Ci sono cose nel mondo che sono ovvie, che nessuno
mette in discussione. In generale assistiamo a discussioni e dibattiti su
argomenti che a ben guardare ci risultano futili o assolutamente secondari. Mi
capita raramente di affrontare discussioni o dibattiti su argomenti che reputo
veramente importanti.
Così mi sono proposto una riflessione: c’è qualche
buon motivo per trattare male le persone?
Da dove viene questa strana domanda? Viene dal fatto
che mi capita di vedere persone che vengono trattate male; dal fatto che mi
capita di sentirmi trattato male; ma soprattutto dal fatto che sento che mi
succede di trattare male gli altri ed anche me stesso.
Non comincerò definendo cosa vuol dire trattare male,
lasciamolo per ora nel campo della sensazione: mi sento trattato male, sento
che quella persona viene trattata male.
A questo punto qualcuno potrà obiettare: “sì, ci sono
situazioni in cui mi sembra il caso di trattare male una persone”. Per esempio
vedo molti casi in cui si trattano male i bambini, “per il loro bene”, perché
invece di dar loro una spiegazione sulle nostre motivazioni ci limitiamo a
dirgli “si è sempre fatto così!!”.
Ma il tema non è solo personale, è anche sociale:
quante persone trattiamo male, come categoria, in modo a volte larvato? Come la
mettiamo con il sottile maltrattamento psicologico nei confronti delle persone
senza lavoro? “Maledetti fannulloni!!”. Che dire della facile soluzione di
cercare negli altri i colpevoli del proprio disagio? “E’ tutta colpa degli
stranieri!!”.
A guardare bene viviamo in un sistema di
maltrattamento generale. Mi è arrivato oggi un messaggio sull’importanza di
abbracciarsi. Una delle mille catene che ci arrivano via messaggini. Perché mai
dobbiamo mandarci messaggi “buonisti”? Potremmo far prima salutando le persone
che incontriamo per strada e magari abbracciando (fisicamente o mentalmente),
quelle che ce lo lasciano fare (e che sono di più di quanti ci immaginiamo).
Ma rifacciamoci la domanda? Ho qualche buon motivo per
trattare male le persone? No, sembra che, in fondo, non ce l’abbia. Sembra che
quando, per educazione, per consuetudini, perché sto di cattivo umore, perché
non ho un’altra risposta ecc. tratto male qualcuno avrei potuto riflettere e
trovare un’altra soluzione. Sembra che non abbiamo tempo: ma abbiamo qualcosa
di più importante da fare che fermarci un secondo a riflettere sulla nostra
vita? Cercare strategie migliori per convivere con gli altri?
Ma di nuovo il problema non è individuale, è sociale:
dovrei provare a costruire ambiti dove ci si tratti bene; se ci penso posso
trovare ambiti in cui questo già succede, studiarne le caratteristiche e vedere
che cosa è riproducibile. Dedicarci tempo, invece di correre verso non so dove.
Provando a farlo ho scoperto (la solita fondamentale
scoperta dell’acqua calda) che quegli ambiti sono quelli dove le persone si
trattano come vorrebbero essere trattati.
Una cosa ovvia, antica, semplice e comprensibile da
tutti, la Regola d’Oro espressa da tutti i mistici, filosofi e saggi di tutte
le culture da tempo immemorabile.
Così il sospetto è che questa sia la chiave per
organizzarsi insieme, partendo da ognuno di noi, per avanzare rapidamente nella
costruzione del nuovo mondo, costruzione che mi appare sempre più urgente e
necessaria.
(L’articolo è pubblicato anche sul
sito di Pressenza)
da qui
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