giovedì 21 novembre 2019

8 affermazioni su migranti e ONG false o prive di logica - Angelo Romano



Ieri la nave Eleonore della ONG tedesca Lifeline, in mare da 8 giorni con 104 persone a bordo, ha forzato il divieto di entrare in acque territoriali italiane e sì è diretta al porto di Pozzallo. Fino a due giorni fa la nave era all'altezza di Malta in attesa di indicazioni dal governo tedesco. Poi, nella notte, la dichiarazione dello stato di emergenza a bordo e la rotta verso l'Italia. Nonostante l'allarme lanciato dalla nave, però, il centro italiano di ricerca e soccorso (Mrcc) aveva ribadito il divieto di ingresso. La nave ha deciso di forzare il blocco.
Nel frattempo i 31 migranti ancora presenti a bordo di Mare Jonio, la nave del progetto umanitario Mediterranea, sono stati fatti sbarcare a Lampedusa per “motivi sanitari” dopo un’ispezione a bordo compiuta da un gruppo di medici inviati dal ministero della Salute per verificare le condizioni dei migranti, che domenica avevano annunciato uno sciopero della fame per protestare contro il rifiuto di assegnare loro un “porto sicuro”.
La scorsa settimana la nave aveva soccorso un gruppo di migranti stipati su un gommone in avaria a 70 miglia a nord di Misurata. A bordo tanti bambini sotto i dieci anni (molti anche di pochi mesi). Dopo la richiesta di un porto sicuro da parte della Capitaneria, il ministro dell'Interno uscente, Matteo Salvini aveva firmato il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque territoriali per la nave di Mediterranea. La ONG aveva respinto l'invito a rivolgersi alla Libia: "Non è un porto sicuro, c'è la guerra civile". Successivamente era stato autorizzato il trasbordo di 64 persone (donne, bambini e malati) e sulla nave erano rimasti altri 31 naufraghi. 
Con il divieto di ingresso nelle acque territoriali nei confronti delle navi Eleonore e Mare Jonio, commenta il ricercatore di ISPI, Matteo Villa, siamo arrivati alla ventunesima “crisi in mare” da giugno 2018. E insieme a queste crisi e alla strategia dei “porti chiusi” ciclicamente fanno capolino alcune argomentazioni (spesso e volentieri senza alcun fondamento) sui flussi migratori, sul rischio invasione e sul presunto incentivo esercitato da parte delle ONG. 
Ieri durante la trasmissione di La7 “L’aria che tira”, condotto da Myrta Merlino, abbiamo assistito a una sorta di compendio di tutti gli slogan sull’immigrazione che senza alcuna prova a sostegno vengono diffusi in una combo disinformativa micidiale che coinvolge politici, informazione mainstream e social. Durante il programma, il deputato della Lega, Dario Galli – dibattendo con Alessandra Sciurba di Mediterranea ONG – ha sostenuto nell’ordine: di essere in possesso di un non meglio precisato video che mostrerebbe membri dell’equipaggio di alcune ONG aiutare gli scafisti; che in Italia ci sono 5 milioni di poveri (ndr, dato riportato correttamente come mostrano le statistiche sulla povertà 2018 dell’Istat) “perché paghiamo la residenza in albergo a 3 - 4 milioni di persone che arrivano da altri paesi”; che i migranti, alla ricerca di un lavoro nel nostro paese, s’imbarcano sapendo di essere salvati; che non dobbiamo creare le condizioni per accogliere 5 miliardi di persone che stanno peggio di noi. Nell'immediato nessuno dei giornalisti presenti in studio lo ha interrotto o gli ha fatto notare le cose non vere dette. E a farlo avrebbe dovuto essere soprattutto la conduttrice. Solo dopo una decina di minuti è intervenuto Federico Geremicca per sottolineare a Galli che non ci sono prove a sostegno degli aiuti delle ONG agli scafisti e che le inchieste al riguardo non hanno mai provato alcun contatto di questo tipo.
Fatto salvo che i migranti presenti nel nostro sistema di accoglienza non risiedono in alberghi ma in strutture scelte dalle Prefetture e dai Comuni, e che, in base ai dati più recenti comunicati nella relazione del Ministero dell'Interno dello scorso 15 agosto, non si tratta di 3 o 4 milioni di persone (ndr, in Italia i posti letto negli alberghi sono 2milioni e 300mila) ma 102.402, le affermazioni di Galli hanno riproposto alcune argomentazioni che abbiamo individuato anche nei commenti a un nostro recente articolo dal titolo Dire “non possiamo accogliere tutti” giustifica l’omissione di soccorso.
Abbiamo selezionato alcune affermazioni ricorrenti mostrandone l’arbitrarietà, dal punto di vista dei dati e / o della logica argomentativa.

1) “Senza le ONG non partono e ci sono meno morti” 
La convinzione che le ONG costituiscano un pull factor non è nuova. Sin dal 2017 la navi delle organizzazioni non governative (ndr, dalla primavera del 2015 operative in operazioni di soccorso e salvataggio nel Mediterraneo dopo la chiusura dell'operazione militare umanitaria Mare Nostrum, guidata dall'Italia, l'avvio della missione militare finanziata dall'Unione europea Triton e, successivamente, di Sophia) sono state accusate di incoraggiare le partenze dalla Libia con il loro spingersi quasi al ridosso del mare territoriale libico. 
I dati, però, mostrano che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle ONG e gli sbarchi sulle coste italiane. In altre parole, scrive ISPI, le ONG non hanno avuto e continuano a non avere alcuna influenza sulle partenze dalla Libia. A determinare il numero di partenze tra il 2015 e oggi sembrano essere stati altri fattori come l’attività dei trafficanti sulla costa, la richiesta dei migranti di imbarcazioni con le quali partire nelle diverse località libiche e, anche, le condizioni atmosferiche. 
In effetti, prosegue ISPI, un calo delle partenze si è registrato dal 2017 in poi, cioè da quando alcune milizie libiche che gestivano o tolleravano i traffici irregolari hanno iniziato a collaborare con l’Italia e l’Unione europea. Dal 2018 in poi, il governo M5S Lega guidato da Giuseppe Conte ha messo in atto azioni e politiche di deterrenza nei confronti delle ONG e delle navi mercantili che prestavano soccorso nel mar Mediterraneo...

continua qui


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