Da una parte i sindaci, dall’altra gli ambientalisti con in testa
il Wwf. Da un lato l’economia, il turismo nascente, il lavoro, dall’altro
la protezione della natura e dei suoi tesori. È l’estate del 1987, nei paesi
attorno al Golfo di Orosei si consuma una lotta a colpi di decreti e carte
bollate con, al centro, la foca monaca.
Il motivo? Un provvedimento firmato il 27 luglio dal ministro per
l’Ambiente Mario
Pavan e dal ministro della Marina mercantile Costante Degan che
vietava la pesca e la navigazione in quelle acque per proteggere i pochi
esemplari del piccolo mammifero rimasti in zona. I ministri del Governo guidato
allora da Amintore Fanfani non avevano dubbi: nell’eterna questione tra lavoro
e ambiente la priorità era il secondo, in questo angolo di Sardegna.
“Considerato che la foca monaca è una delle dodici specie di animali in
maggiore pericolo di estinzione a livello mondiale – si legge nel documento – nell’area
del Golfo di Orosei avente la profondità di due chilometri dalla costa e
compresa tra la foce della Codula di Luna e Punta Pedra Longa è vietata la
pesca con qualunque mezzo esercitata, nonché la navigazione con mezzi da
diporto e da trasporto turistico e qualsiasi altra anomala utilizzazione
dell’area marina in questione e del tratto di spiaggia prospiciente”.
La foca monaca da sempre ha abitato il Mediterraneo e le
coste sarde, in particolare le acque di Cala Gonone, con la Grotta del Bue
Marino come rifugio. I pescatori non gradivano la sua presenza in mare
dato che predava i pesci e poteva costituire un pericolo per i guadagni; non
era raro, in quegli anni, trovare animali uccisi a fucilate. Alla fine
degli anni Sessanta, assicuravano i lavoratori del Golfo di Orosei, ne
esistevano appena venti, e l’idea di un parco marino era ancora ben lontana
dall’essere realizzata.
Un eccezionale documento dell’Istituto Luce, poi, mostra come una foca era stata
catturata in mare per essere trasferito nello zoo di Roma, esibita come
buffa attrattiva per turisti e curiosi.
Decenni di caccia avevano reso la foca delle coste sarde diffidente e
schiva, da qui l’esigenza di proteggere i pochissimi esemplari
rimasti. Il 22 luglio 1987 il Wwf inviò una denuncia precisa al Ministero
dell’Ambiente. In quei mesi poi organizzò diverse campagne
di sensibilizzazione: a Cagliari in via Baylle, vicino alla sede cittadina del
Wwf, comparve un manifesto a lutto (nella foto di Stefano Deliperi):
“Atteggiamenti
ministeriali poco seri e incomprensibili fanno mancare all’affetto dei suoi
cari dopo una lunga permanenza nelle coste la foca monaca. Ne danno il triste
annuncio il padre Wwf, la madre Italia Nostra, il figlio Celentano, i cognati
Pavan – Degan”. Celentano era il cantante Adriano, che nel novembre di
quell’anno dal programma ‘Fantastico’ su Rai 1 aveva invitato gli elettori del
referendum a scrivere nelle schede elettorali ‘La caccia è contro l’amore’
mostrando un filmato sulla violentissima caccia agli animali da pelliccia nel
mare artico.
In quell’estate, poi, nel porto di Civitavecchia gli animalisti
invitavano i turisti diretti in Sardegna a disertare le calette del Golfo
per non disturbare gli animali. “La Regione ha abbandonato il Golfo –
accusava Antonello
Monni del Wwf – e ha messo in pericolo l’ambiente della
zona”.
L’allerta del Wwf venne accolta dal ministro dell’Ambiente: il
decreto a protezione della foca fu firmato il 27 luglio, un mese dopo diventava
operativo con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Pescatori, operatori turistici, sindaci e amministratori della zona
andarono su tutte le furie. Secondo Dino Barranu, primo cittadino di Baunei, il governo
aveva agito con arroganza, invadenza e colonialismo; i sindaci di Baunei,
Tortolì e Dorgali chiesero la revoca immediata del provvedimento. Con loro si
schierò il
Consiglio regionale della Sardegna.
Il segretario regionale della Democrazia cristiana, Salvatore Ladu,
chiese (e ottenne) un incontro con il neopresidente del Consiglio Giovanni
Goria: “La Dc privilegia l’uomo sugli animali: il governo, prima di imporre
divieti e intromettersi nelle autonomie locali, deve intervenire con programmi
seri a sostegno dell’occupazione, specie giovanile”.
La protesta dei sindaci e dei consiglieri regionali, alla fine, ebbe
la meglio: un anno dopo il Tribunale amministrativo regionale accolse il
ricorso del Consiglio e del Comune di Baunei, bocciò il decreto Pavan e le
barche tornarono in mare.
Il resto è storia nota: nessun esemplare abita più le Grotte del Bue
Marino, meta di centinaia di turisti ogni giorno, mentre barche e barconi fanno
avanti e indietro nelle acque del Golfo. Ma il piccolo mammifero, nonostante
tutto, resiste: alcuni avvistamenti, assicura Stefano Deliperi del
Gruppo di Intervento Giuridico, ci dicono che non è scomparsa
del tutto dalle coste sarde. Le segnalazioni non vengono però divulgate:
piccola precauzione per evitare una nuova caccia alla foca. Che questa volta
potrebbe essere l’ultima caccia.
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