Nessuno si sorprenderà se diciamo che l’acqua viene utilizzata come arma di
guerra contro i popoli. Il caso della Striscia di Gaza parla da sé.
Tuttavia, non abbiamo ancora idea dell’entità del
fenomeno, perché siamo abituati a considerare che i casi più noti siano
piuttosto delle eccezioni. Niente di più sbagliato.
Milioni di persone sono prive di acqua nelle grandi
città dell’América Latina, in particolare a São Paulo e a Città del Messico.
Non ci sono cifre chiare sui problemi di approvvigionamento, ma è certo che
l’acqua è sempre più contaminata, scarsa e, di conseguenza, viene militarizzata
dagli Stati. Il cambiamento climatico
e la crescente disuguaglianza giocano contro i settori popolari che sono
i più colpiti dalla crisi nella fornitura di acqua potabile di qualità.
In El Salvador, il 90 per cento dell’acqua è
contaminata, piena di sostanze chimiche come il glifosato, come evidenzia un
recente studio. In Uruguay, un paese che aveva una
buona qualità dell’acqua e dei servizi in generale,quest’estate le spiagge
pullulavano di cianobatteri a causa dell’eccessivo uso di
glifosato nelle coltivazioni di soia transgenica. Il risultato è che le famiglie di classe media possono comprare i filtri a carboni
attivi per purificare l’acqua (da 200 a 500 dollari al pezzo), mentre i settori
popolari la consumano contaminata.
In Brasile l’Agenzia Nazionale delle Acque [Agência Nacional
de Águas, ANA] ha appena reso pubblico che in 15 anni ci
saranno 55 milioni di abitanti delle aree urbane a rischio idrico,
il che impone la realizzazione di opere milionarie per le quali non c’è un
budget. Nel 2016 c’erano 812 municipi (sui 5000 complessivi del paese)
che erano riforniti con camion-cisterna, sempre sorvegliati dai militari per il
rischio di assalti. L’agenzia riconosce che anche se si realizzassero le opere
programmate, ci saranno ugualmente milioni di persone senza accesso all’acqua.
Il primo punto di cui tener conto è che questa realtà indica che gli Stati non saranno in grado di fornire acqua, un diritto umano
fondamentale. Inoltre, gli Stati stanno procedendo a privatizzare la risorsa.
Il VII Incontro Nazionale degli Acquedotti Comunitari della Colombia, che si è tenuto il 16, 17 e 18 novembre 2018,
ha denunciato “la trasformazione delle imprese pubbliche municipali in imprese
private e miste per azioni, e la persistenza nel farlo con i nostri acquedotti
comunitari; la perdita dell’autonomia municipale e territoriale dei governi
locali nella gestione delle proprie risorse per l’acqua e la depurazione e la
distruzione delle comunità organizzate come tessuti costruiti congiuntamente
dalle persone”.
In
Colombia esistono 12.000 acquedotti comunitari che forniscono
il 40% dell’acqua nelle zone rurali e il 20% nelle città, ma il governo di
destra di Iván Duque intende privatizzarli, in quella che considerano “violenza
istituzionale”. Finché persiste il modello neoliberale, la
gestione comunitaria dell’acqua è in pericolo, tanto per i tentativi di
privatizzazione quanto per l’attacco frontale dello Stato, dei gruppi
paramilitari e del narcotraffico al tessuto comunitario che sostiene gli
acquedotti.
Il secondo punto è che spetta ai movimenti antisistemici
garantire il diritto all’acqua, di fronte alla collusione tra Stati
e imprese monopolistiche per fare dell’acqua un grande affare. L’esperienza
colombiana è importante ma non è l’unica. La scommessa delle comunità non è
banale; si tratta di reti di organizzazioni di base, radicate nella vita
quotidiana nei territori dei popoli originari, neri, contadini e nelle
periferie urbane, quelli che stanno realizzando il controllo popolare
dell’acqua, dall’esplorazione e alla fornitura fino alla depurazione.
Anche nelle città ci sono esperienze notevoli, come quella di Cochabamba in Bolivia. A Città del Messico, una delle metropoli più
colpite dalla scarsità della risorsa, esiste una manciata di movimenti che
con il loro lavoro militante sono stati capaci di risolvere
il loro problema per l’accesso all’acqua. Segnalo
la Comunidad Habitacional Acapatzingo, a Iztapalapa (una
delle zone più colpite dalla scarsità).
Una comunità di 600 famiglie è stata capace, in piena
area urbana, di combinare la ricezione dell’acqua intubata, con la
raccolta e lo stoccaggio di acqua piovana trattata con filtri, e la costruzione
di pozzi. In questo modo è molto difficile che riescano a soffocare il movimento.
Gli esempi che ci danno alcuni movimenti, devono essere raccolti e analizzati
dalle organizzazioni popolari, per cercare di risolvere un grave problema per
l’autonomia de los de abajo.
(Pubblicato su Desinformémonos con
il titolo Aguas y movimientos
Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo)
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