L’energia
sociale emancipatrice non scompare né svanisce. Si tramuta, si trasforma e
diventa qualcosa di diverso, capace di dare impulso a nuovi movimenti, senza
perdere i suoi tratti di base sebbene si presenti in modi nuovi e inediti.
Qualcosa del genere sta accadendo nei paesi dove i popoli devono lottare
quotidianamente con alcune destre di nuovo tipo, tanto demagogiche quanto
autoritarie.
Vorrei
presentare brevemente tre casi che accadono in questi giorni in Brasile e in
Argentina, in resistenza frontale alle loro rispettive [destre], che insegnano
che sì, si può, che malgrado il “rapporto di forze” sfavorevole, possiamo
prendere iniziative e avanzare.
Il
primo è il Movimento Pase Libre (MPL)
di São Paulo, che nel mese di gennaio ha realizzato cinque manifestazioni
contro l’aumento del biglietto della Metro e degli autobus (oltre un euro per
ogni tratta). Il MPL è nato
durante il Forum Sociale Mondiale del 2005, frutto di una nuova
generazione di militanti, si è
diffuso nelle principali città del Brasile e ha avuto un protagonismo decisivo
nel giugno del 2013, nel far scendere nelle strade 20 milioni di persone
in 353 città, in risposta alla repressione della polizia militare.
Quando la nuova destra, quello stesso mese, ha
conquistato le strade, mandando via i movimenti popolari, il MPL si è ritirato
dal centro e si è concentrato nei quartieri. I suoi membri per un po’ si sono dispersi, ma
negli anni successivi hanno continuato a essere attivi nella lotta contro la riforma educativa,
dando impulso alle occupazioni di
più di 2 mila istituti scolastici, durante la gestione conservatrice di
Temer (2016-2018).
Nelle
convocazioni di gennaio, hanno
partecipato tra i 500 e i 15 mila giovani,assediati da centinaia di
poliziotti, ma sono stati capaci di riprendersi le strade,
con pochissimi mezzi, mentre le grandi organizzazioni sociali hanno perso
l’iniziativa. Non è stato facile
scendere in strada durante il primo mese del governo di Jair Bolsonaro, ma con
questa offensiva quelli del MPL stanno indicando il cammino per i prossimi
anni, che passa nell’affrontare l’estrema destra, che non può più
convocare milioni di persone come ha fatto anni addietro.
Il
secondo caso illustra la potenza del movimento delle donne, capace di “entrare”
fin nei meandri più nascosti del patriarcato. Un gruppo di poliziotte di tutta l’Argentina, ha emesso un comunicato in cui sottolinea che
vogliono “frenare gli abusi e le violenze nei nostri confronti all’interno
dell’istituzione”, le agenti
inoltre chiedono di non essere inviate alle marce delle donne, perché “non è un
delitto manifestare per la sicurezza e lo sradicamento della violenza contro di
noi”.
Le poliziotte aggiungono che, nel caso andassero a
una manifestazione di donne, sarà “per alzare il cartello Ni una menos, accompagnando
e mai reprimendo”. In quanto lavoratrici, quali si sentono, hanno deciso
di formare una rete e assicurano che sono “totalmente contro la repressione
alle organizzazioni femministe” e avvertono che “di fronte a qualsiasi atto di
violenza saremo sempre dalla parte delle donne che sono state represse, e
chiediamo che denuncino gli abusi di potere”.
In
Argentina, la forza del movimento femminista e la lotta anti-patriarcale stanno
coinvolgendo una vasta molteplicità di soggetti, dalle attrici fino alle
poliziotte. Non avremmo mai immaginato che succedessero fatti come quelli
menzionati, in corpi repressivi dove si esercita un minuzioso e ferreo
controllo gerarchico/patriarcale.
Anche
il terzo caso accade in Argentina, dove la Unión de Trabajadores de la Tierra (UTT -Unione dei
Lavoratori della Terra), ha finito
di subire una stupida ma intensa repressione della polizia di Buenos Aires, ai
loro “verdurazos”, la vendita di prodotti agricoli nelle piazze e nelle
strade. La UTT raggruppa circa 10 mila famiglie di produttori rurali in tutto
il paese, la cui produzione viene venduta per lo meno in tre
grandi magazzini della capitale argentina. Coltivano circa 120 ettari e vendono
a prezzi inferiori a quelli della grande distribuzione.
Due
settimane fa, la vendita delle verdure a Constitución (terminal dei
trasporti) è stata duramente repressa per ordine del governo
della città, però questa settimana sono ritornati con un altro “verdurazo”
nella centrale Plaza de Mayo, reclamando miglioramenti per i piccoli
produttori. La UTT ha mobilitato 5
mila lavoratori rurali e ha annunciato la donazione di 20 mila chilogrammi di
ortaggi freschi “per combattere la fame”.
La
UTT è figlia del movimento piquetero.
Proviene dal Frente Darío Santillán e forse per questo l’80 per cento si
trova nelle periferie di Buenos Aires, formando un inedito e
creativo movimento “rur-urbano”. Una
parte delle famiglie che compongono l’organizzazione sono migranti della
Bolivia, esperte nella produzione agricola. Occupano terre per produrre,
si orientano verso l’agroecologia e si organizzano in gruppi di base.
Ci
sarebbe molto altro da dire. I movimenti si stanno riorganizzando, creando le
condizioni psicologiche e organizzative per resistere e lanciare nuove
offensive. Rimane solo di prestare attenzione e aver fiducia verso los
abajos.
(Articolo
pubblicato su La
Jornada con il titolo Los
movimientos que disputan con la nueva derecha
Traduzione
per Comune-info: Daniela Cavallo)
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