La questione dei diritti animali contiene implicazioni sociali, sanitarie,
finanziarie e, non ultime, etiche. Tempo fa, il settimanale “Panorama” ha
pubblicato una classifica che attribuiva un voto ai canili da 1 a 5 stelle,
sulla base delle condizioni in cui vengono tenuti i cani. Sono stati
censiti anche alcuni canili sardi, uno dei quali, a Sassari, è stato definito
addirittura la “favelas” dei cani.
A queste notizie se ne sono aggiunte, tempo fa, altre più allarmanti, provocate da una denuncia della Presidente del movimento U.N.A. (Uomo Natura Animali) Leila delle Case, nella quale ha informato sia la Procura della Repubblica, sia l’Assessore Regionale On. Dirindin, sul presunto invio di cani che dalla Sardegna verrebbero trasferiti in Germania, accompagnati da volontari, presso famiglie adottanti. Ci si è chiesti : ma non ci sono cani a sufficienza in Germania, per quelle famiglie i disponibili all’adozione, o, il “cagnetto sardo” sta diventando più ambito e richiesto del “porcetto sardo “? La Sardegna potrebbe diventare famosa per la produzione di randagi da export, mentre importa suinetti, agnelli e cavalli ? Ma tant’è, l’Europa …e la direttiva Bolkenstein forse spingono in questa direzione!
La stampa riporta inoltre che , vi sono Amministrazioni Comunali, che propongono un’alimentazione nelle mense scolastiche fatta esclusivamente di prodotti sardi.
Noi valutiamo positivamente quest’orientamento, legato alla esigenza della tracciabilità, tuttavia, riteniamo opportuno, affiancare alle possibilità di scelta, anche un menu di tipo vegetariano. I cittadini orientano i propri consumi verso alimenti la cui produzione non sia causa di sofferenza animale. Sono numerosi i genitori che si fidano dei nutrizionisti, che sfatano la convinzione secondo la quale la dieta carnea sia la più adatta soprattutto per i bambini e gli adolescenti. Possiamo , a tal proposito citare Benjamin Spock, pediatra di reputazione mondiale. Nella settima edizione del suo “Baby and Child Care”, 1998, (rivista ed ampliata) sostiene : “Per i bambini una dieta a base di vegetali è generalmente più salutare di una dieta che contenga colesterolo, grassi animali ed eccessive proteine che si trovano nella carne e nei latticini. Tuttavia, una dieta vegetariana non deve essere povera di calorie. Le calorie debbono provenire da un’ampia varietà di vegetali a foglia verde, frutta, cereali integrali, fagioli e altri legumi “. Alle considerazioni di tipo salutistico, vanno aggiunte quelle di tipo sociale: Indagini di etnografi, antropologi, storici ed anche biologi mostrano come il consumo di carne abbia poco a che fare con le esigenze alimentari ma, sia, piuttosto, un fatto di abitudini e di costume. Anche lo stile di vita alimentare determina il consumo di gran parte delle risorse del pianeta. Infatti, una dieta carnea prevede questo perverso meccanismo : si adibisce un terreno a pascolo o a coltivazioni di vegetali per nutrire animali da carne o da latte. Ma per ogni chilo di carne ottenuto, ogni animale di media avrà consumato almeno sei chili di vegetali, cereali soprattutto.
Alle considerazioni salutistiche e sociali, si aggiungono quelle etiche: essere vegetariani è un passo necessario per agire, in prima persona, a favore di una vita migliore per la terra e per tutti i suoi abitanti, e per ridurre il fenomeno della fame nel mondo. I dati ribaditi dalla FAO ultimamente sono ormai noti a tutti: 850 milioni di persone al mondo soffrono la fame! Cosi come, termini tipo “ impronta ecologica” sono ormai di comune conoscenza.
Nel numero del 13 settembre la rivista scientifica internazionale “The Lancet”, nell’articolo “Cibo,
allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute” mostra quanto questi aspetti siano correlati
tra loro e quanto sia urgente una diminuzione drastica del consumo di carne per evitare il disastro
ambientale. Nel mondo, le attività agricole, soprattutto l’allevamento del bestiame, sono responsabili per circa un quinto del totale delle emissioni di gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico. L’attuale media dei consumi di carne è di 100 grammi al giorno per persona, ma con molte differenze (anche di 10 volte) tra le varie regioni del mondo.
L’unica soluzione è quella di ridurre il consumo di prodotti animali nei paesi più
ricchi, e fissare una soglia da non superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i
paesi convergano verso lo stesso livello di consumo, molto più basso di quello attuale dei paesi
ricchi: non più di 90 grammi di carne al giorno pro-capite.
A queste notizie se ne sono aggiunte, tempo fa, altre più allarmanti, provocate da una denuncia della Presidente del movimento U.N.A. (Uomo Natura Animali) Leila delle Case, nella quale ha informato sia la Procura della Repubblica, sia l’Assessore Regionale On. Dirindin, sul presunto invio di cani che dalla Sardegna verrebbero trasferiti in Germania, accompagnati da volontari, presso famiglie adottanti. Ci si è chiesti : ma non ci sono cani a sufficienza in Germania, per quelle famiglie i disponibili all’adozione, o, il “cagnetto sardo” sta diventando più ambito e richiesto del “porcetto sardo “? La Sardegna potrebbe diventare famosa per la produzione di randagi da export, mentre importa suinetti, agnelli e cavalli ? Ma tant’è, l’Europa …e la direttiva Bolkenstein forse spingono in questa direzione!
La stampa riporta inoltre che , vi sono Amministrazioni Comunali, che propongono un’alimentazione nelle mense scolastiche fatta esclusivamente di prodotti sardi.
Noi valutiamo positivamente quest’orientamento, legato alla esigenza della tracciabilità, tuttavia, riteniamo opportuno, affiancare alle possibilità di scelta, anche un menu di tipo vegetariano. I cittadini orientano i propri consumi verso alimenti la cui produzione non sia causa di sofferenza animale. Sono numerosi i genitori che si fidano dei nutrizionisti, che sfatano la convinzione secondo la quale la dieta carnea sia la più adatta soprattutto per i bambini e gli adolescenti. Possiamo , a tal proposito citare Benjamin Spock, pediatra di reputazione mondiale. Nella settima edizione del suo “Baby and Child Care”, 1998, (rivista ed ampliata) sostiene : “Per i bambini una dieta a base di vegetali è generalmente più salutare di una dieta che contenga colesterolo, grassi animali ed eccessive proteine che si trovano nella carne e nei latticini. Tuttavia, una dieta vegetariana non deve essere povera di calorie. Le calorie debbono provenire da un’ampia varietà di vegetali a foglia verde, frutta, cereali integrali, fagioli e altri legumi “. Alle considerazioni di tipo salutistico, vanno aggiunte quelle di tipo sociale: Indagini di etnografi, antropologi, storici ed anche biologi mostrano come il consumo di carne abbia poco a che fare con le esigenze alimentari ma, sia, piuttosto, un fatto di abitudini e di costume. Anche lo stile di vita alimentare determina il consumo di gran parte delle risorse del pianeta. Infatti, una dieta carnea prevede questo perverso meccanismo : si adibisce un terreno a pascolo o a coltivazioni di vegetali per nutrire animali da carne o da latte. Ma per ogni chilo di carne ottenuto, ogni animale di media avrà consumato almeno sei chili di vegetali, cereali soprattutto.
Alle considerazioni salutistiche e sociali, si aggiungono quelle etiche: essere vegetariani è un passo necessario per agire, in prima persona, a favore di una vita migliore per la terra e per tutti i suoi abitanti, e per ridurre il fenomeno della fame nel mondo. I dati ribaditi dalla FAO ultimamente sono ormai noti a tutti: 850 milioni di persone al mondo soffrono la fame! Cosi come, termini tipo “ impronta ecologica” sono ormai di comune conoscenza.
Nel numero del 13 settembre la rivista scientifica internazionale “The Lancet”, nell’articolo “Cibo,
allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute” mostra quanto questi aspetti siano correlati
tra loro e quanto sia urgente una diminuzione drastica del consumo di carne per evitare il disastro
ambientale. Nel mondo, le attività agricole, soprattutto l’allevamento del bestiame, sono responsabili per circa un quinto del totale delle emissioni di gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico. L’attuale media dei consumi di carne è di 100 grammi al giorno per persona, ma con molte differenze (anche di 10 volte) tra le varie regioni del mondo.
L’unica soluzione è quella di ridurre il consumo di prodotti animali nei paesi più
ricchi, e fissare una soglia da non superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i
paesi convergano verso lo stesso livello di consumo, molto più basso di quello attuale dei paesi
ricchi: non più di 90 grammi di carne al giorno pro-capite.
“The Lancet “ pubblica inoltre una tabella sui consumi giornalieri di carne
pro-capite in grammi
Africa – 31
Asia meridionale e orientale – 112
Asia occidentale (compreso il medio oriente) – 54
America Latina – 147
Paesi in via di sviluppo (media) – 47
Paesi sviluppati (media) – 224
Totale – 101
Africa – 31
Asia meridionale e orientale – 112
Asia occidentale (compreso il medio oriente) – 54
America Latina – 147
Paesi in via di sviluppo (media) – 47
Paesi sviluppati (media) – 224
Totale – 101
Per arrivare a 90 grammi, nei paesi industrializzati come l’Italia, occorre
dunque più che dimezzare
il consumo di carne, arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all’attuale.
Maggiore sarà la contrazione dei consumi di alimenti animali, maggiore sarà il benessere che si può raggiungere da ogni punto di vista: impatto sull’ambiente, consumo di risorse ed energia, salute, benessere degli animali.
I cittadini più responsabili non si accontentano più di chiedere i cambiamenti necessari alla politica , che sembra molto preoccupata per lo stato del pianeta dal punto di vista ambientale e meno per quello animale, separandolo, come se questo fosse un aspetto a sé stante. Capita che tanti si commuovano occasionalmente per l’orso ucciso dal boccone avvelenato o per la tartaruga o il delfino che si disorientano in mare, a causa dell’inquinamento, ma meno del vitello costretto ad una vita infame per mantenere le sue carni innaturalmente bianche.
Sul consumo di carne, così come sui diritti degli animali – problematiche connesse l’una con l’altra, esiste un’ampia letteratura, in parte frutto di ricerca scientifica. Ha fatto scuola ed è uscito dalla cerchia dei catastrofisti dove era stato confinato Jeremy Rifkin, il quale in Ecocidio (Mondadori, Milano, 2001), esamina e mette a confronto aspetti economici, medici, ecologici ed etici e offre un’ampia rassegna degli studi e della produzione letteraria in merito.
In qualità di presidente ( di sinistra ) di un’associazioni animalista, mi preme sensibilizzare i cittadini, facendoli riflettere sul fatto che la questione dei diritti degli animali è un cosa “di sinistra”, perché : riguarda esseri indifesi, che non hanno voce, cosi come è stato storicamente per tutte le classi subalterne che si sono dovute emancipare, per acquisire pari diritti e dignità, gli schiavi, le donne, le persone di diverso colore, gli omosessuali , i bambini. E cosi dovrà essere per gli animali che, se avessero una vita dignitosa, contribuirebbero a rendere il mondo migliore. Rispettare il loro ciclo di vita naturale è la cartina tornasole dello stato di benessere del pianeta. Le loro condizioni di vita devono essere compatibili con la loro natura, ma ciò non avviene quando vivono stipati in allevamenti intensivi, ingrassati con l’ausilio di farmaci per aumentare il loro peso prima del tempo, perchè l’imperativo è : venderli al più presto. Le loro deiezioni , avvelenano il suolo e l’aria e contribuiscono all’aumento dei costi energetici. Inoltre, altro aspetto importante per il “cittadino consumatore”, la carne di questi animali è gonfia di antibiotici. Chi consuma carne di cavallo, ignora che gli equini provengono dai paesi dell’Est, dove vivono allo stato brado e brucano l’erba di campi contaminati da veleni depositati al suolo, perche’ in quei Paesi , non esistono normative ambientali adeguate agli standard europei. Per non parlare delle sostanze nocive depositate anche a seguito dei conflitti di qualche anno fa. Quei cavalli importati ed avviati alla macellazione, dopo viaggi di sofferenza, nonostante siano previste per legge le soste , guadagnano le prime pagine dei giornali se si rovescia il tir in autostrada o se qualche personaggio famoso ne parla. Il comune cittadino deride gli animalisti perché si preoccupano eccessivamente degli animali, e non si rende conto che gli animalisti, difendendo gli animali, difendono anche la sua salute., Anche la produzione di carne, aggiungendosi all’effetto “dumping” degli altri settori alimentari, aumenta l’impoverimento di masse diseredate e contribuisce ad aumentare la fame nel mondo.
il consumo di carne, arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all’attuale.
Maggiore sarà la contrazione dei consumi di alimenti animali, maggiore sarà il benessere che si può raggiungere da ogni punto di vista: impatto sull’ambiente, consumo di risorse ed energia, salute, benessere degli animali.
I cittadini più responsabili non si accontentano più di chiedere i cambiamenti necessari alla politica , che sembra molto preoccupata per lo stato del pianeta dal punto di vista ambientale e meno per quello animale, separandolo, come se questo fosse un aspetto a sé stante. Capita che tanti si commuovano occasionalmente per l’orso ucciso dal boccone avvelenato o per la tartaruga o il delfino che si disorientano in mare, a causa dell’inquinamento, ma meno del vitello costretto ad una vita infame per mantenere le sue carni innaturalmente bianche.
Sul consumo di carne, così come sui diritti degli animali – problematiche connesse l’una con l’altra, esiste un’ampia letteratura, in parte frutto di ricerca scientifica. Ha fatto scuola ed è uscito dalla cerchia dei catastrofisti dove era stato confinato Jeremy Rifkin, il quale in Ecocidio (Mondadori, Milano, 2001), esamina e mette a confronto aspetti economici, medici, ecologici ed etici e offre un’ampia rassegna degli studi e della produzione letteraria in merito.
In qualità di presidente ( di sinistra ) di un’associazioni animalista, mi preme sensibilizzare i cittadini, facendoli riflettere sul fatto che la questione dei diritti degli animali è un cosa “di sinistra”, perché : riguarda esseri indifesi, che non hanno voce, cosi come è stato storicamente per tutte le classi subalterne che si sono dovute emancipare, per acquisire pari diritti e dignità, gli schiavi, le donne, le persone di diverso colore, gli omosessuali , i bambini. E cosi dovrà essere per gli animali che, se avessero una vita dignitosa, contribuirebbero a rendere il mondo migliore. Rispettare il loro ciclo di vita naturale è la cartina tornasole dello stato di benessere del pianeta. Le loro condizioni di vita devono essere compatibili con la loro natura, ma ciò non avviene quando vivono stipati in allevamenti intensivi, ingrassati con l’ausilio di farmaci per aumentare il loro peso prima del tempo, perchè l’imperativo è : venderli al più presto. Le loro deiezioni , avvelenano il suolo e l’aria e contribuiscono all’aumento dei costi energetici. Inoltre, altro aspetto importante per il “cittadino consumatore”, la carne di questi animali è gonfia di antibiotici. Chi consuma carne di cavallo, ignora che gli equini provengono dai paesi dell’Est, dove vivono allo stato brado e brucano l’erba di campi contaminati da veleni depositati al suolo, perche’ in quei Paesi , non esistono normative ambientali adeguate agli standard europei. Per non parlare delle sostanze nocive depositate anche a seguito dei conflitti di qualche anno fa. Quei cavalli importati ed avviati alla macellazione, dopo viaggi di sofferenza, nonostante siano previste per legge le soste , guadagnano le prime pagine dei giornali se si rovescia il tir in autostrada o se qualche personaggio famoso ne parla. Il comune cittadino deride gli animalisti perché si preoccupano eccessivamente degli animali, e non si rende conto che gli animalisti, difendendo gli animali, difendono anche la sua salute., Anche la produzione di carne, aggiungendosi all’effetto “dumping” degli altri settori alimentari, aumenta l’impoverimento di masse diseredate e contribuisce ad aumentare la fame nel mondo.
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