Il settore delle
pellicce sta affrontando, ormai da diverso tempo, una crisi che pare inarrestabile. Lo confermano i dati inequivocabili delle recenti aste, su tutte Saga Furs, che
hanno visto un netto calo dei prezzi e degli acquisti.
Le associazioni
animaliste hanno intensificato le campagne di sensibilizzazione e le persone si
mostrano sempre più consapevoli della realtà che si cela dietro lo sfruttamento
degli animali. Così la pelliccia viene considerata dai più come un prodotto
anacronistico ottenuto con pratiche crudeli e inaccettabili. Persino molti stilisti di fama mondiale hanno compiuto un passo storico
escludendo finalmente le pellicce dalle loro ultime collezioni.
La crisi dell’asta Saga Furs e
il crollo della Nafa
La pelliccia è un
prodotto che non può essere né standardizzato né venduto con il solo ausilio di
schede tecniche come avviene per altri prodotti commerciali. Per questo motivo
il prezzo delle pelli grezze è determinato nell’ambito di aste internazionali.
Proprio in questi
giorni si sta concludendo Saga Furs, una delle aste
scandinave più importanti al mondo, di proprietà
dell’industria della pelliccia finlandese. L’asta, causa la recente pandemia del Covid-19, si sta svolgendo on line e in
questi giorni giunge al termine con
risultati disastrosi.
I dati attuali
mostrano le vendite ferme, rispetto alla disponibilità totale dei capi, al 44%
per quanto riguarda le pellicce di visone, al 14% per quelle di volpe e
addirittura al 9% per quelle di procione.
Molti capi
risultano invenduti e senza acquirenti nonostante i prezzi sempre più bassi,
evidenziando un declino che va avanti da tempo. Già nel 2018, infatti, Saga
Furs aveva visto crollare le proprie vendite e i conseguenti ricavi.
Una crisi analoga ha
investito soltanto pochi mesi fa NAFA (North American Fur Auctions), la più grande casa d’aste del
Nord America e la seconda al mondo, in bancarotta dopo la
decisione di alcuni importanti finanziatori di non investire più nel settore,
che evidentemente porta ormai solo scarsi guadagni.
A fine aprile, nel
peggior momento sino ad oggi riscontrato dall’industria delle pellicce, avrà
luogo un’altra grande asta di livello mondiale, quella organizzata dalla Kopenhagen
Furs. Anche in questo caso si svolgerà inevitabilmente on line, con
premesse che preannunciano un ulteriore calo dei prezzi e delle vendite.
Secondo la stessa Kopenhagen Furs, se guardiamo anche solo alle pellicce di
visone, nel 2020 queste incontreranno un calo del 35%.
La situazione globale fotografa
un settore in netta difficoltà
Cala la domanda e,
con essa, scendono i prezzi e diminuiscono gli animali utilizzati per le
pellicce. La situazione attuale pare immortalare una crisi che si ripercuote
ovunque, a livello globale. Non solo grandi case di moda – tra cui Versace, Armani, Gucci, Hugo Boss,
Burberry – hanno deciso
di sposare una moda ‘fur free’, ma anche diverse importanti banche, per motivi
etici e finanziari, non finanzieranno più il settore delle pellicce. Tra questa
la ING, la RABOBANK e la EUROPEAN BANK, e ciò lascia
immaginare una caduta senza fine di un ambito ormai danneggiato gravemente.
Giungono
importanti novità e notevoli passi avanti anche dai vari governi. Lo scorso
ottobre, proprio in concomitanza con il default della Nafa, la California ha scritto una pagina importante che
cambierà il destino degli animali. Con un divieto che entrerà in vigore nel
2023, sarà infatti proibita la produzione e la vendita di abiti,
scarpe o borse contenenti pelliccia di animale.
L’Europa non resta
di certo a guardare. Gli allevamenti di animali da pelliccia sono vietati, o
normati così rigidamente da non essere di fatto realizzabili, in ben 15 Stati europei. Da menzionare il caso della
Polonia,che era diventata in pochi anni il paese con la produzione più alta del
continente ed il terzo nel mondo. Oggi
segue il trend e paga la crisi.
Dal 2016 ad oggi
la Polonia ha registrato la chiusura di quasi 200 allevamenti (40 di queste
soltanto nei primi due mesi del 2020) e la produzione è passata in pochi anni
da 10 milioni di visoni uccisi ai 5,5 attuali.
Ma la crisi non si
arresta, si prevedono ancora molte chiusure e anche in questo paese è in corso
un dibattito parlamentare per valutare il divieto di allevamento degli animali
da pelliccia. Un passo che occorrerebbe realizzare al più presto anche in
Italia.
L’impegno di Essere Animali e
l’attuale situazione in Italia
Negli anni abbiamo realizzato ben 3 indagini dedicate agli animali da
pelliccia. Con le immagini documentate abbiamo portato alla luce le
crudeli condizioni riservate ai visioni, l’unica specie ancora allevata in
Italia per le pellicce.
Sono animali con
un’indole selvatica, solitaria e semiacquatica, che negli allevamenti sono
invece rinchiusi all’interno di minuscole gabbie in rete
di metallo. Si tratta di strutture sospese da terra, senza alcuna possibilità
di accedere all’acqua e in cui gli animali sono sottoposti a condizioni
quotidiane estreme. In questa situazione sono inevitabili ferite e forte
stress, con conseguenti aggressioni tra loro che arrivano anche a vere e
proprie mutilazioni.
Quello dei visoni
è un destino crudele che ci ha portato a impegnarci anche in difesa di questi
animali. La campagna #VisoniLiberi, attiva
già da diversi anni e rilanciata da un nuovo sito, ci ha visti impegnati con
manifestazioni, proteste e azioni legali che hanno contribuito alla chiusura di diverse strutture (ben 9 soltanto negli ultimi 3 anni) e ad impedire
l’apertura di nuove attività. Dati incoraggianti, ma che ancora non bastano.
Infatti non ci fermeremo fino a quando non ci sarà più alcun visone allevato in
Italia.
Ad oggi sono ancora
attivi 10 allevamenti, per un totale di circa 100.000 animali allevati. Per questo, stiamo stimolando la politica affinché metta
definitivamente la parola ‘fine’, con una legge nazionale, a questa pratica di
allevamento, crudele e fuori dal tempo.
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