a sei zampe; dall'altra parte, utilizzando la lente per la presbiopia, si racconta la visione da vicino che mostra come sono le cose davvero, una visione articolata dall'analisi approfondita dei documenti prodotti da Eni ma anche da studi di ONG, enti istituzionali, inchieste condotte e studi scientifici.
Gli attivisti di A Sud e di CDCA presenteranno il loro lavoro di ricerca il 14 maggio per mezzo di un webinar #Pillolaverde in diretta dalle ore 18.30 alle ore 21.30 sui canali social: https://bit.ly/FollowTheGreenEvento. Il ciclo completa dei loro webinar si trova digitando https://bit.ly/pillolaverde .
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