Pintor, Montaldo, il Pci e la massoneria. Un intervento di Giorgio Melis
L’ex vicedirettore della Nuova Sardegna Giorgio Melis,
che per primo nel 1993 pubblicò la lista dei massoni sardi,
interviene nel dibattito sui ‘grembiulini’ aperto dal blogger e giornalista
Vito Biolchini. Lo fa ricordando il terremoto che seguì la pubblicazione
della lista, con particolare riferimento alle figure di Enrico Montaldo e Luigi
Pintor e agli equilibri interni al Pci. Ecco il testo dell’intervento che Melis
ci ha inviato.
Caro Vito,
visto che ricordi un momento di grande clamore della
vita sarda nella quale ho avuto qualche parte professionale, completo
la ricostruzione su Enrico Montaldo e la franc maçonnerie in
salsa nuragica. Con dettagli inediti, contestuali e successivi. In
quegli elenchi c’era davvero di tutto e di troppo. Inclusi
ultracattolici alquanto baciapile, da comunione quotidiana come Giorgio Falconi, allora
cerimoniere a Villa Devoto della Giunta Palomba: molto ridicolizzato e
molto indignato per essere stato smascherato nella doppia appartenenza. Ma
i casi clamorosi erano millanta. Fino a far stupire chi aveva sospettato
il peggio ma si trovò scavalcato da una realtà più larga e inquietante. Ad
esempio, l’imponente infiltrazione nel Consiglio regionale. Non solo dei
numerosi politici. Soprattutto del personale, anche a livelli burocratici
apicali, e dei molti fra i tanti giornalisti che vi lavoravano.
Il tasso di grembiulini era imponente
e allarmante. Fu una grande rivincita per Emanuele Sanna, il leader ex
Pci che da presidente dell’assemblea aveva più volte denunciato
oscure interferenze non genericamente esoteriche ma virate in pesanti manipolazioni
politiche all’ombra delle logge. Emanuele Sanna, prove alla mano, poté
inchiodare molti personaggi solo sospettati, che l’avevano fortemente
contrastato: senza chiare motivazioni ma per concrete contorte ragioni
riconducibili agli interessi politico-economici di esponenti di diversi
partiti e delle professioni, specie quella medica, dominante nella sanità
privata ma condizionante anche nelle scelte della sanità pubblica. Sanna
non potè invece inchiodare un importante compagno di partito, già suo alleato
e poi avversario implacabile, il quale da tempo andava sostenendo (ma non
allo scoperto) che Emanuele fosse massone. Mi accadde di dover contestare
per ruolo professionale – presenti vari esponenti del partito in
un congresso regionale del Pci – le affermazioni fatte dall’interessato
a due persone (confermate di fronte a testimoni e firmate in una breve
dichiarazione) sulla presunta affiliazione di Sanna alla massoneria.
dichiarazione) sulla presunta affiliazione di Sanna alla massoneria.
Nella redazione cagliaritana della Nuova, i due mi
riferirono che l’autore dei boatos, in varie occasioni anche pubbliche,
era stato Piersandro Scano. Ovvero un esponente di punta ed ex
segretario regionale del Pci, poi eccelllente assessore al bilancio in
Regione. Un personaggio di notevole spessore culturale e politico, allora
leader di un gruppo interno molto influente. Oggi, da sindaco di Villamar
(il suo paese) è stato eletto segretario dell’Anci sarda: è ben al di
sopra di ogni altro sindaco sardo per qualità ed esperienza. Ma in quel
rovente 1993 la lotta nel partito era a coltello, Scano contro Sanna
e viceversa. E il primo – non so se perché malinformato e depistato
o perché solo sospettando volle colpire l’avversario interno –
andava dicendo che Sanna era massone. Finì per scoprirsi davanti ai
due testimoni citati e glielo contestai a viso aperto: con sue repliche
e ovvie negazioni generiche, tanto poco credibili quanto imbarazzate.
Ma veniamo al capitolo Montaldo. Il padre di
Enrico, Paolo, era un notissimo geologo, docente universitario, fra i
massimo esperti della mineralogia sarda. Personaggio estroverso con forte
empatia. Però massone notorio, professo benché non del tutto confesso. Il
figlio maggiore, Enrico, ingegnere in ascesa professionale, era un fervido
ma critico attivista del Pci. Quando il grande Luigi Pintor fu “esiliato”
in Sardegna dal partito (in odore di eresia con Rossanda, Natoli, Magri e altri), Montaldo ne divenne forte sostenitore e lo seguì nella traumatica scissione del Manifesto. A Cagliari fu particolarmente dolorosa e drammatica. Il carisma di Luigi Pintor. Il rigore esplosivo delle sue denunce, senza compromessi o sconti per il partito. La sua inimitabile scrittura tagliente come un bisturi e trasparente come una lastra di ghiaccio (il Manifesto quotidiano avrebbe vissuto molto dei suoi editorilali, sempre di 45 righe, spesso straordinari). Insomma, la personalità di Pintor aveva conquistato molti esponenti di punta, parecchi dei più preparati giovani emergenti. Insofferenti dei residui di stalinismo e di osservanza sovietica presenti nel partito.
in Sardegna dal partito (in odore di eresia con Rossanda, Natoli, Magri e altri), Montaldo ne divenne forte sostenitore e lo seguì nella traumatica scissione del Manifesto. A Cagliari fu particolarmente dolorosa e drammatica. Il carisma di Luigi Pintor. Il rigore esplosivo delle sue denunce, senza compromessi o sconti per il partito. La sua inimitabile scrittura tagliente come un bisturi e trasparente come una lastra di ghiaccio (il Manifesto quotidiano avrebbe vissuto molto dei suoi editorilali, sempre di 45 righe, spesso straordinari). Insomma, la personalità di Pintor aveva conquistato molti esponenti di punta, parecchi dei più preparati giovani emergenti. Insofferenti dei residui di stalinismo e di osservanza sovietica presenti nel partito.
I leader degli scissionisti con Pintor erano
Salvatore Chessa (morto in un incidente nel 1974), Nuto Pilurzu l’avvocato
che non scansava una causa in difesa dei lavoratori, Cenzo Defraia, Marco
Ligas e molti altri. Enrico Montaldo venne espulso dal Pci per posizioni
non ortodosse e di
slancio seguì Pintor, col quale aveva costruito anche un rapporto personale importante. Al punto di chiamare il suo primo figlio Giame. Il nome dell’amatissimo fratello di Pintor, saltato su una mina nel 1943 mentre attraversava le linee tedesche per unirsi alla Resistenza a sud di Roma. Astro nascente e già prestigioso della letteratura italiana, benché giovanissimo. Un’altra normale combinazione: anche il primogenito di Luigi si chiamava Giame (morto ancor giovane a Trieste, curato dal grande Basaglia), come lo zio scomparso. Come dire, un doppio legame speciale che Enrico Montaldo volle creare con Pintor attraverso il figlio. A questo punto va ricordato che anche nel Pci Enrico Montaldo, in quanto figlio di un noto e importante massone, aveva dovuto insieme a un fratello, dichiarare formalmente ed energicamente, richiesto dal partito, di non essere iscritto ad alcuna loggia. Figurarsi quando passò al Manifesto, con Pintor “comunista apocalittico” che da Montaldo pretese quasi un giuramento laico di essere estraneo alla massoneria.
slancio seguì Pintor, col quale aveva costruito anche un rapporto personale importante. Al punto di chiamare il suo primo figlio Giame. Il nome dell’amatissimo fratello di Pintor, saltato su una mina nel 1943 mentre attraversava le linee tedesche per unirsi alla Resistenza a sud di Roma. Astro nascente e già prestigioso della letteratura italiana, benché giovanissimo. Un’altra normale combinazione: anche il primogenito di Luigi si chiamava Giame (morto ancor giovane a Trieste, curato dal grande Basaglia), come lo zio scomparso. Come dire, un doppio legame speciale che Enrico Montaldo volle creare con Pintor attraverso il figlio. A questo punto va ricordato che anche nel Pci Enrico Montaldo, in quanto figlio di un noto e importante massone, aveva dovuto insieme a un fratello, dichiarare formalmente ed energicamente, richiesto dal partito, di non essere iscritto ad alcuna loggia. Figurarsi quando passò al Manifesto, con Pintor “comunista apocalittico” che da Montaldo pretese quasi un giuramento laico di essere estraneo alla massoneria.
Questo accadeva alla fine dei tumultuosi anni
Sessanta. Figurarsi la sorpresa di tutti e l’enorme indignazione di Pintor
quando nel 1993 venne documentato che Montaldo aveva mentito a tutti ma
specialmente all’uomo politico intransigente col quale aveva creato uno
speciale legame anche personale. A questo aspetto umano e politico dedicai
un breve commento sulla Nuova (“Da Pintor a Corona, il comunista
ribelle col grembiule”) sottolineando la grevità dell’agire di Montaldo verso
il suo leader osannato. Il quale Pintor, l’amarezza e l’ìndignazione
contro l’infido seguace non l’ha mai smaltita, fino agli ultimi giorni.
Venne a Cagliari nel 2002 per presentare il suo ultimo libro, straziato
dalla
fulminea morte della figlia Barbara dopo quella – anni prima – del primogenito Giaime. Alla fine della serata organizzai un’improvvisata cenetta con la seconda moglie Isabella, il rappresentante della Bollati Boringhieri e alcuni dei suoi migliori amici cagliaritani nella trattoria “Dr. Ampex” in via S. Giacomo. Una bella serata, portai a Pintor delle stampe del Poetto anni trenta che lui amava e citava con rimpianto e dolore.
fulminea morte della figlia Barbara dopo quella – anni prima – del primogenito Giaime. Alla fine della serata organizzai un’improvvisata cenetta con la seconda moglie Isabella, il rappresentante della Bollati Boringhieri e alcuni dei suoi migliori amici cagliaritani nella trattoria “Dr. Ampex” in via S. Giacomo. Una bella serata, portai a Pintor delle stampe del Poetto anni trenta che lui amava e citava con rimpianto e dolore.
Salutandoci, a tarda notte, all’imbocco di Terrapieno,
Luigi mi abbracciò e per poco non svenni dall’emozione: nessuno immaginava
gesti simili nella severità del suo carattere. Ma la serata si era aperta nel
segno del malumore. Parlando con Anna Maria Pisano, vedova di Salvatore Chessa
e rimasta legatissima a Luigi dopo la morte del marito, Pintor in piedi e alquanto
alterato tornò sulla storia di Enrico Montaldo massone. Ancora gli bruciava,
direi esclusivamente o soprattutto sul versante umano. Disse ad Annamaria:
“Diglielo, diglielo da parte mia, che è un pezzo di merda. Non perché era
massone e ce lo ha sempre negato. Diglielo che lo disprezzo per aver coinvolto,
quasi offeso mio fratello e me, chiamando Giame suo figlio. Che bisogno c’era –
si sfogava Pintor – di questa sconcezza, di tirare in ballo il nome di mio
fratello? Non so perché, forse per rendere insospettabile d’essere comunista e
massone, con quella scelta non richiesta di rafforzare umanamente la stima che
mi mostrava. Tutto, tutto avrei potuto forse capire. Non di aver accostato il
nome di mio fratello, mentendo a me e ai compagni sulla sua appartenza alla
massoneria. Diglielo, Anna Maria, diglielo che è stato e resta un p…..”. Fine
di una storia, non determinante ma significativa anche per i valori e disvalori
di un altro tempo rispetto a quello sbandato che viviamo.
La vita è naturalmente continuata, dimentica (non in
tutti) di quell’episodio. Enrico Montaldo ha anche avuto guai seri con la
giustizia, ne è uscito. Nel tempo ha rafforzato l’amicizia con Emanuele Sanna,
l’anti-massoni, fino a progettargli una bella casa a Santa Margherita di Pula
accanto alla sua villa. Ora la sortita del figlio Nicola in politica e
l’intervista con l’accostamento alla massoneria, gettano una piccola luce sulla
brutta storia lontana del padre con Luigi Pintor. L’uomo che non volle
perdonargli non tanto la denegata appartenenza alla massoneria, ma la menzogna
recidiva e l’improvvido accostamento al nome del fratello Giame. E lui, Enrico
Montaldo, come giudica quella scelta pessima di tanti decenni fa e il giudizio
sprezzante che Pintor ne ha dato fino all’ultimo? Non ha mai detto nulla, forse
nessuno glielo ha chiesto. O forse il silenzio è l’unica scelta dignitosa per
parole e atti indifendibili e inspiegabili.
Post scriptum. Da allora a oggi, niente è cambiato se non in
peggio. Neanche la massoneria è più quella di un tempo, pur non essendo mai
stata un fiore all’occhiello per la sua opacità e i troppi coinvolgimento
politico-affaristici: anche in Sardegna. Negli ultimi anni della sua vita,
Armandino Corona – in rotta con i figli Ketty e Piergiorgio che avevano cercato
di interdirlo riuscendoci in parte – manifestava, con chiunque lo abbia
avvicinato, disprezzo e insofferenza per la deriva della massoneria sarda e
cagliaritana in particolare. Per gli arruolamenti a valanga, improbabili e
maldestri, di personaggi in cerca di fortuna e soldi all’ombra delle logge.
Certo, c’erano e ci sono ottime persone e professionisti prestigiosi nelle loro
file. Ma resta un background sospetto e sgradevole di arrampicatori e arrivisti
che scalano poltrone e ruoli politici in partiti trasformati in piccole e
squallide massonerie pseudo-politiche, di bottega e a caccia di ogni brandello
di potere.
Tutto si tiene, nel precipizio che ci inghiotte:
malapolitica, malamassoneria, di tutto e di peggio nello sfascio di un’Italia
allo sbando e della Sardegna disgregata e distrutta. Come mai in passato, negli
ultimi cinque anni delle letali Giunte Cappellacci. Con la massoneria che ha
spadroneggiato e imperversato come non mai, a volto quasi scoperto. Ma ben
coperto mediaticamente dal grande alleato: il gruppo Unione Sarda di Sergio
Zuncheddu: coazionista della Giunta, dove ha sempre avuto diversi assessori
direttamente espressi, qualcuno poi dirottato in Enti di grande importanza come
Sardegna Ricerche. Pour cause, Ketty Corona, la madre e figlia di tutta la
massoneria cagliaritana.Ora anche elevata giornalisticamente al rango di grande
manager, forse perfino internazionale. Senza che nessuno dica una parola. Senza
che le penne à la carte arrossiscano per l’impudica esaltazione, sprofondando
nel ridicolo.
Giorgio Melis
La
massoneria ai vertici della Regione: due Dg iscritti a una Loggia di Oristano - Alessandra Carta
Regolare Loggia Astrea numero 157. Di Oristano.
Seguono diciotto nomi. Due di loro sono Dg in Regione.
Ingaggiati il 28 giugno dalla Giunta di Christian Solinas.
Quel giorno furono scelti in totale ventitré dirigenti. Inclusi i due iscritti alla
Massoneria: si tratta di Antonio Casula,
alla guida del Corpo forestale, e di Giuliano Patteri,
indicato all’Industria. Casula, peraltro, occupa quella poltrona dai tempi del
centrosinistra di Francesco Pigliaru, ingaggiato nel
luglio del 2018, e confermato sei mesi fa da Psd’Az, Lega e alleati, la nuova
maggioranza in Regione. Patteri, invece, è una ‘novizia’ dell’assessorato
di via XXIX Novembre.
Sardinia Post si era occupata di “mercanti massoni” in tempi
non sospetti. Era la fine dello scorso aprile. Allora sembrava che a sabotore
la formazione del nuovo Esecutivo targato centrodestra fossero proprio le Logge
segrete. Il caso lo aveva sollevato in un editoriale il direttore della nostra
testata, Guido Paglia (qui l’articolo), attraverso una lettera aperta a
Solinas. In quelle settimane aveva preso forma solo una mini Giunta, da cinque assessori. Successivamente, l’8 maggio, la scelta di altri sei. Una settimana più tardi la dodicesima e ultima nomina.
Adesso spunta il documento che in via riservata Sardinia Post è riuscita ad avere, coi nomi dei Dg
massoni. Casula e Patteri sono legati anche da uno stretto rapporto di
amicizia: entrambi hanno cominciato la loro carriera in Regione all’Ente
foreste, diventato agenzia durante la scorsa legisaltura, col nome di Forestas.
I diciotto massoni sono inseriti nell’elenco in
rigoroso ordine alfabetico. Casula è terzo, Patteri dodicesimo. Per capire cosa
sia Astrea bisogna fare una ricerca su Internet. “La Regolare Loggia fa capo al
Gran Maestro venerabile Tommasi Ares Daniel, nato a Lione, in Francia, libero
professionista, iniziato nel 1988 da Licio Gelli a Firenze”. Così riporta il
quotidiano La Stampa in un articolo
dell’ottobre 2018, il più aggiornato sul tema.A parlare, in un’intervista,
fu Giustino Bruno, Maestro venerabile della Massoneria
patriottica, derivazione della Astrea, spiegò lui stesso.
Nell’elenco di Oristano accanto a ciascun nome sono
riportati il numero di cellulare e la mail. Nell’ultima colonna è indicata
invece la carica. Il Dg del Corpo forestale è un “organista”, è scritto.
Patteri, invece, risulta essere “segretario”. Dal trimbo che occupa l’intera
pagina si legge che Astrea è una “regolare loggia della Sardegna”. Casula e
Patteri hanno in comune anche un altro elemento: quando un anno e mezzo fa il
primo passà da Forestas al Corpo forestale come primo dirigente, il suo posto
lo prese il secondo.
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