Finita l’estate,
l’incontro di economisti che ha chiamato a rapporto da tutta Europa chi studia
il fenomeno geo-politico del turismo per trarne un bilancio è stata occasione
per ammirare, avvolti nella notte, le panchine del giardino pubblico dietro il
Castello, pensando all’enorme corpo del mare in lontananza mentre tra gli
alberi si nascondono o corrono i ragazzi, giovani vampiri con bustine da
vendere. Si rammentano anche le aride rilucidate camere d’albergo, sempre un
po’ deludenti, qui vicino e vicino a piazza Venezia o ai giardini delle
Tuileries, vicino a piazza san Marco o in qualche isola greca. La Spagna
mantiene le mete consuete, in Francia si mantiene il tasso d’occupazione negli
alberghi, in Italia quasi, ma cresce l’utilizzo di altri siti di accoglienza
(b&b, affittacamere). Tunisia, Egitto e Turchia stanno riprendendo quote di
mercato, come la Grecia e le sue isole. Ci si muove verso nessun luogo. Tg e
articoli da fonti troppo interessate alla solita consuetudine del passato, del
presente e del futuro, lì a ricordarci i desideri e i riflessi che alla fine
sono simulacri del movimento verso nessun luogo. Anche nei mesi estivi del 2019
troppi sono stati costretti a restare a casa, fare la passeggiata di un giorno
come turista di transito. Qualche gruppo affitta anche una guida che gli spiega
angoli e siti e monumenti, se riescono a raggiungere una città d’arte. C’è
stato chi, vicino alla montagna ha smaltito il sudore dell’afa, chi prossimale
al mare ha fatto il picnic in spiaggia.
Non è mancata
l’ipocrisia di chi ha proclamato che più numerosi del passato sono stati i
vacanzieri locali che hanno compensato il minor numero di turisti stranieri.
S’è letto delle solite lamentele di chi, pur con gli alberghi pieni per qualche
settimana, li vorrebbe pieni tutto l’anno, aspettando che altri organizzino
eventi di contorno, spettacoli musicali, mostre d’arte, che affidandosi a colpi
di cuore – come la celebrità che frequenta siti – si potenzi il turismo.
Sì, per alcune
località del sud europeo il peso del turismo sul PIL non è cosa da poco, ma affidarsi
a chi affitta camere o fa b&b in molte occasioni abusivamente, ovvero non
pagando le imposte, è un avventura che agirà negativamente negli anni e nelle
località che fanno poco per essere produttive e quindi davvero attrattive.
Capita poi il
fallimento di enormi compagnie turistiche, numerosi pagano pedaggio alla fame
del capitalismo che li ha rimpinguati da tempo e li ha anche derubati di soldi
accantonati per un viaggio.
È come nei vicoli
dell’Ipermercato, il logo non conta, uno vale l’altro: spingiamo carrelli come
fossero carrozzine, diveniamo le mamme di un paio di cavolfiori e della crema
di nocciole per la colazione. I titoloni delle offerte speciali lampeggiano per
chi è lettore di questo genere letterario, il volantino dell’Ipermercato.
I luoghi del
capitalismo sono anche le spiagge dove si ascoltano discorsi da reparto
biancheria intima dell’Ipermercato: “io ho le gambe belle, ma il seno non si
regge più”, “io ho un seno che è ancora uno schianto, ma le gambe non mi
reggono più”.
Turismo e
capitalismo, liberismo del mercato: una creazione di bugie. Non soltanto
perché ancora per molti le frontiere del viaggiare sono chiuse, perché non si
parte per mancanza di possibilità economiche. C’è la classe borghese
proprietaria di alberghi: sì, fanno investimenti per migliorare le strutture,
ma poi aumentano le tariffe. C’è la classe padronale dei pubblici esercizi che
impararono con l’entrata in vigore dell’euro a calcolare 1 euro per mille lire,
così ancora adesso una lattina di bibita che costava millecinquecento lire dove
costava molto ora, con tutta la deflazione, costa tre euro dove costa poco.
In alcune
località, italiane e straniere, anziché abbracciarsi tra ragazzi si abbraccia
una anguria perché poi se ne fa una scorpacciata in compagnia dove si sta soli
con la propria fetta.
Come va il turismo
nel mondo? È un fenomeno economico che va sempre approfondito, cambia nell’arco
di un decennio: mete, flussi, mezzi utilizzati. Insomma ci vuole gente che
sappia studiarlo e criticarlo. La lotta di classe non può esimersi dal riconoscere la
barricata tra capitalisti (i padroni di alberghi, ristoranti, discoteche) e
subordinati (camerieri, facchini, posizioni di lavoro più basse e meno pagate, fuori da
contratti o falsati da accordi degli enti bilaterali, il tavolo comune tra
padroni e sindacati). Noi siamo, in fondo, un nulla accanto a questo silenzio,
come un carrettiere che guarda una cavalla stanca.
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