Quello di
Lamine, per esempio. Passato dall’Accademia di calcio in Costa d’Avorio e poi
in quella del Ghana, si è poi scoperto a giocare a guardia e ladri coi gendarmi
algerini. Lui, da centrocampista, si è trasformato in manovale nei cantieri
della capitale. Lamine si nasconde alle forze dell’ordine che fanno collezione
di migranti da deportare spostandosi al piano superiore del palazzo. Sarebbe in
fuori gioco ma né l’arbitro né la moviola funzionano. Stanco di scappare e di
vivere di paura come un topo torna nella sua natale Guinea. Si smarca dopo un
paio d’anni di controlli biometrici nella difesa delle biopolitiche
dell’occidente. Lamine porta la maglietta numero 8 da quando
era bambino. Il sogno si trova tutto nella borsa che porta con sé da Algeri. Si
trova in mezzo ad abiti smessi da altri migranti partiti in Marocco, in Tunisia
o Libia. Ad ognuno il suo sogno numerato. Quello di Lamine porta
fortuna e, alla domanda di cosa farà da grande, risponde che farà il
calciatore. Ha un buon destro e a diciannove anni spera di
giocare in Europa, un giorno.
Chi detiene
il potere lo sa. Non c’è nulla di più pericoloso dei sogni inesplosi. Da quello
di M.L.King, tradito fino ad oggi nella sua patria, a quello dei palestinesi a
cui si spara, senza nessuna indignazione, con pallottole reali per morti reali.
Nulla di peggio che un sogno vagante, come una mina, un ordigno confezionato
con anni di tentativi messi a tacere dalla sabbia o imbavagliati da reticolati
elettronici. Il ’68 aveva solo quello da offrire e, cinquant’anni dopo, ha
fallito in tutto meno che nel ritorno della primavera. Il potere non arriva
alle radici perché è superficiale e solo può controllare le apparenze della
storia. Si tratta del crimine più grande per il quale non c’è amnistia
possibile. L’uccisione deliberata di un sogno grida vendetta al cospetto di
ogni migrante. Lui che per esportarlo rischia l’unica vita che sua madre gli ha
regalato in una notte di stelle. Neppure le carceri nigerine riusciranno a
detenere i sogni degli attivisti arrestati a domicilio come misura preventiva.
Inutile delocalizzare i sogni e isolarli in prigioni lontane dalla capitale.
Sono dei sovversivi senza dimora.
Li mettono
nei centri di raccolta e poi li spediscono a casa per sbarazzarsi di loro.Torneranno tutti, non temete. Non riuscirete a fermarli,
immobilizzarli, comprarli o metterli al macero. Risorgono dopo due o tre giorni
non appena, per distrazione o per scelta, abbandonerete le vostre fortezze
impastate di paura. I sogni inventano nuovi cammini e sentieri per ingannare il
mondo che credete di governare come un impero di pezza. I sogni
d’indipendenza e di liberazione hanno fatto un lungo viaggio nel deserto e,
dopo una quarantina d’anni, ancora raccontano quello che accadrà presto. Non ci
siete riusciti né con le cannoniere né coi mercati unici. Financo i missionari
agivano a loro insaputa per il sistema. Con ritardo hanno scoperto che per
vocazione altro non erano che dei fiancheggiatori di sogni. I sogni sono
miracoli che accadono nel Sahel e non Organismi Geneticamente Modificabili da mettere nei supermercati o nelle farmacie
che ‘fidelizzano’ i clienti. il cimitero di cui non si parla organizza i sogni
dispersi e abbandonati nella sabbia.
Lamine è centrocampista e persegue un sogno che non
l’abbandona. A
quattordici anni passa un paio d’anni ospite di un’Accademia per giovani
talenti in Costa d’Avorio. Si sposta nel Ghana per
perfezionarsi con un’altra Accademia sportiva. Un amico calciatore, poi andato
nel Marocco, l’invita a tentare la sorte in Algeria. E’ convocato al centro
della panchina di una squadra di quarta divisione. Mette il sogno tra i vestiti
della borsa e torna al paese per giocare con la mezz’ala rimasta di riserva. Lamine ha incontrato tanti becchini di sogni e li ha puntualmente
dribblati in velocità. Ha un buona visione di gioco e diciannove anni.
Lamine è certo di giocare, un giorno, in Europa.
Niamey,
Aprile, 2018
da qui
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