L’Associazione
Adiquas e i Carlofortini Preoccupati esprimono il loro dissenso non solo per la
nascita di una nuova centrale a carbone, ma anche per il riavvio
dell’Eurallumina e annesso bacino dei fanghi rossi.
Ci sorprende l’attivismo della politica regionale interamente schierata a favore del riavvio di questa fabbrica altamente inquinante.
Ci sorprende l’attivismo della politica regionale interamente schierata a favore del riavvio di questa fabbrica altamente inquinante.
Sono passati
otto anni dalla chiusura degli impianti e nessun progetto è stato
elaborato, negli uffici regionali, per porre fine a un ciclo industriale
antieconomico e gravemente nocivo al territorio e alla sua salute.
Riteniamo che quanto sollevato dal Ministero dei Beni culturali nel fornire un parere non positivo, puntando il dito su un problema paesaggistico sia riduttivo.
Riteniamo che quanto sollevato dal Ministero dei Beni culturali nel fornire un parere non positivo, puntando il dito su un problema paesaggistico sia riduttivo.
Infatti non
vi è solo un problema paesaggistico, il nuovo progetto non farebbe che
ulteriormente devastare un territorio già martoriato, ci si dimentica di
sottolineare il problema sanitario e di grave inquinamento del territorio
terrestre, marino e dell’aria.
Dove sono
gli altri Enti mentre nel Sulcis si muore di industria?
Il numero
dei malati tumorali e cardiovascolari è in aumento, circa un anno
fa con una nota del 18/1/2016 la Asl dichiarava che le malattie legate
all’inquinamento anche quelle mortali sono aumentate, pure tra i più bambini.
Non condividiamo l’asserzione che definisce il riavvio dell’Eurallumina un problema esclusivamente politico non è accettabile che i problemi tecnici sollevati dal Ministero vengano trasformati in problemi politici.
Non condividiamo l’asserzione che definisce il riavvio dell’Eurallumina un problema esclusivamente politico non è accettabile che i problemi tecnici sollevati dal Ministero vengano trasformati in problemi politici.
Se ci sono
delle responsabilità sull’allungamento dei tempi, vanno ricercate nella
politica locale e Regionale che è stata incapace a creare un’alternativa al
sistema industriale verso soluzioni e interventi eco compatibili per esempio
l’urgente necessità di bonifica del territorio.
Adiquas
Carlofortini Preoccupati
Per il Soprintendente non è solo una questione di paesaggio – Piero Loi
Non è risultato vincolante, perché la
legge Madia del 2016 non è stata ritenuta applicabile alla Valutazione d’impatto
ambientale in corso dall’ottobre del 2015. Ma il documento in cui il
Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Fausto Martino mette
nero su bianco il parere contrario al progetto dell’Eurallumina riserva
ugualmente una sorpresa non da poco. Alla base della bocciatura comunicata lo scorso 31 gennaio
durante la penultima Conferenza dei servizi ci sono sì ragioni legate alla difesa dei beni paesaggistici e culturali che hanno finora resistito all’azione
di un ‘ingombrante’ polo industriale. Un primo punto fermo è, dunque, subito
chiaro: l’ampliamento del Bacino dei fanghi rossi e l’innalzamento dei settori
A e B fino a 46 metri sul livello del mare finirebbero per alterare i beni
tutelati, “danneggiandone irrimediabilmente gli scorci visuali”. L’altra questione dirimente sollevata dal Soprintendente nelle
otto pagine depositate in Regione riguarda, invece, la salubrità ambientale, vale a dire l’altra
faccia del paesaggio. Che a Portovesme fa rima con recupero ambientale. È,
infatti, esattamente a questo ordine di problemi che il Soprintendente si
riferisce nel richiamare le prescrizioni dell’articolo 42 delle Norme di attuazione del Piano paesaggistico
regionale (PPR), chiare nello stabilire che “non sono consentiti interventi, usi o attività che possono
pregiudicare i processi di bonifica o di recupero o comunque aggravare le
condizioni di degrado” in
contesti– come quello di Portovesme – classificati come aree di recupero
ambientale.
In altre parole, per la Soprintendenza esistono due ordini di problemi: da un lato la necessità di tutelare le coste, i beni culturali come torri e tonnare, quelli naturalistici come il Sito di interesse comunitario Punta S’Aliga e “quel quadro naturale di eccezionale bellezza” ‘disegnato’ delle Isole di Carloforte e Sant’Antioco. Dall’altra le criticità ambientali tout court legate alla presenza del polo industriale, inteso come contesto compromesso dal punto di vista ambientale. Ed entrambe le criticità sostanziano il parere negativo depositato a fine gennaio.
In altre parole, per la Soprintendenza esistono due ordini di problemi: da un lato la necessità di tutelare le coste, i beni culturali come torri e tonnare, quelli naturalistici come il Sito di interesse comunitario Punta S’Aliga e “quel quadro naturale di eccezionale bellezza” ‘disegnato’ delle Isole di Carloforte e Sant’Antioco. Dall’altra le criticità ambientali tout court legate alla presenza del polo industriale, inteso come contesto compromesso dal punto di vista ambientale. Ed entrambe le criticità sostanziano il parere negativo depositato a fine gennaio.
A dimostrazione di quanto la questione ambientale sia in
questo caso determinante, la Soprintendenza cita la Scheda dell’Ambito di Paesaggio 6 del Piano Paesaggistico
regionale. Si tratta di un documento allegato al PPR che ha il
compito di fare la radiografia delle varie zone in cui è stata suddivisa la
Regione ai tempi del Piano. “La presenza della zona industriale – recita la Scheda 6 – ha
determinato spesso usi conflittuali delle risorse con la loro naturale
evoluzione, attraverso interventi di bonifica idraulica, canalizzazioni,
scarico di reflui, intensi emungimenti delle falde, stoccaggio e messa a dimora
di scorie industriali, comportando irreversibili alterazioni geomorfologiche
dei corsi d’acqua, variazioni idrodinamiche degli acquiferi fino alla compromissione dei sistemi ambientali“.
Ecco perché, sempre la Scheda d’Ambito n°6 precisa che
occorre il riequilibrio progressivo del rapporto tra la presenza
industriale del polo di Portovesme, l’insediamento urbano, la fruizione
turistica, le attività agricole e la pesca marina e lagunare dell’Ambito,
riducendo i problemi di interferenza delle attività industriali con il sistema
ambientale”. E riqualificare le aree del degrado industriale, selezionando
ambiti prioritari di intervento, su cui attivare un progressivo processo di
disinquinamento e di rigenerazione ambientale, che necessita di un
coordinamento unitario per i comuni interessati in relazione ai problemi di
alto rischio ambientale, per i programmi di disinquinamento e di monitoraggio
ambientale”.
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