domenica 7 dicembre 2025

Migranti, l’Ue vota sui Paesi terzi sicuri. Ma la “fortezza” immaginata da von der Leyen finirà nei tribunali, ecco perché - Franz Baraggino


Altro che sanare il Protocollo Italia-Albania: la proposta della Commissione Ue – sostenuta da popolari ed estrema destra – ha ben altri piani. Cambiando la definizione di “Paese terzo sicuro”, punta a rendere inammissibili le domande d’asilo e a trasferire i richiedenti, mettendo a rischio i diritti fondamentali e la stessa convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Una deriva “palesemente illegittima”, secondo l’esperto di migrazioni internazionali Gianfranco Schiavone, che mira a liberare l’Unione dai suoi obblighi giuridici violando le norme sul funzionamento dell’Ue, e destinata quindi a un inevitabile scontro nelle aule di tribunale e fino alla Corte di giustizia.

L’esperimento italiano in Albania ha già mostrato i suoi limiti ai partner europei. Con la giurisdizione italiana resta in vigore il diritto Ue, ma il patto con Tirana non consente di garantire le tutele che, almeno sulla carta, si possono rivendicare in Italia. Nemmeno l’atteso Patto europeo sull’asilo, operativo da giugno, supera l’ostacolo. Per questo la proposta della Commissione guidata da Ursula von der Leyen vuole affidare i richiedenti direttamente a Paesi terzi. Basterà che, nel viaggio verso l’Europa, siano passati da un Paese considerato sicuro per dichiarare inammissibili le loro domande di asilo e trasferirli altrove, anche senza un reale legame con quello Stato. E se il transito non è dimostrabile, basterà un accordo – anche informale – con un Paese terzo. Al voto mercoledì 3 dicembre in Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni (LIBE), la proposta ha i voti del Partito popolare europeo, dei conservatori di ECR, ma anche dei Patrioti e dei sovranisti dell’ESN. Difficile che le cose cambino in plenaria a Strasburgo.

Lo scontro, prevedibilmente, si sposterà nei tribunali. Ma su quali basi? La convenzione del 1951 prevede la possibilità di collaborazione tra Stati quando si tratta di alleggerire un Paese da un onere che non può ragionevolmente sostenere in modo adeguato. Ma se lo scopo è liberarsi degli obblighi di protezione, si tratta di esternalizzazione ed è illecito. Col 73% dei rifugiati in Paesi a medio o basso reddito, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, ricorda che gli Stati europei sono spesso tra i Paesi col più alto Pil pro capite, hanno sistemi di asilo più solidi e un numero relativamente basso di rifugiati e richiedenti: “Difficile capire come il trasferimento dagli Stati europei in altri Paesi – soprattutto se questi non hanno le capacità di accoglienza e i mezzi di protezione necessari – non equivalga a un trasferimento di responsabilità”.

Certo, i Paesi terzi riceveranno ingenti finanziamenti. Ma pagare non basta, come ha dimostrato la Corte Suprema britannica bocciando il memorandum tra Regno Unito e Ruanda. “Anche con investimenti pesanti nel sistema di asilo del Paese terzo, si tratterebbe di un’impresa complessa che richiederebbe molto tempo per produrre risultati sufficienti”, avverte il Commissario O’Flaherty. Anche l’Unhcr, l’Agenzia Onu custode della convenzione di Ginevra, ammette che, in condizioni specifiche, un trasferimento può essere legale, ma ribadisce che servono garanzie concrete e standard elevati. Senza tali garanzie – ha sempre precisato – “l’Unhcr rimane fermamente contrario agli accordi che mirano a trasferire rifugiati e richiedenti asilo”. Peggio ancora se si tratta di accordi informali: “Gli accordi di trasferimento dovrebbero essere accessibili al pubblico e incorporati nell’ordinamento giuridico degli Stati partecipanti”, ha scritto l’Unhcr ad agosto nella guida ‘Accordi internazionali per il trasferimento di rifugiati e richiedenti asilo’.

Quanto a garanzie, il nuovo regolamento Ue sembra adottare una nozione piuttosto debole di “protezione effettiva“, considerandola valida anche in Stati che non hanno ratificato la convenzione o che non garantiscono uno status giuridico di protezione e l’accesso ai diritti, “ma solo la possibilità di essere temporaneamente tollerati”, spiega Schiavone. “Senza la garanzia di uno status giuridico le persone rischiano di finire in un limbo senza limiti di tempo”. Pericolo tanto più concreto se gli accordi non sono giuridicamente vincolanti e le persone vengono trasferite in Paesi coi quali non hanno alcun legame. Nel commentare la proposta della Commissione, l’Unhcr ha chiesto accordi vincolanti, procedure rigorose, tutele legali come la sospensione automatica del trasferimento in caso di ricorso giuridico e protezioni specifiche per i soggetti vulnerabili, tutte condizioni oggi assenti. Ma le destre non hanno sentito ragioni e il testo è rimasto praticamente invariato.

Inascoltata in Parlamento, che ruolo potrà avere l’Agenzia quando si tratterà di controllare? Se Donald Trump le ha tagliato i fondi, l’Ue finanzia l’Unhcr solo per progetti coerenti con le proprie politiche migratorie, per lo più in Nord Africa. E mentre la capacità dell’Agenzia di vigilare si riduce, i governi la usano spesso come una foglia di fico. Così non resta che il controllo giurisdizionale. Senza modifiche, avverte Schiavone, “le nuove norme non potranno non essere impugnate davanti ai tribunali nazionali”. I possibili rilievi vanno dalla violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che garantisce, tra gli altri, il diritto d’asilo “nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra”, al contrasto col Trattato sul funzionamento dell’Unione, che impone piena conformità alla convenzione. Toccherà ai giudici, ancora una volta, decidere se fermare i trasferimenti e rinviare tutto alla Corte di giustizia europea.

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Paesi sicuri, Strada: “Disastro del Ppe, è la fine del diritto d’asilo. Ma la sanatoria sull’Albania non c’è” , intervista di Franz Baraggino 

L’europarlamentare del Pd Cecilia Strada, relatrice ombra per i Socialisti e Democratici sui dossier “paesi terzi sicuri” e “paesi sicuri d’origine” in esame alla Commissione LIBE del Parlamento Ue, esprime profonda preoccupazione in vista del voto di mercoledì 3 dicembre. Definisce la situazione un “disastro politico” in cui i parlamentari del Partito popolare europeo (Ppe) si allineano all’estrema destra su testi che rappresentano “la fine del diritto d’asilo in Europa”. Un approccio che sta portando l’Unione Europea a “violare lo spirito della Convenzione di Ginevra sui rifugiati”.

Strada, qual è il punto politico sui dossier al voto alla Commissione LIBE?
Il punto in cui siamo è un disastro. Il Ppe sta lavorando totalmente insieme all’estrema destra su questi temi. Gli stessi popolari che teoricamente dovrebbero stare con il campo progressista e invece, sulla questione migratoria, guardano solo ed esclusivamente da quella parte.

La negoziazione com’è andata?
Nessuno dei tentativi di negoziare da parte del campo progressista è stato accettato. I relatori hanno ripreso sostanzialmente invariata la proposta della Commissione e hanno rifiutato qualunque tentativo di mediare con noi per cambiare il testo e renderlo vagamente più umano. Andiamo a votare testi che sono tremendi.

La vera novità sta nel nuovo concetto di “paese terzo sicuro”.
Mentre il concetto di Paese d’origine sicuro ha a che fare con l’esame della richiesta di protezione, col concetto di Paese terzo sicuro l’Ue non entra nemmeno nel merito della tua domanda d’asilo. Ti dice che potresti anche aver diritto alla protezione, essere un rifugiato, ma non qui. E se l’Europa decide che avresti potuto fare domanda altrove, anche dove sei semplicemente transitato, o che potresti presentarla in un Paese col quale ha preso accordi, verrai trasferito, punto. E’ la rinuncia al nostro obbligo di protezione, delegato a paesi terzi coi quali ci si mette d’accordo. E’ di fatto la fine del diritto d’asilo in Europa, e ci prendiamo anche dei rischi.

Quali?
Perché Paesi che hanno più problemi di noi dovrebbero accettare i richiedenti asilo che noi non vogliamo gestire, se non per soldi o altri vantaggi? Sicuramente non per spirito di fratellanza.

Dunque?
Dunque l‘Europa diventa ricattabile, tra l’altro senza prevedere alcuna specifica sul tipo di accordi, che possono essere i soliti memorandum informali e non vincolanti. Cosa succederà quando questi paesi terzi vorranno di più, vorranno rinegoziare, vorranno più soldi o più vantaggi? Situazioni già viste in Turchia ma anche in Tunisia. Oltre al fatto che in sostanza ci apprestiamo a spostare persone attraverso i confini in cambio di soldi, come sul confine tra la stessa Tunisia e la Libia, dove le persone vengono vendute e spostate. Non è ciò che che condanniamo come traffico di esseri umani?

Le nuove norme risolveranno i problemi del Protocollo Italia-Albania come dice il governo?
Né il testo sui Paesi d’origine, né quello sui Paesi terzi sicuri sanerà quell’accordo. Il governo è arrivato a considerare quelli in Albania come trasferimenti da un Cpr all’altro, come fossimo in Italia. Ma nonostante la giurisdizione italiana, l’extraterritorialità non ha permesso di garantire le tutele previste dalla normativa dell’Unione: le alternative al trattenimento, ma anche l’eccesso effettivo a diritti come quello alla salute, all’unità familiare, a una difesa effettiva.

In Europa i flussi migratori non stanno aumentando, come mai resiste l’urgenza normativa?
Non c’è nessuna urgenza, è la stessa agenzia europea Frontex che ci fa vedere come i flussi stanno diminuendo. Ma da almeno dieci anni le persone migranti sono lo strumento sul quale si è fatto propaganda per vincere le elezioni a qualunque costo, e distrarre le persone dalle garanzie sui propri diritti, da una sanità degna di questo nome al fatto che stiamo indebitando i nostri figli e i nostri nipoti per comprare armi.

Le opposizioni sono pronte per proporre soluzioni alternative sui migranti?
Secondo me siamo abbastanza pronti se smettiamo di aver paura di perdere le elezioni su questo tema e quindi se smettiamo di inseguire la destra. Non è mai una buona idea inseguire la destra sulla propria agenda: tra la copia e l’originale la gente vota l’originale o se ne sta a casa.

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