Da queste
parti lei arriva come un’intrusa. Necessaria
come il pane, prevista, attesa e sperata fin dall’inizio dell’anno. La pioggia
rimane una sorpresa a cui nessuno in città si abitua. Le strade, i
cortili, le zone basse dei quartieri, l’unico sottopassaggio del Paese e il
fiume Niger, sono impreparati a riceverla. Solo i bambini, con la consueta
perizia, si avventurano a giocare partite di calcio improvvisate sotto la
pioggia.
Sono i contadini per ora,
invisibili ai più, che l’accolgono
con riconoscenza e timore. Rischiano di seminare alla prima parvenza di
acquazzone e implorano il dio incaricato di ricordarsi e provvedere la
regolarità delle piogge. E’ accaduto più di una volta, infatti, che smetta di
piovere e allora una seconda o terza semina sono necessarie, con gli scongiuri
necessari ai nemici delle stagioni.
Sotto la
pioggia è nel Sahel uno spettacolo da non perdersi per nulla al mondo. Alla
prima avvisaglia di temporale si annullano riunioni importanti. I pochi
automobilisti intrappolati nel traffico corrono a rifugiarsi sotto i tre
cavalcavia della capitale. Le moto si parcheggiano sotto le tettoie che
costeggiano le strade. I vigili spariscono coi loro cellulari sempre
accesi. Non siamo soli. Inizio giugno, nella
florida capitale economica della Costa d’Avorio, Abidjan, si erano registrati
une ventina di morti, circa 200 i feriti e danni materiali ingenti. I giornali
parlavano di immagini apocalittiche nelle zone colpite dalle inondazioni.
Centinaia di botteghe sono state spazzate via in pochi minuti di pioggie
torrenziali, non rare nel Paese.
Quasi ogni
anno il copione si ripete, con in più gli esperti che ormai predicono, con
qualche successo, le inondazioni a venire. Si
attendeva infatti una stagione delle piogge particolarmente intensa. Morti e
sfollati facevano parte del calcolo, accurato, degli esperti meteo che hanno
stilato con perizia il rapporto in questione. La profezia annunciata si è
avverata.
Nel vicino
Mali forti piogge e decessi a Kaye e Naufunké, villaggi dei quali mai si
sarebbe parlato senza questi disastri. Lo stesso è accaduto nel confinante
Burkina Faso e non solo nella capitale Ouagadougou. Altri nomi prima sconosciuti,
come quello di Gorom-Gorom, si trovano alla ribalta grazie alle piogge
abbondanti. Come sempre non mancano i ministri e le
prime dame che visitano e assistono gli sfollati, sotto le telecamere.
Anche il
Niger, come sempre in queste circostanze, non è stato di meno. Il passato 6
agosto il governo ha annunciato il decesso di 22 persone e circa 50 mila
sfollati di cui 2000 nella capitale Niamey. Nulla di troppo strano, se si pensa
alle previsioni degli esperti e alla regolarità dell’accaduto. Ancora prima si
lamentava nel Paese la morte di 13 persone a causa delle inondazioni. Una parvenza di guerra che, come sempre,
colpisce i poveri che per vari motivi costruiscono le case in luoghi a rischio.
Per loro vivere è già un rischio e dunque mettono in conto e sulla bilancia la
precarietà che li accompagna nel quotidiano.
Quanto
al Presidente, aveva programmato e il tempo
è giunto, di rinnovare il Palazzo Presidenziale. Sarà l’Indonesia a
incaricarsi dell’operazione che costerà, secondo il comunicato del vice-ministro
degli Esteri indonesiano, 14 miliardi di franchi, circa 23 milioni di
euro. Si tratta, infatti, di un palazzo
dell’epoca coloniale che, a tutta evidenza, non è più adatto allo stile
presidenziale del momento. Si tratta dell’inizio di una fruttuosa
collaborazione tra i due Paesi. Nel futuro si prevedono interventi in ambito
commerciale e professionale.
Il
presidente dietro i vetri un po’ appannati fuma la pipa.
il
presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia.
Stanno
arrivando da lontano con il futuro nella mano sotto la pioggia.
Per i vetri
si può vedere ma la pipa no. Il
nostro Presidente non fuma la pipa come faceva il
Presidente Sandro Pertini nella
nota canzone di Antonello Venditti del secolo scorso. Tantomeno
pensa ai pochi e contesi operai malpagati nel Paese. Non fuma la pipa e, pur essendo dell’area socialista, crede
poco agli operai col futuro nella mano. Ci sono in cambio i cinesi e tra non
molto gli indonesiani che hanno promesso di terminare i lavori del palazzo in
17 mesi, tra una pioggia e l’altra.
Niamey,
agosto 2018, sotto la pioggia
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