A differenza di altri Paesi della regione
subsahariana, la Liberia non è
mai stata formalmente colonizzata dall’imperialismo europeo. In altre
parole, questa nazione dell’Africa occidentale non è stata né militarmente né
politicamente occupata da nessuno degli Stati colonizzatori che hanno dato
origine a una penetrazione incontrastata di capitali stranieri destinati
a un colossale sfruttamento e
all’esportazione di materia prima dal suolo e sottosuolo dopo la
partizione dell’Africa svoltasi durante la Conferenza
di Berlino (1884-1885).
Tuttavia, il sistema sociale della Liberia ha
prodotto la contraddizione della “dittatura delle
multinazionali” – un
saccheggio generalizzato della ricchezza e del popolo da parte di
multinazionali straniere appartenenti alle potenze coloniali. Non voglio
rinnegare le contraddizioni in quanto sono aspetti reciprocamente opposti che
esistono in tutti i fenomeni, siano essi in natura, nella società o nei
pensieri umani. Ovunque esistano contraddizioni, la lotta interna degli opposti
in quei fenomeni è ciò che genera una nuova fase di sviluppo umano e una nuova
forma di contraddizioni, nonché nuovi metodi per risolverli.
Nel nostro studio sullo Stato liberiano, ci sono due aspetti opposti nella
contraddizione della dittatura delle multinazionali. Da un lato,
c’è la classe sfruttatrice, che
consiste nei proprietari delle multinazionali e i loro alleati nella burocrazia
statale. Dall’altro, ci sono le
classi sfruttate, che consistono in operai, agricoltori e masse di poveri. I
primi sono i principali elementi della contraddizione mentre gli operai, gli
agricoltori e le masse di poveri sono l’elemento secondario. E, naturalmente,
l’elemento principale di ogni contraddizione è ciò che determina la natura di
tale fenomeno, o processo.
L’elemento principale della particolare contraddizione
liberiana sfrutta il lavoro e le risorse del Paese
ed esporta il plusvalore, stanziandone poco per cambiare la qualità della
società al fine di spianare la strada alla produzione industriale
di beni e servizi. È a causa di questa ineguale relazione con i mezzi di
produzione che la natura della
società liberiana è caratterizzata come sottosviluppata, impoverita e
arretrata.
Le multinazionali, con il
loro capitale internazionale, posseggono le proprietà produttive della Liberia.Hanno acquisito questi strumenti di
produzione attraverso le relazioni asimmetriche tra ceto medio e multinazionali.
In tale contesto, la classe media ha
sposato il capitale straniero non allo scopo di trasformare la patria, ma per
esportare e sfruttare le risorse del nostro Paese nella loro
varietà più grezza.
Ora, le multinazionali accumulano
un enorme plusvalore e, a loro volta, danno briciole ai lacchè locali,
una classe media che non fa parte del processo produttivo, ma occupa posizioni
nei vari apparati statali. Questa relazione sociale di produzione fu
consolidata dalla cosiddetta politica “della
porta aperta” di
William Tubman dopo la seconda guerra imperialista. Le leggi dello
Stato sono elaborate attorno a questo sistema, che molti studiosi progressisti
africani chiamano capitalismo
neocoloniale.
Questo sistema sociale facilita l’acquisizione dei
mezzi di produzione da parte delle multinazionali. Attualmente, come anche in
passato, le multinazionali posseggono il ferro,
la gomma, l’oro, il legname, i mega hotel, le telecomunicazioni, ecc... Arcelor Mittal, uno dei giganti mondiali dell’acciaio,
è qui in Liberia, non produce acciaio ma sfrutta il minerale di ferro
esportandolo nel suo stato grezzo verso economie avanzate. Firestone si trova
in Liberia dal 1926, coltivando, raccogliendo ed esportando gomma nella sua
forma di lattice. Anche Liberty Gold Mining si
trova qui. Così come la MNG Gold Mining, Golden Veroleum, Sime Darby, Farmington Hotel, Royal Grand Hotel, Boulevard Palace, Lonestar, MTN, Orange ecc, tutti presenti sul territorio.
Nei vari centri di produzione, i lavoratori producono
ricchezza chiamata plusvalore. Ricevono
somme miserabili in “cosiddetti” salari che non possono soddisfare i loro
bisogni primari di beni e servizi (che però contribuiscono a
produrre). Il plusvalore prodotto dalle montagne, dal suolo, dalla foresta,
ecc. viene sfruttato dai proprietari dei mezzi di produzione, incluso il lavoro
degli operai, per accumulare ricchezza
attraverso la massimizzazione del profitto privato. Il plusvalore viene esportato invece di essere
reinvestitonell’economia liberiana; portando così alla
sottoutilizzazione della produttività del lavoro.
Ad un certo punto, l’incentivo del profitto privato
porta all’espansione della produzione, cosa che implica l’uso di tecnologie che
inquinano l’ambiente. Quando
i lavoratori e gli abitanti delle comunità si oppongono, l’esercito viene
inviato per annientare la resistenza. Un caso di riferimento è
l’inquinamento delle comunità di Kokoya,
della contea di Bong, da parte della miniera d’oro MNG e l’apatia delle persone
a ribellarsi per timore di
rappresaglie da parte dello Stato.
Quando si crea una situazione economica dove si
verifica uno spostamento verso il basso della
domanda di beni o servizi, portando così al crollo del reddito
totale, i lavoratori, la cui
manodopera è l’unica merce che produce ricchezza mentre viene consumata, sono colpiti sia dal taglio dei salari
che dei posti di lavoro.Quando si contesta questa situazione attraverso
gli scioperi, l’esercito viene inviato a sparare ai lavoratori. La rappresaglia avvenuta quest’anno
dell’Unità di risposta di emergenza della Polizia nazionale della Liberia contro gli operai in protesta presso la miniera
Liberty Gold a Kinjor, nella contea di Grand Cape Mount, è un caso emblematico. I
lavoratori chiedevano incrementi salariali e migliori condizioni di lavoro nei
siti minerari. Lo Stato ha risposto
con violenza e condanne, anche da parte del Capo del Consiglio
tradizionale, Zanzan Kawar.
Quando il Consiglio di Amministrazione, all’oscuro dei
lavoratori, decide di chiudere i centri di produzione a causa del calo dei
livelli di profitto, gli operai vengono licenziati e lo Stato non fa nulla nell’interesse
delle masse lavoratrici, ma giustifica le azioni delle multinazionali.
La Putu Iron Mining Company e la China Union, rispettivamente nelle contee di
Grand Gedeh e Bong, hanno chiuso le operazioni, causando la perdita di
centinaia di posti di lavoro. Fino ad ora, molti lavoratori non hanno ottenuto
le loro indennità e lo Stato non sta
facendo nulla per rimediare a questa situazione.
Girano voci che la Lonestar Cell MTN e Orange
Liberia, gli unici due fornitori di servizi di
telecomunicazione nel Paese, abbiano recentemente minacciato di chiudere a
causa di un colossale calo dei loro margini di profitto. Per salvare i
cosiddetti investimenti, lo Stato, sotto lo sguardo vigile del presidente
George Weah, ha reagito
aumentando le tariffe sulle chiamate internazionali di 0,05
centesimi di dollari. I cittadini che comunicano con famiglie, amici e persone
care all’estero, saranno molto colpiti.
Il coinvolgimento del Capo Zanzan Kawar nella
repressione e negli abusi contro il nostro popolo, deve ora portarci alla
conclusione che l’aiuto e il favoreggiamento dell’emarginazione di masse di
persone da parte di un segmento della popolazione non dovrebbe mai essere
considerato dal punto di vista di dominazione
della minoranza americo-liberiana contro la maggioranza dei liberiani nativi. Nel
corso della storia del nostro Paese, la sottomissione delle masse da parte
della classe sfruttatrice è sempre stata orchestrata dalle due formazioni sociali
élite “Nativi e Congau”, solo che per molto tempo la setta sociale “Congau” è stata a capo di tale
alleanza. La sottrazione della terra dei nativi nel 1822 non fu fatta
senza il consenso dei capi dell’élite nativa. Persino la cessione di manovali a
basso costo alla Firestone Liberia negli anni venti fu aiutata e favorita dai
capi dell’élite nativa.
Durante la presidenza
di Ellen Johnson Sirleaf, una donna di origine americana-liberiana,
l’Assemblea Nazionale era dominata dalle cosiddette élites di nativi istruiti.
Prima del 2012, la Presidente aveva inviato alla legislatura nazionale 68 accordi di concessione tra il Governo
e le multinazionali per una rettifica. L’Assemblea, prevalentemente
di nativi e senza un’adeguata e necessaria diligenza, ha convertito in legge
tutti gli accordi. Un rapporto di ispezione di Moore Stephen del 2012 ha
rivelato che 66 dei 68 accordi erano stati firmati in modo fasullo. Quindi, la
formazione delle classi nella società umana non è mai basata su razza, tribù,
religione, fasce sociali, ecc., sebbene i membri di queste formazioni
sociali facciano parte della classe sfruttatrice o sfruttata. Il punto cruciale
del dibattito è che la formazione della
classi è sempre stata formulata sulla base del rapporto con le proprietà della
produzione – ossia quelle che producono la ricchezza della società
umana.
Durante la schiavitù, la classe sfruttata era composta
da schiavi mentre la classe sfruttatrice era composta dai loro padroni. Durante
il feudalesimo, la classe sfruttata era costituita dai servi, mentre la classe
sfruttatrice era costituita dai signori feudali. Nell’attuale capitalismo,
specialmente nei Paesi capitalisti avanzati, la
classe sfruttata è quella operaia o ciò che chiamiamo
“proletariato” – coloro che producono ricchezza a vari livelli, ma non svolgono alcuna parte democratica
nel modo in cui tale ricchezza viene distribuita. La classe sfruttatrice
è la classe dominante o la borghesia – i proprietari dei mezzi di produzione
che sfruttano il lavoro degli operai per accumulare ricchezza attraverso i
valori in eccesso. Ci sono operai neri
e ci sono borghesi neri. Ci sono lavoratori bianchi e ci sono proprietari
bianchi delle proprietà di produzione.
Questo è il motivo per cui i leader dei diritti civili
come George P. Jackson negli Stati Uniti d’America non hanno limitato la loro
lotta all’abolizione del razzismo, ma l’hanno estesa anche al modello di
proprietà dei mezzi di produzione e quindi alla lotta di classe – la
liberazione del lavoro dallo sfruttamento del capitale. Affrontare solo la
questione della razza e ignorare il modello della proprietà della ricchezza e
dei mezzi di produzione sarebbe stato come occuparsi
dell’effetto e tralasciare la causa.
Allo stesso modo, la lotta per la liberazione africana
non si limitava solo a liberare il continente dei colonialisti bianchi,
ma voleva anche evitare la creazione di
colonialisti neri.
In Liberia, come abbiamo già detto, la classe
sfruttata consiste di lavoratori, agricoltori e masse povere, mentre la classe
sfruttatrice è costituita dai proprietari delle multinazionali, prevalentemente
di proprietà di capitali stranieri.
Nel corso della storia, la Liberia non ha mai davvero
prodotto una borghesia indigena. La
classe borghese liberiana si trova nella burocrazia statale. Questa classe,
formata da liberali elitari che occupano posizioni nei tre rami del Governo,
crea leggi favorevoli allo sfruttamento senza ostacoli delle risorse e della
classe lavoratrice da parte delle multinazionali. Questo è il motivo per cui
diciamo che il sistema sociale ha prodotto la
contraddizione della “Dittatura delle multinazionali“.
Il potere dello Stato è
esercitato nell’interesse delle multinazionali anche se gli apparati (esecutivo, legislativo e
giudiziario) sono stati istituiti democraticamente dagli operai, dagli
agricoltori e dalle masse povere per agire nel loro interesse. Paradossalmente,
quando i lavoratori resistono al loro sfruttamento da parte delle
multinazionali, il potere statale invia il corpo armato a schiacciare queste
azioni di classe. Quando il popolo ha protestato contro il Golden Veroleum per
aver dissacrato i loro santuari tradizionali nella contea di Sinoe, lo Stato ha
inviato l’Unità di risposta alle emergenze per frenare
violentemente l’azione delle masse rurali.
La realtà è che gli individui che occupano i vari
apparati dello Stato, indipendentemente dal fatto che siano “Nativi” o
“Congau”, dipendono dalle multinazionali per la
loro sopravvivenza economica. Parte del plusvalore sfruttato dalla
ricchezza prodotta dai lavoratori è pagata al Governo sotto forma di tasse e
affitti. Invece di utilizzare tali fondi per
cambiare la qualità della società liberiana (istruzione, sanità,
infrastrutture, ecc.), vengono
dirottati verso gli enormi stipendi e benefici dei burocrati.
Il budget dell’ufficio del presidente è di 21 milioni
di dollari per l’anno fiscale 2018/2019, mentre non
vi è una quota per migliorare l’istruzione tecnica e professionale nel Paese.
Un ministro dell’Esecutivo prende circa 7.800 dollari, oltre ad altri benefici
mensili. Non è un segreto che un legislatore dell’Assemblea guadagna più di
14.000 dollari, oltre ad altri compensi. Lo stesso si può dire della
magistratura! In tutto ciò, la
Liberia rimane la cittadella dell’analfabetismo, delle malattie e della povertà –
condizioni, che riproducono gli altri segmenti della classe sfruttata
(agricoltori poveri nelle comunità rurali e masse povere nei centri urbani).
La contraddizione della “dittatura delle
multinazionali” è in vigore da quando il Paese è stato inserito nell’ordine
capitalista neocoloniale, sebbene ci siano stati cambiamenti
minuscoli. Questi cambiamenti sono avvenuti solo relativamente a chi
occupa gli apparati del potere statale/burocratico. Ciò ha lasciato irrisolte le contraddizioni
sociali. Così, le colpe della crisi sociale in Liberia sono state
continuamente fatte ricadere sulla leadership disonesta e corrotta, sulle
divisioni tribali e religiose, sull’analfabetismo di massa delle persone, ecc…
Ma queste sono solo alcune contraddizioni nate e
sviluppate come risultato della continua esistenza e sviluppo della dittatura
delle multinazionali, che è la contraddizione principale, o comunque peculiare,
nella società liberiana. Una
volta che questa contraddizione viene risolta, la società liberiana potrebbe
entrare in una nuova fase di sviluppo socioeconomico.
Come vale per ogni contraddizione, il continuo dominio dell’aspetto
principale va di pari passo con la lotta dell’opposto, che è il
polo secondario. È questa lotta degli opposti che porta a un salto nel processo
di sviluppo. Con questo, il cambiamento quantitativo si trasforma in
cambiamento qualitativo. Gli sfruttati diventano sfruttatori mentre gli
sfruttatori diventano sfruttati. Questo passaggio dal principale al secondario
e dal secondario al principale è una semplice logica dialettica. Nulla è
definitivo. Tutto è in costante movimento, sempre in evoluzione, tutto nasce e
scompare.
Nel contesto liberiano, la “dittatura delle
multinazionali” è sempre stata alimentata da regimi reazionari emersi dalla
classe dominante, ma la lotta di tutti i segmenti della classe sfruttata si è
sempre rivolta contro queste forze nella classe al potere e in un modo o
nell’altro ha portato alla trasformazione della quantità in qualità. Questo
“salto” nel processo di sviluppo fu sperimentato il 12
aprile 1980 quando le masse sostennero in modo schiacciante il rovesciamento
militare dell’oligarchia decadente del Partito True Whig. Un altro salto
è avvenuto il 24 dicembre 1989, quando la gente accolse l’insurrezione di
Charles Taylor contro il despota Samuel K. Doe e successivamente l’espulsione
di Charles Taylor nel 2003 da parte di due forze ribelli.
Ma queste lotte non
hanno portato a una vera e propria nuova fase di sviluppo in cui le persone
hanno preso possesso delle proprietà della produzione e sviluppato
le forze produttive a vantaggio di tutti. Il cambiamento si è riflesso solo in
relazione al cambiamento di coloro che occupano il potere statale, mentre i rapporti di produzione rimangono gli
stessi – un monopolio straniero sui mezzi di produzione.
Questa distorsione nel processo di sviluppo è dovuta
solo alla mancanza di un partito
rivoluzionario che comprenda il cambiamento quantitativo nella
posizione delle masse e della classe sfruttatrice, un partito che finora non ha
individuato la giusta leadership innovativa e creato programmi per concentrare
la lotta contro le diverse forze reazionarie e costruire un ampio fronte unito
per guidare una trasformazione sociale.
Alcuni intellettuali riuniti
sotto l’etichetta di “Forze progressiste”, sono emersi negli anni ’70 per svolgere un ruolo
rivoluzionario di avanguardia, ma sono
stati schiacciati prima dalle forze combinate della classe
sfruttatrice nel 1980 con l’orchestrazione del colpo di stato militare, poi,
nel 1984, quando Samuel K. Doe, con il sostegno di elementi reazionari interni
ed esterni, bandì i due partiti progressisti dalla partecipazione alle elezioni
generali del 1985.
Infine, l’annientamento delle forze progressiste è
culminato nel 1989, quando ogni sforzo per far avanzare la rivoluzione
d’avanguardia è stato sabotato
da alcune potenze globali che avevano interesse nella Guerra Fredda
nonché collegamenti con la maggior parte delle multinazionali in Liberia.
Questa mancanza di un’avanguardia
rivoluzionaria che faciliti il passaggio dalla quantità alla qualità, ha
portato all’emergere di diversi regimi reazionari, incluso il Governo
dell’attuale presidente George Manneh Weah. Il nostro dovere ora è di non
ripetere i fatali errori della nostra storia!
Lottare o morire – Non c’è una terza via!
*Moses Uneh Yahmia è uno studente di Scienze politiche
ed economiche presso l’Università della Liberia.
[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Moses Uneh Yahmia pubblicato su Pambazuka]
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