Per i governi argentini, quello nazionale di Macri e
quelli delle province meridionali della Patagonia, la tenace resistenza dei
Mapuche nella difesa della terra dove vivono da secoli resta intollerabile. Il
2017 è cominciato con una repressione violentissima nei confronti del piccolo
presidio indigeno di Cushamen, a nord della città di Esquel, provincia del
Chubut. Tre le azioni sanguinose e brutali condotte in due giorni da 200
gendarmi, con pallottole di gomma sparate a bruciapelo e diversi feriti, anche
donne anziane. Servivano a sgomberare il presidio e a intimorire la protesta
che da decenni i Mapuche conducono contro il gigantesco latifondo di Benetton
che occupa la loro terra. Questa volta, il pretesto era l’interruzione della
linea del piccolo treno a vapore, il vecchio espresso patagonico, riservata ai
turisti. Non sapendo come contrastare le evidenti ragioni di persone che
rifiutano di essere considerate “gente da museo” (il museo è di Benetton), le
autorità montano accuse sempre più ridicole e pretestuose di terrorismo
inventando legami con l’antica colombiana delle Farc e qualsiasi altro
terrorismo più alla moda. Non basteranno naturalmente, neanche questa volta, a
piegare e ridurre al silenzio una resistenza che rinasce ogni giorno da secoli
di
Patrizia Larese
Da un capo all’altro del continente americano i popoli indios lottano per
la sopravvivenza e l’autodeterminazione. Dalle praterie del Nord Dakota dove
migliaia di Sioux di Standing Rock si sono opposti al passaggio di un oleodotto
sul territorio della loro riserva fino all’estrema Patagonia la resistenza dei
popoli nativi viene repressa con spietata brutalità e non ha fine.
Alla fine del XIX secolo (1878-1885), la Campaña del Desierto messa in atto
dal generale argentino Roca fu un terribile genocidio perpetrato dai
conquistatori “winka” [i bianchi] a danno delle etnie native dalla provincia di
Buenos Aires alla Terra del Fuoco. Oggi la campagna
di pulizia etnica viene realizzata da multinazionali per il “land grabbing”
[arraffa terra], l’estrazione mineraria e petrolifera, la costruzione di grandi
dighe e parchi eolici, la deforestazione, i megaprogetti immobiliari, il
rilascio di fumi tossici e le monocolture OGM.
Le Comunità Mapuche in Cile ed Argentina continuano a subire forti e
violente repressioni.
In Chubut, regione della Patagonia argentina, è in atto dagli
inizi degli anni ’90 un conflitto con la multinazionale Benetton per il
recupero dei territori ancestrali. I nativi
rivendicano le terre vendute nei primi anni ’90 dal governo di Carlos Menem
alla famiglia Benetton che, con 900.000 ettari, è il maggior latifondista
straniero in Patagonia. Nel marzo del 2015 la comunità mapuche ha
costruito nella estancia di Leleque, di proprietà Benetton, un piccolo presidio
(Lof) per la “recuperación della tierra (recupero delle terre ancestrali)”: il
Lof de Resistencia de Cushamen.
Secondo la stampa locale, nazionale e l’APDH (Asamblea Permanente por los
Derechos Humanos), nei giorni 11 e 12 gennaio il Lof di
Cushamen, a 100 km dalla cittadina di Esquel, è stato scenario di feroci atti di violenza da parte della Polizia federale. Amnestia
Internacional ha definito l’irruzione “operación cerrojo” [operazione
serratura].
Circa 200 gendarmi con più di 20 veicoli, carri idranti, un aereo, un elicottero ed un drone, appoggiati da poliziotti della provincia del Chubut, dopo aver bloccato tutti gli accessi al Lof, hanno circondato le umili abitazioni mapuche agendo con enorme brutalità nei confronti di una comunità inerme.
Circa 200 gendarmi con più di 20 veicoli, carri idranti, un aereo, un elicottero ed un drone, appoggiati da poliziotti della provincia del Chubut, dopo aver bloccato tutti gli accessi al Lof, hanno circondato le umili abitazioni mapuche agendo con enorme brutalità nei confronti di una comunità inerme.
L’azione è partita da un ordine del giudice federale di Esquel, Guido
Otranto, che imponeva di “rimuovere e sequestrare gli
ostacoli materiali collocati sulla linea ferroviaria turistica ‘la Trochita”.
L’intervento è stato eseguito in seguito alla richiesta della Compañía de
Tierras Sud Argentino, di proprietà di Luciano e Carlo Benetton, che si è rivolta
alla giustizia con il pretesto di ripulire le piccole barricate di rami e
tronchi di alberi, posizionate dagli indigeni sui binari e che impedivano il
passaggio del ‘Viejo treno patagonico’. L’utilizzo di questo treno è impedito
ai Mapuche che reclamano il diritto di poter usufruire del servizio, per uscire
dall’isolamento in cui si trovano a vivere. Il giudice penale provinciale di
turno, José Oscar Colabelli, ha colto l’occasione per ordinare anche lo
sgombero del Lof.
Dopo la liberazione della ferrovia, i gendarmi hanno fatto irruzione nel
Lof della comunità mapuche distruggendo le case, maltrattando donne e bambini
con manganelli, lanciando gas lacrimogeni e sequestrando tutti gli animali che
incontravano sul campo, compresi i cavalli utilizzati dai Mapuche nelle
cerimonie ancestrali. I poliziotti hanno sparato
pallottole di gomma e di piombo contro persone completamente disarmate. Il terrore e
l’angoscia si sono impadroniti in particolare dei bambini e delle loro madri.
Tre azioni violente di intervento repressivo in due giorni.
Esito finale: una decina di feriti per colpi e
pallottole, in particolare due mapuche colpiti gravemente a bruciapelo uno alla
mascella e l’altro con diversi traumi cranici. I feriti sono stati ricoverati negli
ospedali delle città vicine di El Bolson e Bariloche. Almeno tre arresti, come
riferisce la comunità mapuche. In tutta la popolazione della regione si è
diffusa una forte commozione sociale.
La Associación de Defensores de la Republica Argentina (ADPRA Associazione
dei Difensori del Popolo della Repubblica Argentina) denuncia il tragico
evento: “La repressione, eseguita di notte, è stata completamente illegale, non
c’era un ordine da parte del tribunale – così riferiscono rappresentanti
dell’Associazione per la Difesa dei Diritti – sono entrati per uccidere, ci
vogliono spaventare. Siamo disposti a difendere la terra”.
Al brutale attacco sono seguite manipolazioni mediatiche. La stampa locale
ha accusato i Mapuche di tirare sassi e di “resistere violentemente ad un
procedimento giudiziario”.
Secondo quanto riferisce il giornalista Dario Aranda
sul suo sito, l’irruzione violenta al Lof è avvenuta a seguito degli articoli
di Cecilia Moncalvo, apparso sul giornale Perfil l’8 gennaio. Nell’editoriale
l’autrice dichiarava che esistono collegamenti fra i gruppi mapuche e le FARC (Fuerzas Armadas
Revolucionarias de Colombia) le Forze Rivoluzionarie della Colombia e che è in
atto un traffico di armi tra Argentina e Cile.
Il contatto in questo traffico illegale sarebbe stato Facundo Jones Huala,
il lonko (leader politico e religioso) del Lof di Cushamen, accusato di
terrorismo per il quale nel 2015 era stata richiesta l’estradizione in Cile,
annullata dal giudice federale di Esquel Guido Otranto. Questa sentenza ha
avuto come ripercussione il fatto che il 17 novembre 2015, secondo le
dichiarazioni di Sonia Ivanoff, avvocato di Facundo Huala e altri membri della
comunità, il governo del Chubut ha deciso unilateralmente di interrompere il
processo di dialogo in atto con la Comunità Mapuche per arrivare ad una
soluzione del conflitto.
Il giornalista Pablo Quintana della radio FM
Comunitaria Kalewche riferisce che le dichiarazioni della Moncalvo non
riportavano alcuna prova di questo collegamento tra i Mapuche del Lof di
Cushamen e le FARC, fatto sta che due giorni dopo è avvenuto il violento
sgombero.
Prima della brutale irruzione numerose organizzazioni sociali per la difesa
dei diritti umani erano intervenute a difesa della Comunità Mapuche: le Madri
di Plaza de Mayo, il Servicio de Paz y Justicia (Serpaj), la Coordinadora
contra le Represión Policial e Institucional (Correpi) y Amnistía
Internacional. Tutte le organizzazioni hanno criticato la politica repressiva e
la violazione dei diritti dei nativi da parte del governo kirchnerista ed ora
alzano la voce anche di fronte al nuovo governo di Macri, violento anch’esso
contro i popoli indigeni dell’Argentina.
Isabel Huala, madre di Facundo e membro del Lof
Cushamen, ha dichiarato: “Ci considerano terroristi, ci identificano con l’ISIS
e l’ETA, ci accusano di provocare incendi, di maltrattare gli animali, tutto
un circo per nascondere il fatto che lo Stato Nazionale e Provinciale ci perseguitano con un potere politico che vuol farci scomparire”.
.
Fonti:
http://www.eldesconcierto.cl/2017/01/16/entraron-a-matar-el-relato-de-las-comunidades-mapuche-ante-represion-en-cushamen/
http://www.elpatagonico.com/das-neves-critico-panizzi-sacarse-una-foto-un-encapuchado-n1531893
http://argentina.indymedia.org/news/2017/01/901315.php
https://www.radioteca.net/audio/nuevamente-la-violencia-contra-el-lof-cushamen/
http://www.apdh-argentina.org.ar/allanamiento-en-lof
http://www.apdh-argentina.org.ar/declaracion-repudio-represion-mapuches-enero-2017
http://www.elpatagonico.com/das-neves-critico-panizzi-sacarse-una-foto-un-encapuchado-n1531893
http://argentina.indymedia.org/news/2017/01/901315.php
https://www.radioteca.net/audio/nuevamente-la-violencia-contra-el-lof-cushamen/
http://www.apdh-argentina.org.ar/allanamiento-en-lof
http://www.apdh-argentina.org.ar/declaracion-repudio-represion-mapuches-enero-2017
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