I
giovanissimi hanno capito che si sta decidendo il loro destino sul pianeta e
hanno deciso che non possono più aspettare che le
classi dirigenti si occupino finalmente degli eventi climatici sempre più
gravi. Tutte le persone che da tempo hanno una chiara percezione
della gravità della situazione ambientale e che seguono con preoccupazione
crescente l’evoluzione dei fenomeni climatici più estremi guardano con molto
interesse e una punta di ansia la
nascita e la rapida diffusione di un movimento internazionale degli studenti
delle scuole e delle università. Le loro rivendicazioni hanno il
pregio di essere molto chiare e di non prestarsi a distorsioni
interessate: vogliono che i
politici finalmente si muovano e prendano tutte le decisioni necessarie per
affrontare gli squilibri del pianeta e i principali danni che
colpiscono interi popoli e territori sempre più vasti.
Chiedono,
soprattutto, che mettano in
pratica le decisioni necessarie nei tempi ristrettissimi imposti ormai dal
progredire sempre più rapido del riscaldamento globale e delle aree
continentali coinvolte da fenomeni inarrestabili, dalla siccità e dagli
incendi, dalle alluvioni e dai cicloni, dagli inquinamenti dell’aria e
dall’innalzamento degli oceani. I giovani hanno seguito con angoscia la vanità
e il ritardo con cui procedono da oltre venti anni le trattative in sede ONU,
dove all’apparente unanimità del coinvolgimento di tutti gli Stati della terra
non fanno seguito misure adeguate e incisive di interventi concreti e
risolutivi.
La lettura dei cartelli che colorano le loro
manifestazioni rivela che le loro analisi sono accurate e aggiornate e si
basano sul parere, ormai dominante, di tutti gli scienziati che si occupano di
clima e di ambiente. I loro
scioperi e le loro marce hanno obiettivi precisi e realistici. Anche i loro
tempi e la loro capacità di resistere al normale logorio degli impegni
protratti per mesi al momento non destano preoccupazioni: Greta ha lanciato la
sua provocazione nell’agosto dell’anno scorso, e i suoi discorsi semplici e
quasi elementari, ma duri e realistici nei contenuti, continuano a sollecitare
strati sempre più ampi di partecipazione, mentre studenti di paesi sempre nuovi
si aggiungono ogni giorno al movimento ormai internazionale.
La punta di
ansia, che i vecchi militanti non riescono a frenare, riguarda la conoscenza,
più volte rinnovata nel passato, della infinità elasticità e ottusità delleclassi dirigenti di un gran numero di
paesi, abituate ad assorbire
accuse e sollecitazioni e a continuare imperterrite nelle loro strategie di
crescita infinita e di dannosità senza limiti, noncuranti
dei desideri e delle esigenze profonde dei rispettivi popoli. Purtroppo i danni
che continuiamo ad infliggere al pianeta non possono essere proseguiti per
molti anni senza arrivare ai “punti di non ritorno” tanto paventati dagli
scienziati. Anche il limite dei 12 anni, tante volte richiamato come il periodo
che ancora avremmo a disposizione per ridurre drasticamente le emissioni dei
gas serra e degli altri meccanismi di danno ambientale, sembra potrebbe
ridimensionarsi se la serie degli “anni caldissimi” dovesse continuare (come
prevedono non pochi scienziati, in particolare quelli del Goddard
Institute della Nasa e del NOAA) come si è verificato in questo inizio di
secolo.
E’ evidente che i politici dovrebbero assolutamente
essere costretti ad adottare misure significative subito (cioè non avendo
davanti un periodo di oltre dieci anni) ma che prevedano impegni immediati e
cogenti, da attuare magari con delle gradualità tecniche, ma non suscettibili
di perdersi nei meandri delle misure legislative o nei labirinti della pubblica
amministrazione. E’
evidente che se il movimento adottasse un atteggiamento di questo tipo, anche
le manifestazioni dovrebbero ogni volta verificare il comportamento dei
politici e incalzarli sul rispetto degli impegni presi, verificando anche in
termini concreti la reale incidenza sui dati del clima e del riscaldamento.
I prossimi venerdì rivestiranno un crescente
interesse politico, specie in Italia, dove mancano quasi completamente i
meccanismi automatici di controllo dei tempi di assunzione delle responsabilità
politiche e soprattutto di verifica continua della realizzazione concreta delle
iniziative legislative approvate. I giovanissimi potrebbero così diventare addirittura
un fattore cruciale di rinnovamento del contesto in cui si muove la classe
politica. Ma i tempi del clima forse non permetteranno lo svolgimento di un
processo che deve essere obbligatoriamente profondo e diffuso, come denunciano
i recenti risultati elettorali.
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