La seconda medaglia storica ai giochi olimpici di Rio
del 2016 è d’argento. In continuità con la lotta tradizionale nigerina, il
giovane Alfaga Abdoulrazak è
arrivato in finale nella specialità di taekwondo. Si è guadagnato l’argento
e meritatamente gli onori di casa. È diventato da allora un modello per i giovani nigerini, abituati a
vedere il proprio Paese in fondo alle altre classifiche. Per esempio l’indice
sullo sviluppo umano che ci conferma in un discutibile ultimo posto nella lista
dei paesi esaminati. C’è invece un primato di cui andiamo fieri e che portiamo
con dignità. Con un’ètà media di 15, 4 anni siamo il più giovane paese del
mondo. A titolo di illustrazione potremmo ricordare che in Italia, uno
dei paesi più vecchi, la media di età è di circa 45,5 anni. I nostri, qui, sono
anni spuntati da poco, da quindicenni appunto. Anni verificabili sulle strade,
nelle campagne e soprattutto nei reparti di maternità. Portiamo con onore la medaglia di sabbia.
Il primo ad entrare nella leggenda sportiva del Niger
è stato un pugile che ha guadagnato la medaglia di bronzo. Si tratta di Issaka Daboré che l’aveva ricevuta nel lontano 1972, ai
giochi olimpici di Monaco in Germania. Dopo il bronzo c’è stato l’argento del
giovane Abdoulrazake. Festeggiamo
adesso ciò che ci compete d’ufficio, una medaglia di sabbia tutta per noi, il
Paese più adolescente del mondo. Ci perdonerete se facciamo
confusione tra regolare o irregolare, tra certificati di nascita e visa
turistico. Per i numerosi colpi di stato, per le eccezioni alla carta
costituzionale e ai progetti di sviluppo che non arrivano mai a buon fine.
Abbiamo dalla nostra parte l’adolescenza, la prima giovinezza e l’infanzia che
ci accompagna. Non ci sogneremmo mai di competere con voi in altri ambiti ben
più importanti. Alla vostra età si presume un saggezza che non abbiamo. Per
esempio fare armi sofisticate, banche virtuali, speculazioni finanziarie, muri
di cinta e ponti levatoi tra un mare e l’altro. E non è finita qui. Con 45 anni di media avete paura di vivere
invece di rischiare come da noi.
C’è chi è ancora più piccolo
di noi, la bimba guatemalteca che, dopo non aver mangiato e bevuto per alcuni
giorni, è morta disidratata prima di raggiungere l’ospedale. Aveva sette anni e
aveva appena passato l’ultima frontiera della vita con suo padre e altri
migranti come lui. Un lungo viaggio senza ritorno dal suo Paese
all’Altro. Quello dove le frontiere sono armate, assediate e studiate perché le
bambine come lei non arrivino mai a destinazione. Sette anni sono pochi,
soprattutto per chi possiede una media di età che si avvicina ai cinquanta. La
piccola è più vicina alla nostra media, appena quindici anni e tutta una vita
davanti. Ecco perché, in definitiva, cominciamo a pensare che la saggezza non
dipende dall’età, ma dal luogo di nascita. C’è chi a sette anni è molto più maturo di chi ha una media di età che
supera i quarantacinque anni. Pochi di voi, possiamo supporre, mai non hanno
mangiato e bevuto per alcuni giorni. Meno ancora coloro che hanno passato
illegalmente le frontiere. La saggezza della piccola non è bastata a salvarla.
Vorremmo dunque dare a lei, la piccola guatemalteca di sette anni, la medaglia
di sabbia a cui tenevamo tanto. Come un fiore tra i capelli.
Niamey, dicembre 2018
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