martedì 8 agosto 2017

Incendi, non possiamo abituarci. È il momento di unirci per combatterli


Il testo che segue è giunto il redazione come lettera. Dopo averlo letto, abbiamo pensato di pubblicarlo come editoriale. Ne abbiamo apprezzato la pacatezza, l’assenza di retorica, la volontà di costruire. Ci auguriamo che quanto scrivono Carlo Cotza e il gruppo di lavoro CoruBirde non cada nel vuoto. Le pagine di Sardinia Post sono aperte a chiunque voglia intervenire.

Ogni giorno alle tre del pomeriggio, quando esco dal mio ufficio di Dolianova, mi guardo sempre intorno, alla ricerca di segnali di incendio. Il 31 luglio ho visto una colonna di fumo in direzione Arbus – Gonnosfanadiga e, purtroppo, non mi sono sbagliato. Ho rivisto il film dell’incendio di tre anni fa, la sensazione è stata subito che si trattasse della stessa cosa, delle stesse proporzioni, forse anche degli stessi autori. Probabilmente mi sbaglio, spero di sì, ma adesso questo non importa: perché sono passati tre anni da quell’incendio, ma gli anniversari ormai non si contano.
Le persone che inorridiscono davanti al fuoco distruttore sembrano essere sempre di più: persone pensanti e ambientaliste pronte, da un lato, a scendere in piazza per i diritti, ma che, dall’altro, si sentono impotenti, perché vedono il problema degli incendi più grande di loro. La maggior parte dei sardi è sensibile alle questioni ambientali e alla tutela del territorio, ma finisce per diventare invisibile perché si appiattisce sul disperato mantra che rende l’orrore quotidiano. Guardiamo dalla finestra gli incendi estivi come un irrimediabile appuntamento annuale, come quando smettiamo di stupirci per le guerre nel mondo o per il naufragio delle barche cariche di persone dalla Libia. L’abitudine gioca davvero brutti scherzi.
Quindi, mi chiedo, dove sono e cosa fanno tutte queste persone? Se ci sono, ma non si vedono e non agiscono, c’è un grosso problema sociale e politico? Tanti interrogativi e tanti dubbi.
Dubbi sulle politiche nazionali, regionali e comunali, che evidentemente non riescono ad arginare la distruzione dell’ambiente né a tutelarlo e valorizzarlo per produrre ricchezza e benessere a chi lo abita. Dubbi su forestali, vigili e volontari, che fino ad ora non si sono difesi abbastanza da chi li accusa di bruciare per il solo scopo di tenere sempre operativa e finanziata la dispendiosa macchina anti-incendio e del risanamento. Dubbi sugli ambientalisti, che non sembra abbiano raccolto le idee di chi ama l’ambiente per tradurle in proposte politiche concrete e operative. Dubbi sulla stampa che, senza malafede, per lo più scrive “il fuoco minaccia al bosco” per colpa di un “vasto incendio”, quando ormai tutti sappiamo che l’uomo è l’unico autore criminale del suo ambiente e della sua specie.
Avere dubbi, certo, non significa non riconoscere e non rispettare il lavoro di chi tutti i giorni già combatte sul campo, a volte rischiando grosso: significa, anzi, cercare altre idee da affiancare a quelle buone ed esistenti. Chissà quanti altri dubbi, se ci mettessimo insieme a raccoglierli. E chissà quali altre idee, oltre a quelle che adesso mi vengono in mente, raccolte con un gruppo di amici.
Per esempio, come ha scritto Roberto Saviano il 19 luglio, le cause degli incendi sono molteplici, ma tutte hanno lo stesso comune denominatore, intorno all’asse fuoco e relativo spegnimento. Si parla ogni volta di elicotteri, aerei, macchina antincendio, ma, al contrario, in pochissimi (come, anni fa, in Aspromonte) hanno avuto l’idea di finanziare e stipendiare vedette solo a patto che la zona sottoposta alla loro custodia non prenda fuoco. C’è chi ha proposto l’ergastolo per gli incendiari, ma viene in mente che l’ergastolo dovremmo darlo a tutti sardi, me compreso, perché non siamo in grado di fare il nome di quelle poche persone che hanno un enorme potere distruttore, che vivono nelle nostre piccolissime comunità e alle quali, se vogliamo, possiamo risalire con relativa facilità.
Sentiamo parlare tutti i giorni dell’integrazione delle politiche per il lavoro, per il sociale, per l’immigrazione, per l’ambiente, per la cultura, e allora mi chiedo, per esempio, se qualcuno abbia visto, recentemente, un progetto organico di sviluppo del territorio che metta insieme tutte queste politiche. Si potrebbero banalmente destinare la terra e il bosco a chi beneficia dell’assistenza nei servizi sociali comunali. Persone che riceveranno un contributo economico a patto di azioni di inserimento sociale, stando alla normativa recente, che apre scenari molto migliori della semplice pulizia dei marciapiedi.
Ci sono poi una costellazione infinita di azioni, alla portata di chiunque, che sarebbe bello raccogliere in maniera integrata e organica: indagini, sia sulle buone prassi (ci sono Regioni in cui non si brucia più), sia su quali interessi si celano di volta in volta dietro ogni incendio (che non guasta mai); azioni simboliche, come una campagna social e diffusa con manifesti, adesivi e magliette…
La Regione Sardegna potrebbe istituzionalizzare la Giornata dell’Ambiente, un momento in cui uffici e scuola si fermano e ragionano; un Assessorato all’Ambiente sensibile al problema potrebbe facilmente – e a costo zero – bandire un concorso per idee e progetti che uniscano occupazione e difesa del territorio, coinvolgendo nuovamente le scuole a vari livelli, l’università, le associazioni, i produttori; quello stesso Assessorato potrebbe anche pensare di promuovere l’editoria ambientale, culturale, archeologica, con una campagna diffusa di cartelloni (che costa quattro soldi, come sanno bene le amiche e gli amici che quotidianamente lavorano nelle associazioni culturali e di volontariato).
Pensare non costa niente, è vero, ma piccole azioni concrete costano davvero poco, se si hanno le idee chiare. È ora di passare all’azione, anche con piccoli gesti… ma concreti!
Carlo Cotza  e il gruppo di lavoro CoruBirde

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