venerdì 4 ottobre 2019

Colpi di cuore e si fa turismo - Guido Capizzi




Finita l’estate, l’incontro di economisti che ha chiamato a rapporto da tutta Europa chi studia il fenomeno geo-politico del turismo per trarne un bilancio è stata occasione per ammirare, avvolti nella notte, le panchine del giardino pubblico dietro il Castello, pensando all’enorme corpo del mare in lontananza mentre tra gli alberi si nascondono o corrono i ragazzi, giovani vampiri con bustine da vendere. Si rammentano anche le aride rilucidate camere d’albergo, sempre un po’ deludenti, qui vicino e vicino a piazza Venezia o ai giardini delle Tuileries, vicino a piazza san Marco o in qualche isola greca. La Spagna mantiene le mete consuete, in Francia si mantiene il tasso d’occupazione negli alberghi, in Italia quasi, ma cresce l’utilizzo di altri siti di accoglienza (b&b, affittacamere). Tunisia, Egitto e Turchia stanno riprendendo quote di mercato, come la Grecia e le sue isole. Ci si muove verso nessun luogo. Tg e articoli da fonti troppo interessate alla solita consuetudine del passato, del presente e del futuro, lì a ricordarci i desideri e i riflessi che alla fine sono simulacri del movimento verso nessun luogo. Anche nei mesi estivi del 2019 troppi sono stati costretti a restare a casa, fare la passeggiata di un giorno come turista di transito. Qualche gruppo affitta anche una guida che gli spiega angoli e siti e monumenti, se riescono a raggiungere una città d’arte. C’è stato chi, vicino alla montagna ha smaltito il sudore dell’afa, chi prossimale al mare ha fatto il picnic in spiaggia.
Non è mancata l’ipocrisia di chi ha proclamato che più numerosi del passato sono stati i vacanzieri locali che hanno compensato il minor numero di turisti stranieri. S’è letto delle solite lamentele di chi, pur con gli alberghi pieni per qualche settimana, li vorrebbe pieni tutto l’anno, aspettando che altri organizzino eventi di contorno, spettacoli musicali, mostre d’arte, che affidandosi a colpi di cuore – come la celebrità che frequenta siti – si potenzi il turismo.
Sì, per alcune località del sud europeo il peso del turismo sul PIL non è cosa da poco, ma affidarsi a chi affitta camere o fa b&b in molte occasioni abusivamente, ovvero non pagando le imposte, è un avventura che agirà negativamente negli anni e nelle località che fanno poco per essere produttive e quindi davvero attrattive.
Capita poi il fallimento di enormi compagnie turistiche, numerosi pagano pedaggio alla fame del capitalismo che li ha rimpinguati da tempo e li ha anche derubati di soldi accantonati per un viaggio.
È come nei vicoli dell’Ipermercato, il logo non conta, uno vale l’altro: spingiamo carrelli come fossero carrozzine, diveniamo le mamme di un paio di cavolfiori e della crema di nocciole per la colazione. I titoloni delle offerte speciali lampeggiano per chi è lettore di questo genere letterario, il volantino dell’Ipermercato.
I luoghi del capitalismo sono anche le spiagge dove si ascoltano discorsi da reparto biancheria intima dell’Ipermercato: “io ho le gambe belle, ma il seno non si regge più”, “io ho un seno che è ancora uno schianto, ma le gambe non mi reggono più”.
Turismo e capitalismo, liberismo del mercato: una creazione di bugie. Non soltanto perché ancora per molti le frontiere del viaggiare sono chiuse, perché non si parte per mancanza di possibilità economiche. C’è la classe borghese proprietaria di alberghi: sì, fanno investimenti per migliorare le strutture, ma poi aumentano le tariffe. C’è la classe padronale dei pubblici esercizi che impararono con l’entrata in vigore dell’euro a calcolare 1 euro per mille lire, così ancora adesso una lattina di bibita che costava millecinquecento lire dove costava molto ora, con tutta la deflazione, costa tre euro dove costa poco.
In alcune località, italiane e straniere, anziché abbracciarsi tra ragazzi si abbraccia una anguria perché poi se ne fa una scorpacciata in compagnia dove si sta soli con la propria fetta.
Come va il turismo nel mondo? È un fenomeno economico che va sempre approfondito, cambia nell’arco di un decennio: mete, flussi, mezzi utilizzati. Insomma ci vuole gente che sappia studiarlo e criticarlo. La lotta di classe non può esimersi dal riconoscere la barricata tra capitalisti (i padroni di alberghi, ristoranti, discoteche) e subordinati (camerieri, facchini, posizioni di lavoro più basse e meno pagate, fuori da contratti o falsati da accordi degli enti bilaterali, il tavolo comune tra padroni e sindacati). Noi siamo, in fondo, un nulla accanto a questo silenzio, come un carrettiere che guarda una cavalla stanca.

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