La Corte
della California che, in primo grado, ha condannato la Monsanto, recentemente
acquisita dalla multinazionale tedesca Bayer, a risarcire con 289 milioni di
dollari il giardiniere Johnson DeWayne, per
aver contratto un tumore utilizzando erbicidi a base di glifosato è, per molti
versi, storica. Per almeno due ordini di motivi: il primo è che
per la prima volta in un’aula
di tribunale viene riconosciuto che la stessa Monsanto era al corrente dei
rischi per la salute umana del prodotto messo in commercio;
il secondo è che le cause contro la
Monsanto sono diverse e riguardano potenzialmente anche altri pesticidi a base
di glifosato, accusati di contribuire a provocare il linfoma
non-Hodgkin. La bayer si difende e farà appello, ma è chiaro che coloro i quali
hanno sollevato le accuse di pericolosità di questi fitofarmaci, e in Italia la
coalizione StopGlifosato, di cui Greenpeace fa parte, segnano un punto a loro
favore.
È dunque da
una Corte degli Stati Uniti che arriva questa decisione, mentre alla fine del
2017, nonostante 1,3 milioni di firme
raccolte, la Commissione Europea aveva prorogato l’autorizzazione all’utilizzo
del glifosato per altri cinque anni.I Monsanto papers –
ovvero una serie di e-mail interne della Monsanto pubblicate sempre da un
tribunale della California – rivelarono alcune delle tattiche utilizzate da
Monsanto per ottenere valutazioni favorevoli dalle agenzie di regolamentazione.
Le email
fanno intuire inoltre che Monsanto possa
addirittura avere scritto direttamente documenti di carattere scientifico e
pagato poi scienziati indipendenti per «editarli e firmarli col proprio nome».
Questo composto, un erbicida ampiamente utilizzato per la produzione di commodities di largo consumo come il grano, si trova, in tracce, in moltissimi prodotti. Lo Iarc – l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms – lo considera da tempo come probabilmente cancerogeno per l’uomo.
Questo composto, un erbicida ampiamente utilizzato per la produzione di commodities di largo consumo come il grano, si trova, in tracce, in moltissimi prodotti. Lo Iarc – l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms – lo considera da tempo come probabilmente cancerogeno per l’uomo.
Inoltre, nei
fitofarmaci il glifosato – di cui esistono 750 formulazioni commerciali – è
miscelato con altre sostanze (i cosiddetti «coadiuvanti») che potrebbero
amplificarne gli effetti tossici.
L’Efsa –
l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare – e l’Echa – l’Agenzia europea
per le sostanze chimiche – lo ritengono,
anche sulla base di lavori non pubblicati, “probabilmente non cancerogeno”.In
polemica con questa affermazione, novantasei scienziati indipendenti, tra cui
molti di quelli coinvolti nel riesame dell’Oms. Uno di questi scienziati, il
dottor Christopher Portier, ha anche evidenziato che l’Efsa e l’Echa non hanno rilevato numerosi collegamenti
a tumori evidenti negli studi sugli animali effettuati dalle aziende
produttrici di glifosato e mai pubblicati. E tutto ciò proprio
mentre negli Usa la California aggiungeva il glifosato alla lista di sostanze
chimiche che possono causare il cancro.
Si può fare
a meno i sostanze come il glifosato? Centinaia
di migliaia di agricoltori biologici mostrano ogni giorno che è possibile
controllare le erbe infestanti senza l’utilizzo di glifosato e di altri
erbicidi. Nei seminativi, ad esempio, una combinazione fra
rotazione delle colture e uso di colture di copertura può sopprimere la
crescita delle erbacce. Per combattere le infestanti rimanenti, possono essere
utilizzati mezzi meccanici (ad es. una lavorazione leggera del suolo prima
della semina). E’ essenziale, però, che gli agricoltori vengano sostenuti
per l’applicazione di queste misure.
Una
considerazione finale riguarda poi il contesto in cui tale sentenza arriva:
l’Epa – Agenzia per l’Ambiente – di Donald Trump propone di riaprire la porta a
prodotti contenenti amianto (!), i cui effetti sulla salute sono da tempo ben
noti a tutti, trasformando il bando totale in una valutazione caso per caso per
15 usi specifici. Il sovranismo di Trump è (anche) la reazione di alcuni vecchi
settori – carbone, petrolio, acciaio e ora anche amianto – ai cambiamenti necessari
per proteggere ambiente e salute.
A settembre, sempre in California, stato con la
normativa ambientale tra le più severe, si terrà il Summit globale di azione
per il Clima, anche per rispondere al Trump che definisce i cambiamenti
climatici “una truffa”.Speriamo di
ricevere altre buone notizie dalla California, che sta già pagando a caro
prezzo le conseguenze dei cambiamenti climatici: l’impegno americano – e anche
solo di parte degli Usa – nella sfida globale è essenziale.
*Direttore di Greenpeace Italia
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