lunedì 13 febbraio 2017

Un bar israeliano serve birra alla spina palestinese. Poi accade quanto tristemente prevedibile - Roni Kashmin



I proprietari del Libira Brewpub nella parte bassa di Haifa volevano solo dare ai loro clienti la possibilità di assaggiare una birra palestinese della fabbrica di birra Shepherds Brewery di Ramallah, proponendola per un mese. Non avrebbero mai immaginato che sarebbe diventata una patata bollente politica e che avrebbe provocato reazioni rabbiose. In effetti, la scorsa settimana, c’è stato un numero sempre maggiore di chiamate in linea per boicottare in toto il loro stabilimento.

“Non vogliamo nessuna birra fatta con sangue ebraico!!!” ha scritto un tale in un post, maledicendo i proprietari e chiamando al boicottaggio del pub. Altri commenti comprendono “Tutti i proventi vanno al terrorismo”, e, “Fammi sapere quando smetti di vendere questa birra così penserò a tornare.”

“Tutto è iniziato con due nostri messaggi su Facebook”, dice Leonid Lipkin, uno dei tre proprietari del Libira, che si trova sulla Hanamal Street, aperto tutti i giorni. “Uno era un post sul fatto che ospiteremo birre del birrificio Shepherds Brewery di Ramallah, e il secondo un post che abbiamo condiviso da quella fabbrica di birra – sulla festa della birra in corso a Ramallah. L’ho lasciato così com’era, senza entrare in nessuna questione politica”.

Birre provenienti da fabbriche di birra diverse sono spesso presenti nel bar di Haifa, spiega Lipkin, che si tratti di birra dalla Cisgiordania, o dalle colline della Giudea in Israele, o dall’estero. Fa tutto parte di un approccio aperto che si è sviluppato in una precedente incarnazione di Libira, conosciuto anche sotto quel nome.

Lipkin: “Ho pensato che sarebbe stato bello, come parte del concetto di luogo, offrire una selezione sempre diversa di birre provenienti da altri birrifici. E’ pure interessante assaggiare una birra diversa ogni volta, e ho pensato quanto questo fosse importante, e così naturale – un buon modo per conoscere i dintorni. Lo stesso genere di cosa può accadere con il cibo di luoghi diversi, attraverso la conoscenza della cultura e dei costumi altrui, così come per mezzo della birra che fanno. Fa tutto parte della stessa immagine.

“Quando abbiamo aperto il nuovo posto, non c’era dubbio che avremmo continuato la tradizione di una selezione di birre da birrifici ospiti, e così abbiamo fatto fin dall’inizio. Oltre alle nostre cinque birre, abbiamo sempre offerto diverse varietà di altri produttori di birra in Israele e all’estero.”

Tra le birre che offre il pub di Lipkin ci sono prodotti di fabbriche di birra come Srigim nella valle di Elah, sud-ovest di Gerusalemme; Dancing Camel a Tel Aviv; BrewDog in Scozia (“un vero modello”); e birre dalle birrerie Taybeh e Shepherds, “capita che entrambe si trovino in qui luoghi noti come ‘i territori’ o ‘Palestina’ o ‘Autorità palestinese'”, come dice lui.

Una volta, osserva con una certa ironia, doveva andare a Tel Aviv per bere birra prodotta dalla Taybeh Brewing Company – anche se dice di avere avuto un lungo legame personale con i suoi proprietari. Taybeh è un villaggio a maggioranza cristiana che si trova a nord est di Ramallah, e la sua fabbrica di birra ospita un Oktoberfest.

“Taybeh e Shepherds – sono entrambi birrifici dei nostri vicini e, se fanno buona birra, non vedo quale sia il problema nel berla. In realtà, credo che tutti noi dovremmo avere un interesse naturale verso le persone che ci stanno intorno, soprattutto a Haifa, con la sua popolazione mista di ebrei e arabi”, continua Lipkin. “Per quanto riguarda queste fabbriche di birra nel territorio dell’Autorità Palestinese, è un po’ triste, senza con questo voler entrare in politica. Perché, chi fa la birra? I cristiani. E si può immaginare che sia come trovarsi tra l’incudine e il martello”.

Senza speculare ulteriormente sul motivo per cui i produttori di birra nei territori dovrebbero essere bersaglio di tante critiche, aggiunge: “Mi sembra così naturale e ovvio voler conoscere i propri vicini di casa, che non dovrebbe nemmeno esserci bisogno di una spiegazione. E sì, lo stesso vale per qui, quando alcuni dei vicini di casa sono arabi “.

Tuttavia, per alcuni di coloro che hanno lasciato commenti nei post di Libira sull’offerta di birra Shepherds, i palestinesi sono apparentemente nemici, prima di tutto.

“Sostenete il nemico e siete fieri di farlo! Siete il peggio del peggio!” sbraitava uno. “Continuate a sostenere la Palestina,” protestava un altro. “Chiunque vende birra dalla AP dovrebbe essere boicottato da Israele”, ha scritto un altro ancora.

Come se questo non bastasse, commentatori arrabbiati hanno anche fatto in modo di dare alla fabbrica di birra una stella (su cinque) divalutazione e hanno aggiunto un tag (in ebraico): “Boicottaggio Libira.” La posizione del pub ha cominciato a risentirne.

Eppure, nonostante tutto, Lipkin sembra essere abbastanza tranquillo (“Anche se commenti razzisti e di incitamento continuano ad arrivare”).

“Ovviamente, non è piacevole e naturalmente mi riferisco ai feedback su Facebook,” dice. “Ma solo per coloro che sapevo per certo che avevano dato un punteggio basso al pub solo a causa dei recenti eventi e non perché ne avessero una brutta esperienza. Eppure, mi piacerebbe mantenere una valutazione obiettiva”.

Come è possibile conoscere le ragioni che stanno dietro le varie valutazioni? “E’ facile a dirsi, e non solo per i tempi, ma perché i commenti inviati con queste recenti valutazioni lo indicano direttamente – puoi vedere il pregiudizio. Sono pieni di incitamento e razzismo o, nel migliore dei casi, pura spazzatura. Quando vedi qualcosa tipo, ‘Non bere la birra fatta col sangue degli ebrei’ – dai! E sai che ti dico? Se avremo meno clienti che la pensano così, non ne saremo veramente dispiaciuti – l’aria nel posto sarà più fresca”, dice Lipkin, prendendosi appena una pausa per respirare aria lui stesso.

“Noi di solito al Libira amiamo tutti i nostri clienti, ma non abbiamo bisogno che tutti vengano qui. E i clienti cosa vogliono? Non si lasciano toccare da queste reazioni, quindi continueremo a fare le cose nel modo in cui vogliamo”.

Traduzione Simonetta Lambertini-invictapalestina.org


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